Vita di Erostrato/Capitolo XII

Capitolo XII
Risposta della madre adottiva e sentenza del magistrato

../Capitolo XI ../Capitolo XIII IncludiIntestazione 3 giugno 2008 75% Romanzi

Capitolo XII
Risposta della madre adottiva e sentenza del magistrato
Capitolo XI Capitolo XIII


[p. 122 modifica]

CAPITOLO XII.


Risposta della madre adottiva, e sentenza del magistrato.


Nuova, io credo, è la controversia presente o sapientissimo magistrato: perocchè dove si suole contendere dello acquisto di facoltà, e di campi, e di oro, e di gemme ereditarie, le quali cose tutte sono ministre a sodisfare gli umani appetiti, ora invece qui si gareggia di possedere un figliuolo, il quale non produca utilità alcuna o ricchezza a chi lo pretenda suo, ma anzi dispendio, cure e sollecitudini quotidiane. Nel quale inaudito e maraviglioso litigio sembrano emulare i sentimenti più nobili, e delicati del cuore umano con tanta ostinazione, con quanta in altra causa non cavillò forse mai l’avarizia più tenace. Tale è il benigno aspetto della presente contesa, con benigne parole esposta. Mi duole però [p. 123 modifica]che l’officio mio mi costringa a trattarla con acerbe redarguzioni. Tu dunque, o Cleante, sei padre? Ma quali prove ne adduci? Opere da tale non mai. Solo una collana, ov’è inciso un motto ambiguo, le asserzioni de’ tuoi servi incalliti alle verghe, il garrire delle ancelle tue. Oh gravi testimonianze in gravissima causa! E chi è mai costui, il quale nel santuario di Temi invoca ed alza con sì intrepida voce le ragioni di natura, se non quegli che le ha sì maravigliosamente oltraggiate? E certo questa natura ch’egli oggi in mal punto implora non conobbe quando era tempo di osservare le sue sante leggi. Ella non concesse già un dominio arbitrario e tirannico a’ genitori sulla prole: non la posseggono come giuramento; sì dolce autorità deriva da quelle sollecitudini affettuose, con le quali la natura medesima c’inspira di nodrirla, difenderla, educarla, ammaestrarla nella vita civile. Nè l’oggetto di questa disciplina è lo sfogo de’ capricci dell’antenato, [p. 124 modifica]bensì la utilità del postero. Per lo che un tal soave impero fonda le ragioni nell’uomo non tanto nello avere generata la sua prole, opera comune a’ bruti, quanto dall’averla preservata e mantenuta. Quindi ovunque sia venerata la ragione umana, i magistrati svellerebbero dalle mani del padre il fanciullo da lui travagliato. E presso ogni gente è punito l’infanticidio, benchè d’illegittima prole, al quale sia indotta la non più vergine per occultare la sua ignominia.

Ma nelle cose tutte, le quali si posseggono dagli uomini, ritrovi tu più solenne atto e più valido a trasmetterne la proprietà nel primo occupante quanto l’abbandonarla, il gettarla in guisa che sia manifesto l’animo per sempre alieno dal ricuperarla? Lo so che non potea Cleante dichiarare più espressamente; confessa pur egli di averlo consagrato a Nettuno, avventurandolo al tempestoso Egeo; in preda a’ venti che lo trasportassero all’arbitrio loro. Approdò la navicella a Lemno, [p. 125 modifica]fu deposto alla spiaggia più deserta di quell’isola, ivi derelitto qual rifiuto di paterna maledizione. Il famelico bambino chiedea col pianto le poppe della nodrice; una cerva glie le porse più umana di quel padre, il quale or tardi fa qui pompa de’ suoi teneri affetti. Ora con qual titolo ti presenti, o Cleante, se non con tale, di cui dovresti arrossire? Con che fronte richiami tu ora come servo fuggitivo questo giovane adulto non per le tue cure, vivo non per te, ma per quella pietosa matrona, alla quale ora presumi rapirlo? L’audacia tua presente gareggia con l’antica tua atrocità. Tante declamazioni tue ponderate con severo giudizio altro non divengono che una testura di sfrontate menzogne. Nella copia loro io stimo che rimanga la mente vostra perplessa, illustri cittadini, se l’arroganza di affermarle sia maggiore della sofferenza vostra di udirle. Quella clientela naturale, di cui non furono rispettate le ragioni quando la imploravano [p. 126 modifica]i vagiti, proviene dalla fievolezza della prole, e dalla necessità di sostenerla. Queste due condizioni più non sussistono verso un adulto e libero uomo. Invano richiama sopra lui dominio un preteso genitore: invano tenta egli usurparsi per fino il nome alterandolo a sua voglia. Qual sia la verità delle tue asserzioni lo sanno gli Dei, che tanto invocavi quando sponesti a morte quello ch’or chiami figliuolo. Ripugna invece ad ogni senso di equità che sia divelto dal grembo affettuoso quegli che in lui trovò scampo dal furore parricida. Si: non mi atterriscono le declamazioni dell’avversario contro il sospetto di una perversa intenzione. Certo colui, il quale tradì il misero da bambino, non può chiedere che gli sia ora affidato bonariamente. Quel tristo petto in cui non entrava allora pietà, come si è reso poi così molle a’ dolci inviti di quella? I vani sogni, i vaticinj dubbiosi, i quali furono le alte cagioni per cui divenne Cleante sordo alle voci di natu[p. 127 modifica]ra, possono turbare di nuovo la sua mente co’ terrori della superstizione. Chi fra voi, sapienti giudici, si fa mallevadore che sia salvo in quelle braccia un figliuolo dalle quali ne fu respinto come parricida? Non fia per lo contrario se non prudente il sospetto che ora costui, mascherando paterni amori, insidii la preda infelice uscitagli dalle branche per calmare i suoi terrori compiendo il sagrificio sospeso dalla fortuna. E certo per qual cagione richiede oggi costui che ritorni sommessa all’ara domestica questa vittima fuggita al suo pugnale? Che altro ne otterrebbe egli fuorchè di privare il suo figliuolo della somma utilità di liberale adozione? Perchè invece gareggiando in cortesia con sì eccelsa donna, riconosce bensì il figliuolo, lo integra ne’ diritti familiari, prova con opere, e non con declamazioni forensi il pentimento dell’antico eccesso? perchè grato ammiratore della madre adottiva invece di at[p. 128 modifica]tristarla togliendole l’oggetto di tante sollecitudini, non le fa ora comuni con lei? Forse i benefizj di quella si oppongono a’ diritti paterni? Potrebbe il giovane rimanere in Lemno a consolare gli estremi giorni di Agarista; potrebbe Cleante accumulare in lui benchè assente i benefizj della paterna liberalità. Risplenderebbe così la sincerità del suo cuore nel compiacersi che si raddoppi la fortuna della sua prole.

