Vangeli apocrifi/I vangeli dell'infanzia del Signore/Lo Pseudo Matteo/Parte seconda

Lo Pseudo Matteo - Parte seconda

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PARTE SECONDA

XXV.

Non molto tempo dopo1 l’angelo disse a Giuseppe: «Ritorna nella terra di Giuda; quelli che cercavan l’anima del fanciullo, son morti» (Mt., 2, 20).

XXVI.2

1. E dopo il ritorno di Gesù dall’Egitto, mentr’era in Galilea, al principio già del quarto anno di età3, accadde che in un giorno di sabato ei giuocava con altri fanciulli presso il letto del Giordano. Sedutosi, Gesù si fece sette laghetti di fango e a ciascun d’essi, fece dei fossatelli4 per cui al suo comando menava acque dal torrente nel lago e di nuovo le rimenava via. Allora uno di quei fanciulli, un figlio del diavolo, chiuse con animo invidioso gli sbocchi che portavan le acque ne’ [p. 205 modifica]ghetti, e mandò all’aria ciò che aveva fatto Gesù. Allora Gesù gli disse: «Guai a te, figliuolo della morte, figliuolo di Satana. Tu osi distruggere le opere ch’io ho eseguito?». E subito colui che aveva fatto ciò, morì.

2. Allora i parenti del morto con voce tumultuante gridavan contro Maria e Giuseppe, dicendo loro: «Vostro figlio ha maledetto il nostro figliuolo, ed è morto!». Udito ciò, Giuseppe e Maria si recaron subito da Gesù a motivo della sedizione de’ parenti del ragazzo e dell’assembramento de’ Giudei. Ma Giuseppe disse in segreto a Maria: «Io non oso parlargli: ammoniscilo tu e digli: «Perché ci hai eccitato contro l’odio del popolo, e ci tocca sopportar l’odio molesto della gente?» E la madre, venuta da lui, l’interrogava: «Signore mio, che ha fatto mai costui per morire?». Ma lui disse: «Era degno di morte, perché ha mandato all’aria le opere fatte da me».

3. Lo pregava allora la mamma, dicendo: «Non voler (far così), Signor mio; perché insorgono tutti contro di noi». Ed egli, non volendo contristare sua madre, colpì col piede destro il sedere del morto e gli disse: «Levati su, figliuolo d’iniquità; perché non sei degno d’entrare nel riposo del Padre mio, tu che hai distrutto le opere da me fatte». Allora colui ch’era morto risuscitò e se ne partì. E Gesù conduceva per l’acquedotto, al suo comando, le acque ne’ laghetti.

XXVII.5

E accadde dopo ciò, alla vista di tutti, che Gesù prese la melma dai laghetti che aveva fatto e ne fece dodici passerotti. Era un sabbato quando Gesù fece questo, e moltissimi bimbi eran con lui. Or uno de’ Giudei, avendolo visto far ciò, disse a Giuseppe: «Giuseppe, non vedi tu il bambino Gesù che fa di sabato ciò che non gli è permesso? Ha fatto dodici passerotti col fango!». Udito ciò, Giuseppe rimproverò il bambino dicendo: «Perché fai tu di sabato le cose che non c’è permesso fare?». Ma Gesù, all’udir Giuseppe, picchiando una mano contro l’altra disse ai suoi passeri: «volate». E alla voce del suo comando cominciarono a volare. Allora, mentre tutti eran lì e vedevano e udivano, disse agli uccelli: «Andate e volate per la terra e per tutto il mondo, e vivete». Al veder tali prodigi, i presenti furon ripieni di gran stupore. Altri lo lodavano e ammiravano; altri invece lo biasimavano.

