Pensieri e discorsi/L'Eroe italico/VII

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L'Eroe italico - VI L'Eroe italico - VIII
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VII.


O giovani, io so il dramma segreto delle vostre anime; e lo so perchè l’ho provato e lo provo. Giovani lavoratori delle arti intellettuali e giovani lavoratori delle arti manuali, è questo.

Prima ancora che voi abbiate determinato qual arte scegliere, prima che sappiate fare l’arte che non vi nutrisce ancora; voi, gli uni e gli altri, già pensate quale ha da essere il vostro pensiero nelle questioni che dividono gli uomini, volete stabilire quale ha da essere il vostro posto nelle lotte che inimicano gli uomini. Non ve ne rimprovero: non se ne può forse fare a meno, e io lo so e tutti lo sanno. Voi, nella vostra felice età, non cercate ora se non l’idea più generosa. Ponete il problema così: Come e dove si può essere più martiri e più eroi? Il dramma comincia.

Dice una voce che ha la soave persuasione della voce materna: “Sii fedele, e ama ciò che io amo„ o (e la voce è allora tenera e profonda) “ciò che amai! Sii forte e professa alla luce del sole la tua religione, che altri beffeggia, deridendo la speranza che tu hai, di rivedere i tuoi morti! Sii generoso, e sta coi vinti!„

E dice un’altra voce, che ha il furore della tempesta: “Sii giusto, e pensa a quelli che soffrono! Guarda che raspano la terra, che scavano sotterra, che picchiano sul ferro e sul fuoco, che non hanno mai riposo e hanno sempre fame! Guardali legati dalla catena, non sempre invisibile, dalla necessità sociale, alla gleba, all’incudine, alla gogna, al ceppo! [p. 208 modifica]guarda quant’è il sudore della lor fronte, e come piccolo è il pane che bagnano con esso! guarda come iniquamente da loro si esige che sian buoni, quand’essi, soffrendo non possono veder se non cattivo intorno a loro! guarda come stolidamente si lascia che non sappiano nulla e si pretende poi che sappiano appunto questo, che essi devono rispettare la società che li trascura o li rinnega! guarda come assurdamente non si fa nulla per toglierli dal fango o si fa qualche cosa per gettarveli e per tenerveli, e si pretende che siano puliti!„

E la voce continua col soffio dell’uragano: “Sta coi deboli e con gli oppressi! Unisciti a quelli che si uniscono! Senti il grande scalpitìo sordo dell’universale esercito degli scalzi? Sii generoso, e va coi tuoi fratelli infelici!„

E dice un’altra voce, che è annunziata da squilli di tromba arrochiti dalla lontananza: “Sii grato, o giovinetto! Ricordati, appunto, che giorno è questo. Se tu puoi deliberare ora che cosa tu voglia essere, e se tu potrai, per la tua parte, far le leggi cui ubbidire, e scegliere gli uomini che ti governino, fu per noi! Noi abbiamo combattuto per te, per voi, nostri figli e figli dei nostri figli; e ora che non avete più bisogno di noi ci rinnegate? Ed è poi vero che non avete più bisogno, non di noi morti, ma del nostro ideale vivo? Voi credete chiusa la nostra missione storica, e impazienti, in così pochi anni, d’essere un popolo unito e singolo, aspirate a fondervi nella grande umanità... Ma se non formate nemmeno tutto e intero quel popolo! E poichè la terra patria non basta più ai suoi abitatori, e ogni popolo si spande dove, nel mondo, c’è posto per lui, e specialmente [p. 209 modifica]a voi non basta la terra, e specialmente voi vi spandete dovunque sia lavoro e martòro; vedete: gli altri popoli, che sono tutt’altro che stanchi d’essere uniti e singoli; anche dove le braccia che lavorano son nostre e nostra è la lingua nella quale là si geme e si piange, là piantano la loro bandiera e intimano le loro leggi e impongono la loro lingua... E la nostra missione storica è finita?„

E la voce s’appressa, e gli squilli chiareggiano, e passano ondate di guerrieri, ora nere, ora vermiglie: il flutto alivolo dei bersaglieri, la striscia di sangue dei garibaldini.

“Quel che volete, o figli e figli de’ figli! Ma è un grande ideale, quello per cui si muore! quello per cui si è innocenti quando s’uccide e si è contenti quando si è uccisi! E ora quell’ideale è morto? Non c’è più la guerra? Fosse!... Ma che fa laggiù Dewet?... Se uccide, è innocente; s’è ucciso, è felice, e sì quando sarà ucciso e gli scaveranno la fossa, l’impero britannico sarà più grande che mai e si estenderà, oltre che nell’Europa, Asia, America e Australia, anche in Africa, perfettamente da Alessandria al Capo; ebbene quella fossa sarà più grande di quell’impero!„

E la voce si fa sempre più vicina e gli squilli raddoppiano, e si sente lo scalpitare dei cavalli, e suona la fanfara di Filiberto, e passa Vittorio Emanuele. “Fioeui, qualche cosa ho fatto anch’io, credo! Re ho sfidato tutte le Corti di Europa, cominciando dai miei primi parenti. E infine, scendendo stivalato da cavallo, mi sono andato a mettere a sedere, imperturbabile, là, dove nessuno voleva che andassi, nella Roma dei Cesari e dei Papi. E ci sono restato! Fioeui, vi raccomando mio figlio, buono e forte!... „

[p. 210 modifica] Dov’è suo figlio?

E passa una raffica ardente che travolge tutto in un anelito infinito d’amore e di gloria; passa la bandiera tricolore d’Italia che ci rapisce in alto, tra mille grida — Alpi! Mare! Goito! San Martino! Varese! Calatafimi! Custoza e Lissa... Mentana e Porta Pia! Fratelli Bandiera! Pisacane! Mazzini! Cavour!... — E noi vediamo due cavalieri giganti, uno fosco come il destino, l’altro rosso come la vita e il sangue, che di là della vita e del destino tornano a incontrarsi e a stringersi la mano nel cielo della patria.