Considerate adunque da saggi, o venerevoli cittadini, che quello infante fu gettato alle onde, ed a’ venti da colui il quale ora fa risonare quest’aula di giustizia col sacro nome di padre. Egli si scusa con la riverenza alle voci divine. La vera voce divina è quella innata ne’ nostri cuori, la quale ci esorta sempre ad amare, accarezzare, nodrire i nostri parti. Questa è l’eterna volontà degli Dei, la eterna legge da loro prescritta alla natura: contro la quale non [p. 129 modifica]debbono nè possono mai prevalere i vati, gl’indovini, le notturne larve, i pronostici luttuosi. Che più? Sforzandosi di giustificare il suo misfatto non si vergogna addurre esempj di barbari, i quali sagrificavano agli Dei i proprj pargoletti, superstizione crudele, e abborrita da ogni nazione civile. Propone anco gli Spartani, i quali sogliono abbandonare i bambini di membra impediti. Ma quella illustre e severa gente con lo splendore delle sue virtù non ci permette di biasimare alcuno de’ suoi terribili instituti. Però le basti che di questo si taccia. Temete pertanto uno ipocrita: lasciate il mio cliente in grembo così generoso, nel quale con avvenimenti così straordinarj hanno manifestato gli Dei che rimanga secondo la benigna volontà loro. Imperocchè queste vicende maravigliose certo non accaddero senza i decreti della Provvidenza dominatrice.

Poichè tacque l’oratore, gli araldi in[p. 130 modifica]timarono che fosse sgombrata l’aula, affinchè i giudici discutessero la causa a porte chiuse. La frequenza degli uditori si trasferì negli atrj della curia aspettando il decreto. Nè andò guari che spalancate le imposte uscì il banditore, ed a suono di tromba con ferrea voce pubblicò il decreto in questa forma concetto.




[p. 131 modifica]

DECRETO.


I magnifici Pritani di Corinto adunati nella Neomenia di Boedromione a giudicare sulla istanza di Cleante di Corinto, il quale asserendosi padre del giovane pubblicamente nominato Possideo, e da lui Erostrato, ora figliuolo adottivo di Agarista di Lemno, lo richiama a se per le ragioni della paterna potestà, hanno considerato:

Che queste ragioni derivano dal nodrimento, dalla tutela, e dalla instituzione della prole.

Che non debbono prodursi in tale argomento leggi straniere dalle nostre.

Che avendo Cleante abbandonata la prole, ne ha perduto il dominio, e lo ha trasmesso al primo occupante.

Che non per questo il figliuolo ha perduti i diritti di legittima successione alle paterne facoltà.

Che Agarista col ricovero dell’esposto [p. 132 modifica]fanciullo è surrogata alle ragioni paterne, nè dee rapirsele un affettuoso possesso da lei così liberalmente acquistato.

E però hanno decretato che il nominato Possideo, quando il voglia, rimanga presso la madre adottiva, e goda la sua legittima sopravvivendo al padre naturale.

Così piacque a’ Pritani, lo che pure sia a grado agli Dei.