E alcuni andarono dai principi de’ sacerdoti e da’ capi de’ Farisei annunziaron loro che Gesù, figliuolo di Giuseppe, aveva fatto grandi prodigi e bravure al cospetto di tutto il popolo d’Israele. E fu annunziato ciò nelle dodici tribù d’Israele. [p. 207 modifica]

XXVIII.6

Daccapo7 il figliuolo di Anna sacerdote del tempio8 - ch’era venuto con Giuseppe tenendo in mano un bastone, alla vista di tutti, con gran furore distrusse i laghetti che Gesù aveva fatti con le sue mani, e ne sparse le acque che quegli vi aveva raccolte dal torrente. Chiuse in fatti il rivoletto stesso per cui entrava l’acqua e poi lo distrusse. Avendo ciò visto Gesù, disse a quel ragazzo che aveva rovinato i suoi laghetti: «O seme pessimo d’iniquità, o figlio della morte, officina di Satana in verità sarà senza forza il frutto del tuo seme, e le tue radici senza umore, e i tuoi rami aridi, non portanti frutto». E subito, alla vista di tutti, il ragazzo si disseccò e morì.

XXIX.9

Tremò allora Giuseppe e ritenne Gesù, e se ne tornava a casa con lui e la madre era insieme. Ed ecco subito dalla parte contraria un fanciullo, anch’egli operaio d’iniquità, si buttò di corsa sulla spalla di Gesù volendo schernirlo o fargli del male se poteva. Ma Gesù gli disse: «Che tu non possa tornar sano dalla via per cui ten vai!». E subito quegli precipitò e morì. E i parenti del morto, che avevan visto ciò ch’era accaduto, esclamarono: «Dond’è nato questo bimbo? È manifesto che ogni parola ch’ei dice è vera, e spesso si compie prima (ancora) che la dica». E s’avvicinarono a Giuseppe i parenti del fanciullo morto e gli dissero: «Togli via codesto Gesù da questo luogo, perché non può abitar con noi in questo comune. O insegnagli almeno a benedire e non maledire». Giuseppe allora s’accostò a Gesù e l’ammoniva dicendo: «Perché fai di tali cose? C’è molti già che si lamentano di te, e a cagion tua ci hanno in odio, e per via tua sopportiamo molestie dagli uomini». Rispose Gesù a Giuseppe: «Nessun figliuolo è saggio, se non quello che suo padre ha istruito secondo la scienza di questo tempo, e la maledizione del padre non nuoce a nessuno, se non a quelli che fan del [p. 209 modifica]male»10. Allora (gli abitanti) si radunarono contro Gesù e l’accusavano presso Giuseppe. Come vide ciò, ne fu oltremodo atterrito, temendo la violenza e la sedizione del popolo d’Israele11. Ma in quello stesso momento Gesù prese per l’orecchio il bambino morto e lo sollevò da terra alla presenza di tutti, e videro Gesù che parlava con lui come un padre col figliuolo. E lo spirito suo ritornò in lui e rivisse. E tutti ne furon maravigliati.

XXX.12

1. Un certo maestro giudeo di nome Zachia udì Gesù che diceva tali cose13, e vedendo che c’era in lui un’insuperabile scienza della virtù ne fu dolente, e cominciò indiscretamente e stoltamente e senza timore a parlar contro Giuseppe. E diceva: «Tu non vuoi consegnare tuo figlio, perché sia istruito nella scienza umana e nel timore? Ma io ti vedo te e Maria volere amar vostro figliuolo più che le tradizioni degli anziani del popolo. Bisognava da parte vostra onorar maggiormente i presbiteri di tutta la chiesa d’Israele, perché egli avesse carità mutua con i bambini e s’istruisse tra loro nella dottrina giudaica».

2. Gli rispose da parte sua Giuseppe: «E chi è che possa tenere e istruire questo bimbo? Ma se puoi tenerlo e istruirlo tu, non ci opponiamo affatto ch’egli apprenda da te quelle cose che s’imparan da tutti». Gesù, udito ciò che Zachia aveva detto, gli rispose e disse: «Maestro della legge, ciò che tu hai detto pocanzi e quanto hai accennato dev’essere osservato da coloro che son governati da istituzioni umane; ma io sono estraneo ai vostri tribunali, poiché non ho padre secondo la carne. Tu che leggi la legge e (ne) sei istruito, tu rimani nella legge: io per me ero già prima della legge! Ma mentre pensi di non aver pari a te in dottrina, tu dovrai imparare da me; perché nessun altro (fuori di me), può insegnare, se non quelle cose a cui hai accennato. Quegli (solo) in [p. 211 modifica]fatti lo può, il quale n’è degno14. Io poi quando sarò sollevato da terra (Jo., 12, 32) farò cessare ogni menzione della vostra genealogia. Tu quando tu se’ nato, l’ignori; io solo so quando siete nati15, e quanto tempo la vita vostra dura sulla terra».

