Trattato completo di agricoltura/Volume II/Piante annuali leguminose, oleifere e tessili/14

Dell’Arachide

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dell'arachide

§ 818. L’arachide (arachis ipogaea) o cece di terra, manì o Cacahuete degli Spagnuoli, è una pianta oleifera che pure ci viene dall’America del Sud, e che primieramente fu coltivata nella Spagna, poi in Italia ed in Francia; dove da molti fu decantata come cosa che fornisse un olio superiore a quello d’uliva.

La figura del frutto di questa pianta, tanto pel seme quanto pel bacello nel quale è rinchiuso, rassomiglia molto a quella del cece.

L’arachide produce tanta maggior quantità di semi quanto maggior calore può ricevere; e la sua coltivazione a stenti riesce protittevole nell’Italia superiore o più in su del 46° lat. N dell’Europa. Ama terreno sciolto, argilloso-siliceo-calcare, come sono generalmente i terreni d’alluvione, i quali conservano un certo grado di freschezza anche nella state, senza impedire che i raggi solari li riscaldi perfettamente. Il terreno dove s’intende coltivare questa pianta devesi lavorare profondamente una volta prima dell’inverno, ed una seconda in primavera facendovi precedere una concimazione con materie decomposte. La semina si fa in primavera quando la temperatura media sia di +14 circa, adoperando il foraterra o la zappa, o nel solco dell’aratro, come si usa pel melgone, gettando i semi in linee distanti 0m,60 fra loro, e mantenendo una distanza di 0m,30 sulla stessa linea. Queste distanze variano in più od in meno secondo il clima, maggiori dovendo essere nei climi meno caldi, avvertendo però che nei climi nostri una distanza superiore a quella indicata sarebbe inutile, poichè maturano convenientemente soltanto i frutti provenienti dai primi fiori, o tutt’al più dei secondi. Il seme deve essere ricoperto da 0m,06 circa di terra.

Per intendere il metodo di coltura bisogna conoscere il modo particolare di vegetazione di questa pianta. Essa, quando abbia germogliato, distende i suoi steli a terra, ed i suoi fiori mandano inferiormente verso di essa dei filamenti che tendono ad internarvisi: alla estremità di questi cresce il frutto o bacello, che rimane nascosto come il tubero del pomo di terra. Ecco perchè vuolsi terreno soffice, o mantenuto tale colle zappature e colle rincalzature. Le zappature si eseguiscono avanti la fioritura per mondare il terreno dalle erbe [p. 75 modifica]inutili, e per prepararlo soffice e mantenerlo fresco. Subito dopo la prima sfioritura si fa una rincalzatura colla quale si ricopre alquanto il ceppo della pianta, ed in seguito ad una seconda sfioritura si eseguisce una seconda rincalzatura, colla quale si ricoprono di terra i primi prolungamenti degli steli. Queste rincalzature favoriscono mirabilmente la formazione dei frutti, poichè talvolta i filamenti che partono dai fiori a stenti possono penetrare nella terra. Una terza rincalzatura nei nostri climi sarà inutile perchè, come dissi, i frutti d’una terza fioritura non hanno più tempo di maturare. Nei paesi caldi, originarj di questa pianta, conviene eseguire una terza, una quarta e perfino una quinta rincalzatura. Se l’estate fosse troppo arido, conviene irrigare se vi è la possibilità.

Quando la temperatura atmosferica discenda a +14°, il che nei nostri climi succede alla fine di settembre od al principio di ottobre, la pianta cessa di fiorire e le foglie ingialliscono. Allora conviene levare immediatamente l’arachide dal terreno, perchè importa assaissimo che possa stagionare completamente prima ai riporla in granajo.

Arrivata quest’epoca, si tagliano gli steli, i quali servono come alimento pel bestiame, e colla zappa o colla vanga si dissotterrano le radici cui sono attaccati i frutti. Quando le linee siano a conveniente distanza, questa operazione si può eseguire coll’aratro. Si raccolgono le radici e scuotono per liberarle dalla terra, si raccolgono pure i frutti che rimanessero sparsi e si trasportano a casa, distendendo il tutto sotto un porticato esposto al sole, o sopra i graticci da bigatti, disposti in una stanza ben ventilata. Dopo alcuni giorni si svelgono i semi dalle radici, separandone i non perfettamente maturi, i quali, dando un olio cattivo, guasterebbero anche quello dei buoni; questi ultimi si fanno disseccare artificialmente colla stufa. I bacelli maturi si ripongono nuovamente in luogo asciutto, ove si lasciano per alcun tempo, o fin a tanto che vogliasene estrar l’olio. Si avverta sempre di far ben stagionare i bacelli, ossia di far loro perdere la maggior possibile umidità, perchè da ciò dipende non solo una prolungata conservazione, ma ben anco la miglior qualità dell’olio.

Il prodotto dell’arachide, varia d’assai secondo il clima, ed a pari circostanza, a norma delle cure usate durante la coltivazione. Nella Nuova Granata il prodotto è di circa 1900 chilogrammi per ettaro; nella Spagna, secondo Gasparin, [p. 76 modifica]sarebbe di circa 500; secondo il marchese Faà di Bruno (Piemonte), il quale sperimentò più volte in grande la coltivazione dell’arachide, il prodotto sarebbe di 560 chilogrammi all’ettaro. Questa grande differenza di prodotto in confronto di quello dei paesi nativi mette in dubbio il vantaggio di tale coltivazione.

Varia inoltre il reddito in olio secondo che l’arachide crebbe in clima caldo o no; infatti nella Spagna se ne cava il 60 per % in olio; nel mezzodì della Francia il 33 per %, e, secondo il detto marchese Faà, sarebbe il 47 per %. Il Vasalli asserisce d’aver ottenuto in ragione di chilogrammi 1800 all’ettaro, ed il 50 per % di olio.

Il tortello d’arachide allo stato normale contiene 8,23 di azoto, con 6,6 d’acqua per %. Questo residuo fu da taluno indicato buono a far pane unendolo ad una certa proporzione di farina; ma la gran quantità d’azoto che contiene non costituisce glutine, per il che il pane non resta soffice, ed è di difficile digestione. Conviene invece usarlo pel mantenimento del bestiame e specialmente della polleria.