Le ultime vicende della biblioteca e dell'archivio di S. Colombano di Bobbio/Note

Note

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Testo - III
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NOTE.



1 Mabillon, Annales Benedict, I, 196; Ughelli, Italia sacra, IV, col. 950 segg. dove da la serie degli abbati. B. Rossetti, Bobbio illustrato, Torino 1795; A. Peyron, M. Tulli Ciceronis... fragmenta ecc., Stuttgardiae et Tubingae 1824, p. IV-XII; De Montalembert, Les moines d’Occident, tom, 2e Paris, 1863, pp. 449 segg., tom. 3e 1866, pp. 101 segg.; A. Dantier, Les monastères bénédictins d'Italie, tomo II, Paris 1866, p. 1-58; P. Darmstaedter, Das Reichsgut in der Lombardei und Piemonte, Strassburg 1886, p. 11, 197 seg.; F. Carta, C. Cipolla e C. Frati, Atlante palcografico-artistico compilato sui manoscritti esposti in Torino alla mostra d'arte sacra nel MDCCCXCVII, Torino, 1899, pag. 11.

2 Rossetti, op. cit. ed ivi (Ij la vita, ili) le lettere, (III) il culto di S. Colombano, del quale cfr. anche G. Casalis, Dizionario geografico... degli Slati... di Sardegna, Torino 1754, voi. II, p. 375 seg.; MoN. Germ., Epislolar., Ili, p. 154-190; Neues Archiv. f. a. d. Gk., X, p. ^2, seg.; Miss IM. Stokes, Six Monlhs in the Apennines, London 1S92, p. 109-14S, dove colla descrizione di Bobbio, la vita di S. Colombano in Italia.

3 J. Jung, Bobbio, Vcleia, Bardi. Topographisch-hislorisce Excnrsc in ]Htlheilungen fi’cr Oesterreichische Geschichtforschungcn, XX, p. 521 seg.

4 Muratori, Antiquilates Italicac, III, Diss. 43, col. S18 segg.; Peyron, op. cit., p. VI-XXXVII.

5 Peyron, op. cit., p. xxxiii seg.; O. von Gebhardt, Ein Biìcherfund in Bobbio (aus dem Cenlralblalt filr Bibliothckcnwesen, V. lleft. 8-ioj Leipzig 188S; G. Ottino, I codici bobbiesi nella biblioteca nazionale di Torino, Torino-Palermo 1890; O. Sukbxss, Handschriftett von Bobbio in der Vaticanischen und Ambrosianiscen Bibliotheck in Cenlralblalt f. Bw. XIII, Heft. I (I Vatic.j, Heft. 2, 3 (II Atìibros.). [p. 34 modifica]

6 Peyron, Op. Cit., p. iv, xxix seg.

7 Mi è caro di rendere qui publiche grazie a quel Rev. Parroco per l’ospitalità e le deferenti premure, delle quali volle esser largo.

8 Rossetti, op. cit., vol. III, p. 114 seg.

9 Nè anche il Rossetti (op. cit., p. 130) dà alcuna utile indicazione; se pur non ispiega la scomparsa d’ogni traccia della biblioteca accennando alla piccolezza del vaso che la conteneva.

10 Dico quasi intera, perchè darò in altra occasione notizia di una curiosa pergamena con una non meno curiosa sottoscrizione certamente autografa del nostro arcivescovo Ariberto, occorsami nell’archivio capitolare della cattedrale bobbiense messo gentilmente a mia disposizione da quei reverendissimi signori Canonici.

11 Non è a caso che dico offertimi, perchè li devo interamente, nè dessi soltanto, alla cortesia squisita di S. E. il Vescovo di Bobbio Monsignor Forati e del suo degno Segretario Mons. Dott. Cesare Bobbi, che procuravami anche la fotografia dell’anzidetta pergamena con molto suo disagio.

12 I tre documenti formano un sol fascicolo e sono custoditi in una cartella segnata: Parrocchia di S. Colombano. 2; il f. 1, fa da copertina e non reca che le parole Note de ce ecc.; il f. 2 ha un inventario cancellato di alcuni capi della grossa supellettile della sacristia: poi uno spazio vuoto, e non è che a circa due terzi della pagina che comincia la narrativa dell’inventario. Pur riproducendo i tre documenti quali giaciono, aggiungo tra parentesi le date comuni corrispondenti alle repubblicane. Ringrazio vivamente il mio carissimo amico e confratello Prof. Luigi Grasselli dell’aiuto prestatomi dividendo meco il lavoro e della copia e della collazione dei documenti.