3. Allora tutti quelli che udirono proclamare queste parole, stupirono ed esclamarono: «O, o, o! quest’è un mistero meravigliosamente grande e ammirevole (Cfr. Eph. 5, 32; Tim. 3, 16). Mai non abbiam udito nulla di simile; mai da nessun altro non s’è udito. Né da’ Profeti, né da Farisei, né da grammatici fu mai detto o udito. Noi sappiamo dov’è nato costui16 e ha appena cinque anni: donde mai tira fuori tali parole?». Risposero i Farisei: «Noi non abbiamo udito mai parole tali, dette da un altro bimbo in tale tenera età».

4. E Gesù rispondendo disse loro: «Vi maravigliate che tali cose possano esser dette da un bambino. Perché dunque non mi credete in ciò che v’ho dichiarato? Perché v’ho detto che so quando siete nati, vi maravigliate tutti; vi dirò (ancora) di più, perché maggiormente vi maravigliate. Abramo, che voi dite vostro padre, io l’ho visto e ho parlato con lui, e lui ha visto me»17. All’udir questo si tacquero, e nessuno di loro osava parlare. E disse loro Gesù: «Sono stato tra voi con i bimbi, e non m’avete conosciuto. Ho parlato con voi come con persone sagge e non avete capito la mia voce, perché siete minori di me e di poca fede».

XXXI.18

1. Di nuovo il maestro Zachia, dottore in legge disse a Giuseppe e Maria: «Datemi il bambino, e io lo consegnerò al maestro Levi19, perché gl’insegni le lettere e l’istruisca». Allora Giuseppe e Maria, accarezzando Gesù, lo condussero a scuola per essere ammaestrato nelle lettere dal vecchio Levi. Gesù, entrato, taceva. E il maestro Levi diceva una lettera a Gesù e cominciando dalla prima lettera Aleph20, gli [p. 213 modifica]diceva: «Rispondi». Ma Gesù taceva e non rispondeva nulla. Sicché adirato il precettore Levi, prese una bacchetta di storace, e lo percosse sul capo.

2. Ma Gesù disse al maestro Levi: «Perché mi picchi? Sappi in verità, che chi è picchiato insegna a colui che lo picchia più ch’essere istruito da lui. Io infatti ti posso insegnare quelle cose che proprio da te son dette. Ma son tutti ciechi costoro che dicono e ascoltano, come un bronzo risonante o un cembalo squillante (cfr. 1 Cor., 13, 1), ne’ quali (strumenti) non c’è il senso di quelle cose che dal loro suono s’inten dono»21. E soggiungendo disse Gesù a Zachia: «Ogni lettera da Aleph sino a Tau si distingue dalla (sua) disposizione. Di’ tu per primo cos’è Tau, e io ti dirò cos’è Aleph». E disse loro ancora Gesù: «Chi non conosce Aleph, come può dire Tau? Ipocriti! Dite dapprima che cos’è Aleph, e io allora vi crederò quando direte Beth». E Gesù cominciò a domandare i nomi delle singole lettere, e chiese: «Dica il maestro della legge che cos’è la prima lettera, e perché ha molti triangoli, graduati, acuti, divisi per mezzo, opposti, allungati, eretti, giacenti, giacenti in curva»22. Levi, all’udir questo, fu stupefatto di sì varia disposizione de’ nomi delle lettere.

