A Ugo Foscolo
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III
1
E tu, caldo di gloria e libertade,
ahi! d’Albion sotto le rupi brune,
dove il raggio del sol sí pigro cade,
teco traesti l’ultime fortune.
E hai dovuto varcar l’atre lacune
pria di veder le maledette spade,
e i rei turbanti e le falcate lune
dar volta dalle tue belle contrade!
Ché Zante no, ma il riso tutto quanto
di Grecia a te fu patria, Ugo, che avesti
di Pindaro e Tirteo l’anima e il canto.
E pur nudo e ramingo, in piagge estrane,
aime! non lacrimato i dí chiudesti.
Ecco, ingegni frementi, il vostro pane!
2
Ma lungo il fiume dell’elisia valle
la verde riva appena ebb’egli presa,
che sentissi gridar dietro le spalle:
— Ugo, qua rompe ogni terrena offesa!
Guarda come di fior, d’erbe e farfalle
tinta è l’aria e la terra, e con che accesa
trepidanza gentil vincono il calle
l’anime di Ricciarda e di Teresa,
e tua madre con lor. — Baci e saluti
fûr molti; e arrise la immortal pianura,
quand’ei narrò, senza dolor né sdegno,
rea mercede del canto, i combattuti
anni e l’ira e l’esiglio, e quanto dura
nelle memorie d’un afflitto ingegno.