Specchio di vera penitenza/Distinzione quinta/Capitolo quarto/Qui si dimostra come in certi casi la persona si può confessare altrui che al propio prete

Distinzione quinta - Capitolo quarto - Qui si dimostra come in certi casi la persona si può confessare altrui che al propio prete

../ ../Qui si dimostra chente e quale dee essere il confessoro IncludiIntestazione 1 dicembre 2014 75% Da definire

Distinzione quinta - Capitolo quarto - Qui si dimostra come in certi casi la persona si può confessare altrui che al propio prete
Distinzione quinta - Capitolo quarto Distinzione quinta - Qui si dimostra chente e quale dee essere il confessoro
[p. 117 modifica]

Qui si dimostra come in certi casi la persona si può confessare altrui che al proprio prete


In prima si può confessare ogni persona, laica1 e secolare, uomo e femmina, che sia di qualunche stato e condizione, a’ frati Predicatori e Minori, i quali, per ispeziale privilegio e del papa e della Chiesa di Roma, possono le confessioni [p. 118 modifica]udire, prosciogliere e imporre penitenzie salutari, con certa rappresentazione e reverenza che si dee fare per gli prelati di detti Ordini agli vescovi e arcivescovi, nelle cui cittadi, diocesi e vescovadi debbiano le confessioni udire; sì come si contiene nelle Costituzioni Clementine: De sepulturis dudum. E non hanno però più autorità di prosciogliere de’ peccati riservati a’ vescovi, che abbiano i preti parrocchiani, se già i vescovi non facessono loro ispeziali commessioni; né non possono udire le confessioni in altro vescovado, se non dove sono rappresentati. E dura quella cotale rappresentazione mentre che vive quel vescovo al quale furono una volta rappresentati. Morto o rimosso del vescovado, anche dura in sino a tanto2 che l’altro vescovo sia eletto e confermato, e sia presente egli o suo vicario in quella cotale cittade: e allora si debbono rappresentare a lui, come feciono al suo predecessore; e poi possono udire le confessioni sanza altra licenzia di preti parroffiani,3 eziandio s’egli lì contraddicessono. Per la comunione si dee solamente ricorrere a’ preti parrocchiani, o a cui eglino dessono licenzia: onde è iscomunicazione di papa, che niun altro nolla dee dare; e la persona che studiosamente la ricevesse d’altrui sanza licenzia del propio prete o del vescovo, secondo che dicono alcuni, mortalmente peccherebbe: onde non sia ardita la persona di dire ch’abbia la licenzia, s’ella non l’ha. E per questa cagione è convenevole che almeno una volta l’anno, cioè per pasqua di Resuresso, quando è comandato a tutti i fideli cristiani di comunicarsi, che ciascuno si confessi al propio prete che ’l dee comunicare, e che dee conoscere le condizioni de’ suoi sudditi come il pastore le pecore sue, e che gli dee dare in caso di morte la strema unzione, cioè l’Olio santo, e la ecclesiastica sepoltura, s’egli non la eleggesse giè altrove. Tuttavia, se la persona non vi volesse confessare dal propio prete, e spezialmente se in lui fossono [p. 119 modifica]de’ difetti che si pongono qui appresso, non è tenuta; ma dêglisi4 rappresentare al tempo della comunione, e dirgli nella sua fede, come la è confessata ad altro prete, religioso, o altro ch’ebbe sopra ciò balía o autorità. E ’l prete li dee credere, e dargli la comunione, se non fosse già in caso di scomunicazione: nel quale il prete si dee fare certificare, come quella cotale persona, ch’era iscomunicata e addomanda la comunione, sia ligittimamente assoluta; altrimenti non gli dee dare la comunione, s’ella fu notoriamente e palesemente iscomunicata. E nota che, avvegna che sia detto di sopra pure de’ frati Predicatori e Minori, che abbiano dalla Chiesa autorità d’udire le confessioni, non si progiudica però agli altri religiosi, che non possano le confessioni udire; quali per ispeziale privilegio di papa, come si dice de’ frati Romitani e di quegli del Carmino; quali si speziale licenzia di vescovi ne’ loro vescovadi, come hanno certi altri religiosi: ma nóminansi pure quegli due Ordini principali, Predicatori e Minori, però che e per antico e per novello si fa menzione pure di quelli due e ne’ Decretali comuni e in certi privilegi speziali. L’altro caso nel quale è licito di confessarsi da altro prete ch’al propio, si è quando il propio prete fosse eretico, cismatico o scomunicato, o uomo vizioso o di mala condizione, sollecitatore o inducitore a male, fragile e inchinevole a quegli cotali peccati che la persona gli avesse a confessare; come sarebbe se fosse lussurioso o adultero, e una femmnina gli avesse a confessare simili peccati, onde potesse credere che egli udendo ch’ella fosse cotale, la richiedesse, o inducesse a peccato: o se verisimilmente altri credesse che fosse rivelatore delle confessioni: o se ’l peccato di che altri si dovesse confessare, fosse commesso col prete o contro al prete: o che il prete fosse al tutto ignorante, che non sapesse iscernere i peccati e fare l’assoluzione. E brievemente, in questi casi e in qualunche [p. 120 modifica]altro che pericolo ne potesse5 intervenire o al prete o alla persona che si confessa, è licito di confessarsi ad altro confessoro che al propio prete. E se la persona si volesse confessare da’ frati Minori o Predicatori, o altri religiosi ch’avessono privilegio dal papa o dalla Chiesa, o pure licenzia dal vescovo nel suo vescovado, non è bisogno che la persona chiegga altra licenzia: ma se si volesse confessare ad altri preti, chiegga la licenzia al vescovo od al suo vicario od al prete medesimo; e se la licenzia non potesse avere, dê fare come colui che non ha copia del propio confessoro, al quale è licito di confessarsi da qualunche prete puote6 avere, e eziandio al laico. È qui da notare, che quando il vescovo e suo vicario commette o dà licenzia ch’altri si possa confessare ad altrui ch’al propio prete, non è bisogno che s’abbia anche licenzia dal propio prete, né che i peccati confessati di tale licenzia poi si riconfessino più al propio prete. E simile dico di coloro che si confessano da’ religiosi c’hanno il privilegio dal papa e dalla Chiesa. E non si fa in ciò ingiuria a’ preti parrocchiali;7 chè tale autoritade e podestade d’udire le confessioni non si concede in favore dei preti o de’ confessori, anzi per utilità dell’anime e