3. Allora cominciò a gridare a quanti l’udivano e disse: «Oh che deve viver sulla terra costui? E degno anzi d’essere appeso a una gran croce perché il fuoco lo può spengere e può ridersi degli altri tormenti. Io credo ch’egli esisteva prima del cataclisma, e ch’è nato prima del diluvio. Che ventre mai l’ha portato? qual madre l’ha generato? che poppe l’hanno allattato? Fuggo dinanzi a lui; perché non riesco a sopportare parole dalla sua bocca, ma si stupisce il mio cuore a sentir tali parole. Non credo infatti che nessuno degli uomini possa intendere la sua parola, se Dio non è con lui. E ora io infelice mi son dato in balìa delle sue derisioni. Mentre pensavo d’avere un discepolo, ho trovato il mio maestro, che ignoravo. Che dirò? Non riesco a sopportar le parole di questo bimbo: fuggirò ormai da questo municipio, giacché non riesco a intenderlo. Io vecchio sono stato vinto da un bambino, perché non so trovare né il principio né la fine di quanto egli afferma. È difficile infatti trovare il principio da se stesso. Per certo vi dico, e non mentisco, che l’operar di questo ragazzo, gl’inizi del suo discorso e la meta [p. 215 modifica]della sua intenzione non sembrano, agli occhi miei, aver nulla di comune con gli uomini. Costui pertanto non so se un mago sia o un dio: o per certo un angelo di Dio parla in lui23. Donde sia, donde venga o che abbia a divenire, non lo so».

4. Allora Gesù con lieto volto, sorridendo di lui, disse con (tono di) comando a tutti i figliuoli d’Israele ch’eran presenti e udivano: «Fruttifichino gl’infruttuosi, e i ciechi ci vedano, e camminino bene gli zoppi24, e i poveri fruiscano di beni, e risorgano i morti, affinché ciascuno ritorni al suo primiero stato e in quello resti, ch’è la radice della vita e della dolcezza perpetua». E come il bambino Gesù ebbe detto questo, subito furon ristabiliti quelli ch’eran caduti in tristi infermità. E non s’osava più dirgli alcunché o udirlo da lui.

XXXII.25

Dopo ciò Giuseppe e Maria se n’andarono di là, insieme con Gesù, nella città di Nazaret; ed egli era lì con i suoi genitori. Colà un giorno di sabbato, mentre Gesù giuocava con (altri) ragazzi sulla terrazza d’una casa, accadde che uno de’ ragazzi ne rovesciò un altro dalla terrazza giù sulla terra, e questo morì. I parenti del morto, che non avevan visto la cosa, gridavan contro Giuseppe e Maria, dicendo: «Vostro figliuolo ha buttato in terra il nostro, ed è morto!». E Gesù taceva e non rispondeva loro nulla. Allora Giuseppe e Maria n’andarono frettolosi da Gesù, e sua madre (l’) interrogava dicendo «Signor mio, dimmi se l’hai buttato tu in terra». E subito Gesù scese giù dalla terrazza, e chiamò il ragazzo col suo nome di Zenone. E quello gli rispose: «Signore». Gli disse Gesù: «Sono io che t’ho precipitato giù in terra dalla terrazza?». Quegli rispose: «No, Signore». E si meravigliarono i parenti del ragazzo ch’era morto, e onoravan Gesù per il prodigio compiuto. E Giuseppe e Maria insieme con Gesù se n’andaron di là a Gerico.

XXXIII.26

Gesù aveva sei anni, e sua madre lo mandò con una brocca ad attinger acqua alla fonte insieme con i bimbi. E accadde dopo attinta l’acqua che uno de’ bimbi gli dètte una spinta, e rovesciò la brocca e la fracasso. [p. 217 modifica]Ma Gesù stese il mantello che aveva indosso, e raccolse tanta acqua nel suo mantello quant’era nella brocca e la portò alla mamma. Questa al veder (ciò) fu presa da meraviglia, e andava pensando tra sé e riponeva tutto ciò in cuor suo27.

XXXIV.28

Un altro giorno uscì ne’ campi e prese un po’ di grano dal granaio di sua madre, e lo seminò lui stesso. Accadde finalmente che lo mieté (del pari) lui stesso, e ne raccolse tre cori, che donò ai molteplici suoi (conoscenti).

