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Il bucato della bambola

../Il corredino della bambola ../La camera dell'Emilia IncludiIntestazione 26 novembre 2013 100% Letteratura

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Il bucato della bambola.


Quella benedetta figliuola di stucco insudiciava un monte di roba, e la sua mammina era sempre a mutarla e a rimproverarla. Ma erano parole buttate al vento! La bambola aveva il vizio di [p. 138 modifica]star sempre in terra e d’insudiciarsi perciò le sottanine, le mutande, le calze e perfino la camicia! Aveva il vizio di armeggiar colla brace, colla cenere, con mille intrugli dai quali una bambola per bene dovrebbe star sempre lontana... Aveva il vizio... Ma a che stare ad enumerarvi tutti i vizi di questa personcina sciatta? Voi tutte, o bambine, che avete la disgrazia di possedere qualche bambola di questo genere, mi comprenderete!

La povera Matilde era costretta a fare il bucato una volta la settimana: e noi la troviamo precisamente nell’esercizio delle sue funzioni. Guardatela: essa classifica i panni sudici della sua bambina di stucco: due paia di lenzuola di lino: quattro federine colla trina, una coperta di picchè col balzone di cambrì, due sciugamani colla frangia, tre berrettine da notte e un accappatoio ricamato. Sei camicie, parte collo sprone e parte collo scollo tondo, a guaìna, tre sottane, dieci grembiulini bianchi!!, otto paia di calze e una vera piramide di pezzuole, di golette e di trine.

Quando la Matilde ebbe appuntati, coppia per coppia, i fazzoletti, le calze, le golette e gli altri capi più minuti, buttò tutti i suoi panni in un conchino pieno d’acqua pura e si mise a smollarli. Smollare vuol dire insaponar la biancheria e stropicciarla affine di mandar via le macchie e l’unto.

[p. 139 modifica]Allorchè i panni furono bene smollati, la Matilde li dispose in un’altra piccola conca, elevata alquanto da terra, e forata in fondo, per lo scolo del ranno: su questa biancheria, e ben distesi sopra alcuni piccoli canevacci, la nostra mammina distese due strati di cenere bene stacciata, nella quale non si vedeva neanche un pezzettino di brace. Poi, coll’aiuto della donna di servizio, versò nella conca una data quantità di acqua bollente, la quale imbevve la cenere, filtrò a traverso la biancheria e venne a scolare fuori della conca, per mezzo del buco praticato in fondo. Sotto a questo buco, la Matilde aveva posto una conca più piccola, che riceveva il ranno, il quale rimesso via via sul fuoco a scaldarsi, veniva da lei versato regolarmente nella conca del bucato, finchè l’operazione non era finita. Per un bucato da persone grandi, bisogna durare almeno sette o otto ore, ma per far un bucatino da bambole, un’ora basta.

Dopo averli bolliti, la Matilde risciacquò i panni in un’altra conca piena d’acqua limpidissima, e messe da parte quelli destinati al turchinetto; quindi li strizzò, torcendoli moderatamente e li stese, dopo averli rovesciati, al sole.

Quando furono asciutti, li prese, li rimise in casa e fece la scelta tra i panni da stirare semplicemente, come camicie, mutande, sottane, fazzoletti [p. 140 modifica]e grembiuli: da stirar coll’amido, come goletti, manichini, gale e trine: da ripiegare, come le coperte, le lenzuola, i canevacci, ecc.

Che ve ne pare, bambine, della faccenda del bucato? Chi di voialtre si sentirebbe disposta a imitar la Matilde?