in favore del popolo e onore di Dio. E imperciò i prelati maggiori, se veggiono l’utilità dell’anime e l’onore di Dio, possono e debbono dare cotali licenzie. E’ preti parrocchiani medesimi ne debbono essere contenti, e farlo e farlo fare, considerando che si faccia meglio e più sofficientemente per altrui che per loro: e se vi dessono impedimento, peccherebbono gravemente; con ciò sia cosa che sieno di quegli8 che lascerebbono anzi la confessione, che si confessassono da’ propri preti, chi per una cagione e chi per un’altra. L’ [p. 121 modifica]altro caso nel quale è licito di confessarsi d’altrui che dal propio prete, si è in caso di necessitade: come sarebbe caso e pericolo di morte; o se l’uomo avesse a entrare in giusta battaglia, o avesse a entrare in mare e non avesse copia di propio prete, si puote confessare a qualunche prete, e eziandio al laico, come detto è di sopra. L’altro caso è de’ romei e de’ peregrini e de’ mercantanti, che vanno in diversi paesi e luoghi, i quali quando si partono dalle loro abitazioni, debbono chiedere la parola al propio prete od al vescovo od a suo vicario, di potersi confessare e ricevere i sagramenti della Chiesa in quegli luoghi dove andare debbono: se nol fanno, non si possono confessare se none in caso di necessitade. De’ romei e de’ peregrini si dice che basta se presono il bordone e la scarsella, com’è usanza, dal propio prete; e in quello s’intende data licenzia di potersi confessare in qualunche luogo del loro pellegrinaggio. E se interviene ch’ e’ romei, pellegrini, mercatanti o altri viandanti si confessino nel cammino non abbiendo la licenzia, come è detto, quando tornano alla loro magione, il più tosto che convenevolmente possono, si debbono rappresentare al prete propio, o ad altro confessoro ch’abbia balía di potergli prosciogliere, secondo ch’ è detto di sopra, e riconfessare diligentemente tutti quegli peccati che confessati aveano nel viaggio nel pellegrinaggio. In caso che ’l viandante trovasse il suo vescovo o suo vicario o ’l suo propio prete parrocchiano nel viaggio, puòssi confessare, e essere prosciolto da ciascheduno di loro, come potea a casa sua. A’ penitenzieri del papa in Roma e in corte,9 ciascuno sanza altra licenzia si può confessare, e essere prosciolto di quegli peccati ch’è commesso loro;10 chè non da ogni peccato possono prosciogliere. Similmente dico de’ legati e de’ loro penitenzieri in fra’ termini di loro legazioni. I preti di diverse [p. 122 modifica]chiese parrocchiali debbono, di licenzia del vescovo, generale o speziale, tacita o spressa, confessarsi l’uno prete dall’altro, o che sieno in una medesima chiesa beneficiati o cappellani, o sieno rettori o cappellani in diverse chiese; e non hanno maggiore autoritade di potersi assolvere insieme, che abbiano i preti parrocchiani sopra i loro sudditi laici, se non per ispeziale commessione del vescovo. I monaci, canonici, frati, religiosi di qualunche abito o religione, si debbono confessare da loro prelati, o l’uno dall’altro della loro licenzia,11 e prosciogliere de’ peccati in quanto i detti prelati commettono loro. E’ prelati possono prosciogliere, e commettere gli altri loro sudditi, quanto si concede loro per loro regula che sia approvata dalla Chiesa, o per ispeziale privilegio di papa o di legato che abbia sopra di loro autoritade, o di licenzia d’arcivescovi o di vescovi a’ quali sieno suggetti. Monache di monisteri che sono suggette a’ vescovi, si debbono confessare da quegli confessori che concedono loro i vescovi, o sieno cappellani mansionari12 del continovo o altri, a’ quali spezialmente commettano i vescovi che le possano udire; o altri che le badesse de’ monasteri, di licenzia de’ vescovi, per loro e per loro suore possano chiamare, una volta o più. Quelle che sono suggette a’ monaci o ad altri religiosi,13 agli abati o a ’ prelati di quelle cotali religioni, o a cui si concedessono, si possono confessare. I romiti e le romite si confessono a’ preti nelle cui parrocchie hanno i loro romitorii, o ad altri, per commessione de’ vescovi loro. Il papa puote eleggere per confessoro chiunch’egli vuole. I cardinali, se sono legati, somigliantemente possono eleggere confessoro: se sono nella corte, si debbono confessare dal papa o dal penitenziere, o di licenzia del papa [p. 123 modifica]eleggere confessoro. I cappellani e gli altri cortigiani, se sono della famiglia del papa, si debbono confessare dal penitenziere del papa: se sono della famiglia de’ cardinali, si debbono confessare di licenzia de’ loro signori14 che hanno cura di loro, o di licenza del papa o del sommo penitenziere. I patriarci, arcivescovi, vescovi e minori prelati esenti,15 concede la ragione che si possano eleggere confessoro. Gli altri prelati minori che non sono esenti, si debbono confessare da’ vescovi, o, di licenzia del papa o de’ vescovi, eleggersi confessoro. Gl’imperadori, i re, i principi, signori secolari, s’egli hanno privilegio del papa, possono eleggere confessoro: se non, s’egli hanno principale abitazione in alcuna città più che nell’altre, si possono confessare al vescovo di quella cotale città o al prete parrocchiano; ma s’egli hanno abitazione o casa in diversi luoghi, e non appare qual sia principale, possono confessarsi al prete parrocchiano dov’è la loro abitazione: ma meglio è e più sicuro, che di licenzia del vescovo o di più vescovi, se in più vescovadi hanno le loro abitazioni, s’eleggano confessoro. Coloro che certa parte dell’anno dimorano in una parrocchia e certa parte nell’altra, si debbono confessare da quello prete nella cui parrocchia intendono di rimanere. Coloro che mutano abitazione di parrocchia in parrocchia, si debbono confessare dal prete della parrocchia dove vanno ad abitare. Ed è un altro caso nel qual conviene che l’uomo sia prosciolto d’altrui che dal proprio prete: e questo è quando alcuno commettesse alcuno eccesso fuori della sua parrocchia, per lo quale fosse escomunicato: in questo caso conviene che vada a farsi prosciogliere al prelato che lo scomunicò; o sia escomunicato nominatamente o in genere, come si suole fare per furti o per simili cose, quando non si sa chi sia stato il [p. 124 modifica]malfattore. Detto chi dee essere il confessoro, è da dire chente e quale16 essere dee.