XXXV.29

C’è una via che esce da Gerico e va verso il fiume Giordano, là dove passarono i figli d’Israele30: ivi, si dice, si fermò l’arca del testamento31. E Gesù che aveva otto anni, uscì da Gerico e se n’andava al Giordano. C’era lungo la via, vicino alla riva del Giordano, una caverna, dove una leonessa nutriva de’ piccini, e nessuno poteva andar sicuro per la via. Or Gesù nel venir da Gerico, pur sapendo che in quella caverna una leonessa aveva partorito i suoi figliuoli, ci entrò alla vista di tutti. Ma come i leoni videro Gesù, gli corsero incontro e l’adorarono. E Gesù sedeva nella caverna, e i piccini de’ leoni correvano qua e là intorno ai suoi piedi, accarezzandolo e scherzando con lui. I leoni più vecchi poi se ne stavan da lontano a testa bassa, e l’adorarono e gli facevan festa dinanzi con le code. Allora il popolo che se ne stava da lungi, non vedendo (più) Gesù, disse: «Se costui non avesse fatto grossi peccati, o i suoi genitori (per lo meno), non si sarebbe spontaneamente offerto ai leoni». E mentre il popolo pensava così tra sé, e s’abbandonava a un’eccessiva tristezza, ecco subito Gesù uscir dalla caverna al cospetto del popolo, e i leoni lo precedevano e i piccini de’ leoni scher[p. 219 modifica]zavan tra loro davanti ai suoi piedi. Ma i parenti di Gesù se ne stavan lontano a capo basso, e osservavano: parimente anche il popolo a motivo de ’leoni se ne stava lontano, perché non osava congiungersi loro. Allora Gesù cominciò a dire al popolo: «Quanto migliori di voi son le bestie, le quali conoscono e glorificano il loro Signore, mentre voi uomini, che foste fatti a immagine e somiglianza di Dio, l’ignorate. Le bestie mi riconoscono e si fan mansuete; gli uomini mi vedono e non mi conoscono».

XXXVI.

Dopo ciò, alla vista di tutti, Gesù passò il Giordano insieme con i leoni, e l’acqua del Giordano si divise a destra e a sinistra32. Disse allora ai leoni, sicché tutti sentissero: «Andate in pace e non fate del male a nessuno. Ma neppure l’uomo rechi molestia a voi, finché siate tornati là donde siete venuti». E quelli, facendo saluti non con la voce ma col corpo, se ne partirono per i luoghi loro. Gesù poi se ne tornò da sua madre.

XXXVII.33

1. Giuseppe era un falegname e non altro faceva del legno se non gioghi di buoi e aratri e strumenti per smuover la terra e adatti alla cultura, e letti di legno34. Accadde ora che un giovane gli desse a fare un letto di sei cubiti. E Giuseppe ordinò al suo garzone di tagliare il legno con una sega di ferro secondo la misura mandata. Costui però non serbò la misura prescrittagli, ma fece un’asse più corta dell’altra35. E Giuseppe cominciò a pensare tutt’agitato che cosa gli convenisse fare in proposito.

Or come Gesù lo vide così agitato nel pensiero perché lo sproposito fatto gli sembrava irrimediabile36, gli parla con voce consolatrice, dicendo: «Vieni, teniamo i capi delle singole assi e accostiamole in[p. 221 modifica]sieme capo a capo, e pareggiamole tra loro37 e tiriamole a noi; ché potremo renderle uguali». Giuseppe allora ubbidì al suo comando; ben sapeva infatti ch’egli potrebbe fare qualunque cosa volesse. E Giuseppe prese i capi delle assi e gli appoggiò a un muro, presso di sé; e Gesù tenne i capi opposti di quelle assi e tirò a sé l’asse più corta, eguagliandola all’asse più lunga. Poi disse a Giuseppe: «Va’ a lavorare e fa’ ciò che avevi promesso di fare». E Giuseppe fece ciò che aveva promesso.

