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[p. 410 modifica] un bene, cioè felice da vero. Ma felice da vero non la rende altro che il falso, ed ogni felicità fondata sul vero è falsissima, o, vogliamo dire, ogni felicità si trova falsa e vana, quando l’oggetto suo giunge ad esser conosciuto nella sua realtà e verità.


*   Ho veduto le lezioni di un tedesco, il sig. Hufeland, dell’arte di prolungare la vita, lezioni dettate da lui per una cattedra ch’egli occupava, dedicata espressamente a quest’arte. Prima bisognava insegnare a render la vita felice, e quindi a prolungarla. Infelicissima com’é, stimerei molto piú chi m’insegnasse ad abbreviarla, perché non ho mai saputo che sia degno di lode e giovi al pubblico colui che insegna a prolungare l’infelicità. Invece di fondare queste cattedre che sono al tutto straniere, anzi contrarie alla natura dei tempi, i principi dovrebbero proccurare che la vita dell’uomo fosse piú felice, ed allora saremmo grati a chi c’insegnasse a prolungarla. Se la durata fosse un bene per se stessa, allora sarebbe ragionevole il desiderio di viver lungamente in qualunque caso.


[p. 411 modifica]*   Nominando i nostri antenati, sogliamo dire: i buoni antichi, i nostri buoni antichi. Tutto il mondo ha opinione che gli antichi fossero migliori di noi, tanto i vecchi, che perciò gli lodano, quanto i giovani, che perciò li disprezzano. Il certo