Note

  1. La stampa antica, plausibilmente: laico.
  2. Il Manoscritto: dura tanto.
  3. Ediz. 95 e 85: parrocchiani; 25: parrocchiali.
  4. Ediz. 95: debbesegli; deesegli; 25: dégli.
  5. Il Testo nostro: dovesse.
  6. Così nel Codice e nelle più antiche stampe; ma in quella degli Accademici: e se la licenzia non potesse avere, allora è licito di confessarsi da qualunque prete potesse ec.
  7. Ediz. 95 e 85 parrocchiani.
  8. Concordemente le stampe: molti sono.
  9. Cioè, nella corte di Avignone, dove i pontefici sedevano fino dal 1305.
  10. Ediz. 95: che sono commessi loro.
  11. Così nel Testo e in tutte le stampe: ma sembra che sin ab antico fosse stato qui omesso a tenore, o simil cosa.
  12. Così, e non mansionati (che il Vocabolario non registra), leggono ancora il Salviati e gli editori del secolo XV.
  13. Avvertiamo di aver qui seguita la lezione, sopra tutte più chiara, della stampa del 25.
  14. Nel Manoscritto: del cardinale, si debbono confessare di licenza del loro signore; male accordando col seguente: che hanno.
  15. Il medesimo, qui ed appresso: essenti; e la stampa del primo secolo: exenti.
  16. L'edizione del 95, qui e nel titolo che poi segue: chi e quale.