XXXVIII.38

1. Accadde per la seconda volta che Giuseppe e Maria furon pregati dal popolo di mandare a scuola Gesù, per essere istruito nelle lettere. Non si rifiutaron di farlo, e secondo l’ordine degli anziani lo menaron da un maestro, perché fosse istruito da lui nella scienza umana. E il maestro cominciò allora imperiosamente a insegnargli, dicendo:

«Di’ Alpha»39. Ma Gesù gli disse: «Dimmi prima tu che cos’è Betha, e io ti dirò cos’è Alpha». E irritato da ciò il maestro percosse Gesù; ma subito dopo averlo percosso morì.

2. E Gesù se ne tornò a casa dalla mamma. Impaurito Giuseppe chiamò a sé Maria le disse: «Sappi che l’animo mio è davvero mortalmente triste (Mt., 26, 38; Mc., 14, 34) a cagione di questo ragazzo! Perché può accadere una volta, che qualcuno maliziosamente percuota questo ragazzo e ch’esso muoia». Ma rispondendogli Maria gli disse: «Uomo di Dio, non credere che ciò possa accadere. Credi anzi di sicuro che chi lo mandò a nascere tra gli uomini, lo custodirà contro tutte le malignità e nel nome suo lo preserverà dal male».

XXXIX40.

1. Di nuovo i Giudei pregarono, per la terza volta Maria e Giuseppe che con le loro carezze lo menassero ad imparar da un altro maestro. E Giuseppe e Maria, temendo il popolo e l’insolenza de’ principi e le minacce de’ sacerdoti, lo condussero di nuovo a scuola, pur sapendo che [p. 223 modifica]nulla poteva imparar dagli uomini colui che (già) dal solo Iddio aveva scienza perfetta.

2. Or come Gesù entrò a scuola, guidato dallo Spirito Santo prese il libro di mano al maestro che insegnava la legge, e dinanzi a tutto il popolo che lo vedeva e udiva, cominciò a leggere, non già ciò ch’era scritto nel loro libro; ma parlava nello spirito del Dio vivente, come un torrente d’acqua uscisse fuori da una fonte viva e la fonte restasse sempre piena. E con tanta forza insegnava al popolo le grandezze del Dio vivente, che il maestro stesso cadde in terra e l’adorò. Il cuore poi del popolo là seduto, che l’aveva udito dir tali cose, fu preso da stupore. All’udir questo, Giuseppe venne di corsa da Gesù, temendo che il maestro stesso non avesse a morire. Ma il maestro, vistolo gli disse: «Tu non m’hai dato un discepolo, ma un maestro: e chi può sostener le sue parole?» Allora si compì ciò ch’era stato detto dal salmista: «Il fiume di Dio fu ripieno d’acqua. Hai preparato il loro cibo, poiché tale è la preparazione di esso» (Ps., 64, 10).

XL.41

Dopo ciò se n’andò Giuseppe di là insieme con Maria e Gesù per recarsi alla marittima Cafarnao, a cagione della malizia degli uomini suoi avversari. E mentre Gesù abitava in Cafarnao, c’era nella città.

un certo uomo di nome Giuseppe, assai ricco. Ma sopraffatto dalla sua malattia se ne morì, e giaceva morto nel suo letto. Gesù, avendo udito nella città quei che si lamentavano e piangevano e mandavano grida strazianti sul morto, disse a Giuseppe: «Perché a costui, che porta il tuo nome, non porgi l’aiuto della tua benevolenza?» E Giuseppe gli risponde:

«Che potere o facoltà ho io di porgergli aiuto?». Gli disse Gesù: «Prendi il fazzoletto ch’è sul tuo capo e va’ e mettilo sulla faccia del morto, e digli: Cristo ti salvi! E subito sarà salvo e si leverà il defunto dal suo letto». Ciò udito, Giuseppe andò subito, correndo al comando di Gesù, ed entrato in casa del defunto, stese il fazzoletto che portava in capo sulla faccia di lui che giaceva sul letto, e disse: «Gesù ti salvi!». E subito il morto si levò di letto, e domandava chi fosse Gesù. [p. 225 modifica]

