Sonetti in persona di ser Pecora fiorentino beccaio
Sonetto V

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Sonetto IV Epistola al conte Carlo Pepoli
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SONETTO V


Senti ch’e’ fischia e cigola e strombazza:
     Gli è satollo di vento: or lo martella,
     E ’l dabbudà su l’epa gli strimpella
     E ne rintrona il vicolo e la piazza.
5Ve’ la pelle, al bussar, mareggia e guazza;
     Lo spenzola pel rampo a la girella:
     Lo sbuccia tutto quanto e lo dipella;
     E ’l disangua, lo sbatti e lo strapazza.
Sbarralo, e tra’ budella e tra’ corata,
     10Tra’ milza, che per fiel più non ammale,
     E l’entragno gli sbratta e gli dispaccia.
D’uno or vo ch’e’ riesca una brigata:
     Gli affetta l’anca e ’l ventre e lo schienale,
     E lo smembra, lo smozzica, lo straccia.
                15Togliete oh chi s’affaccia:
     Ecco carni strafresche, ecco l’argnone:
     Vo’ mi diciate poi se saran buone.