XLI.42

1. E se n’andarono da Cafarnao nella città chiamata Betlemme, e Giuseppe se ne stava a casa sua insieme con Maria, e Gesù con loro. Un giorno Giuseppe chiamò a sé il suo figliuolo primogenito Giacomo e lo mandò nell’orto de’ legumi, a raccoglier legumi per fare una pietanza. E Gesù tenne dietro al suo fratello Giacomo nell’orto, senza che Giuseppe e Maria lo sapessero. Mentre Giacomo raccoglieva i legumi, subito una vipera uscì fuori da un buco e morse la mano di Giacomo, che per l’atroce dolore si mise a urlare. E venendo già meno, diceva con amara voce: «Ahi, ahi! una vipera infame m’ha morso la mano».

2. Allora Gesù, ch’era dalla parte opposta, a quell’amara voce accorse da Giacomo e prese la sua mano; e non fece altro che soffiare sulla mano di Giacomo e rinfrescarla, e subito Giacomo fu guarito, e la serpe morì. Giuseppe e Maria ignoravano ciò ch’era accaduto; ma alle grida.

di Giacomo e al comando di Gesù corsero nell’orto, e trovaron la serpe già morta e Giacomo ben guarito.

XLII.43

1. Quando Giuseppe andava a un convito con i suoi figliuoli Giacomo, Giuseppe, Giuda e Simeone e le due figliuole, ci si recavano anche Gesù e Maria sua madre con la propria sorella Maria di Cleofa, che il Signore aveva concesso a suo padre Cleofa e a sua madre Anna, per aver essi offerto al Signore Maria madre di Gesù. E questa Maria fu chiamata con lo stesso nome di Maria, a conforto de’ genitori.

2. E quando eran assieme Gesù li santificava e benediceva, e lui per primo cominciava a mangiare e a bere. Giacché nessuno di loro osava mangiare o bere, né sedersi a mensa o spezzare il pane, sino a che egli non avesse ciò fatto per primo, santificandoli. E se per caso era assente, aspettavano sino a che egli ciò facesse. E quando e voleva accostarsi a mensa, (allora) s’accostavano (anche) Giuseppe e Maria e i suoi fratelli, figliuoli di Giuseppe. Questi fratelli invero, avendo dinanzi ai loro occhi come una face la sua vita, lo rispettavano e lo temevano. E quando Gesù dormiva, sia di giorno sia di notte, il chiarore di Dio splendeva su lui. A cui sia ogni lode e gloria ne’ secoli de’ secoli. Amen. Amen.

Note

  1. Secondo l’Historia Joseph c. VIII la sacra famiglia rimase in Egitto per un anno intero. Il Vangelo arabo dell’infanzia c. XXV e XXVI ce lo fa restare tre anni.
  2. Cfr. Ev. Thom. II.
  3. Secondo il vangelo di Tommaso aveva cinque anni.
  4. È da intendere così il vocabolo araciunculas (= aratiunculas) altrove in latino (Plauto, Volgata) designa piccole terre, piccoli possessi.
  5. Cfr. Ev. Thom. II.
  6. Cfr. Ev. Thom. III.
  7. Con riferimento al fatto simile narrato sopra c. XXVI. Non ne segue trattarsi dello stesso ragazzo, di cui è ivi raccontata (non però nel c. II del vangelo di Tommaso) la morte e la risurrezione.
  8. Nel vang. di Tommaso, Anna è detto γραμματεύς «scriba», come in Protev. XV.
  9. Cfr. Ev. Thom. IV-V.
  10. Sembra voler dire: Tu, come gli altri padri, giudichi del tuo figliuolo secondo le dottrine del tempo; ma la tua maledizione non mi fa paura, perché la maledizione paterna allora soltanto ha valore, quand’è meritata.
  11. Nel vangelo di Tommaso c. V, 3 gli accusatori diventano ciechi a un tratto, e Giuseppe allora tira forte gli orecchi a Gesù che educato gli risponde per le rime. Nessun cenno poi si fa della risurrezione del bambino (ma cfr. c. VIII, 2) e dell’amorevolezza di Gesù a suo riguardo.
  12. Cfr. Ev. Thom. VI.
  13. Quali?
  14. Il passo è assai oscuro. Altri traduce alquanto diversamente.
  15. Non si capisce bene quel che voglia dire. Tutti sanno, o quasi tutti, quando son nati.
  16. Cfr. Jo. 7, 27.
  17. Cfr. Jo. 8, 56, 58.
  18. Cfr. Ev. Thom. VI-VIII.
  19. Non è ricordato da altri. Per la sostanza delle cose, cfr. c. XXXVIII ed Ev. Thom. XIV.
  20. Nota come, a differenza del vangelo di Tommaso, è adottato qui l’alfabeto ebraico. Ma più sotto l’altro maestro di c. XXXVIII insegna a Gesù l’alfabeto greco.
  21. Cfr. I Cor. 14, 7. Cosa voglian dire queste varie frasi messo in bocca a Gesù non è facile intendere. Vedi anche più sotto. L’oscurità in simili discorsi di Gesù bambino sembra, in buona parte, voluta: in parte tuttavia è dovuta alla poca testa de’ compilatori e de’ copisti.
  22. Traduzione più o meno approssimativa di parole accatastate lì alla peggio e non comprese, assai probabilmente, dallo stesso compilatore.
  23. E perciò voleva che fosse appeso a una gran croce!
  24. Cfr. Mt. 11, 5.
  25. Cfr. Ev. Thom. IX.
  26. Cfr. Ev. Thom. XI.
  27. Cfr. Lc. 2, 19, 51.
  28. Cfr. Ev. Thom. XII.
  29. Questo capitolo e il seguente non han corrispondenti nel vangelo di Tommaso.
  30. Cfr. Jos. 3, 14-17.
  31. Cioè l’Arca foederis (= l’arca dell’alleanza o del patto tra Dio e il popolo eletto) come più felicemente è chiamata dalla Volgata. Ma i LXX hanno ἡ κιβωτός (τῆς) διαθήκης; e poiché διαθήκη nell’uso comune greco vale «testamento», ben si spiega l’uso normale di «testamentum » negli antichi traduttori latini. Cfr. l’uso rimasto di Antico o Nuovo Testamento (= ἡ παλαιὰ, ἡ καινή διαθήκη).
  32. Cfr. IV Reg. 2,8.
  33. Cfr. Ev. Thom., XIII.
  34. Di «letti di legno» non si parla nel Vangelo di Tommaso; dove il fatto appunto che Giuseppe s’occupava abitualmente di lavori grossolani, cioè d’aratri e di gioghi, spiega l’incapacità di cui egli dà prova nel racconto che segue.
  35. La colpa quindi dello sbaglio non era di Giuseppe Del garzone non si fa cenno nel Vangelo di Tommaso.
  36. O piuttosto perché il lavoro da eseguire gli sembrava (ormai) impossibile»? Ma avresti aspettato res gerenda.
  37. Da uno de’ capi? Il periodo è assai oscuro, o piuttosto non ha senso. Con più chiarezza in qualche codice: «Noli contristari, sed posse brevius lignum et tu apprehende per unum cuput illud et ego per aliud, et coequemus ea; poterimus enim ea aequalia jacere».
  38. Cfr. Ev. Thom., XIV.
  39. Questa volta si tratta dell’alfabeto greco, non più dell’ebraico come sopra XXXI.
  40. Cfr. Ev. Thom., XV.
  41. Il capitolo non si legge nel Vangelo di Tommaso. Manca, poi, nel codice Laurenziano; dove si leggono al posto suo altre narrazioni succinte, «quas ex canonicis evangeliis inepte depromptas esse appareat» (Tischendorf), come la moltiplicazione de’ pani, la guarigione del cieco, la risurrezione di Lazzaro.
  42. Cfr. Ev. Thom., XVI.
  43. Nessun parallelo nel vangelo di Tommaso.