13 In mezzo al foglio in alto, di 1ª mano: N. 4; in margine di altra mano contemporanea: Cette piece n’est qu’un doublè en papier libre, rédigé pour l’usage du Bureau, l’original ayant été transmis à la Direction par lettre du 21 prairial an. 11 (10 Juin 1803) n.° 75. Il testo del documento è di mano cancelleresca, le firme d’altra mano contemporanea.

14 In mezzo al foglio, in alto: N. 5 e in margine l’istessa nota che nel documento 1. Il testo è tutto di mano cancelleresca, la firma autografa.

15 Peyron, op. cit., p. xxx seg., e nell’Errata, p. 69.

16 Ottino, (op. cit., p. vi seg.) dice di dubitar molto della verità di questa nota, e che forse si trattò di stampati, non di manoscritti, se non forse sperati, ma non ottenuti; che i codici bobbiesi della Universitaria Torinese «sono in numero di 71 e più precisamente, 3 cartelle di palimpsesti, 3 buste di miscellanee e 65 codici propriamente detti». Mi pare impossibile che il Peyron si ingannasse tanto. Se egli [p. 35 modifica]ci dà una somma di almeno cento codici bobbiesi (novem supra sexaginta e supra triginta) invece dei 71 dell’Ottino, credo ciò dipenda solo dal modo diverso onde i due computano i frammenti e le miscellanee. Che del resto penso ancor io, come sembra credere l’Ottino, che gli alcuni (quosdam) codici scelti dal Peyron furono a un dipresso tutti i 69, che dice d’aver veduto.

17 Dico pare, perchè manca la prima parte del verbale, quella che conteneva l’inventario della chiesa e della sacristia, e nella quale alla data del giorno 21 fructidor s’aggiungeva certo quella dell’anno. Preferisco poi 1801 al 1802, perchè mi pare impossibile che a due soli giorni di distanza dall’apposizione dei suggelli (operazione di cui dovette certo redigersi e trasmettersi il verbale) fossero già date le lettere di sottoprefettura per la delegazione a levarli, tanto più che (come appare dal confronto tra i tenori de’ docum. II e III) a’ 9 di settembre del 1802 Bobbio non era ancora sottoprefettura. D’altra parte già dal 14 giugno del 1800 la vittoria di Marengo aveva ridato in mano a’ Francesi tanta parte dell’Alta Italia, e Bobbio per la sua stessa vicinanza e per la importanza strategica (cfr. Jung, l. c., p. 523, nota 1), dovette subito risentire il contraccolpo della memoranda battaglia; e si sa d’altronde con quanta sollecitudine per l’avidità di tutto prendere si impiantasse dovunque la così detta amministrazione repubblicana. E forse questa funzionava a Bobbio nel settembre del 1800; ma se fin da quest’anno furon apposti i suggelli a S. Colombano, troppo a lungo li avrebbe lasciati intatti l’avidità dei vincitori. Qualche ricerca d’archivio potrà portare piena luce su questo punto, di importanza, del resto, molto relativa.

18 Il Rossetti (op. cit., III, p. 130) sembra accennare a locale diverso per l’archivio, e dice espressamente che i manoscritti superstiti erano conservati nell’archivio: il nostro inventario esclude l’una e l’altra cosa.

19 Le cartelle dell’antico archivio bobbiese portano la segnatura: Abbazie S. Colombano. Bobbio; non sono tutte numerate, od almeno non erano. Qualche cosa riguardante Bobbio si trova pure sotto le segnature Real Casa. Lettere di Vescovi. Bobbio; Materie ecclesiastiche; Vescovado di Bobbio; Paesi di nuovo acquisto. Bobbiese.

20 Non mancano certo i frammenti nelle cartelle bobbiesi dell’Archivio di Stato torinese, e specialmente nelle ultime della serie; ma sono cose, se non erro, di poca importanza, i più liturgici, alcuno di gius civile, nessuno antichissimo. Ricordo, perchè a qualcuno può giovare, un frammento della vita di S. Martino adibito già come coperta ad un Registrumm curie novalicii, un breve frammento del Liber Pontificalis di qualche interesse paleografico, come anche un frammento dei Dialoghi di Gregorio M. del secolo X-XI. Un largo frammento [p. 36 modifica]di commentario all' Eneide del secolo XIII si trova nella cartella se,i;nata A, /j. G../S, in principio ed in (ine di Rcgis/iiiiii ins/ rmnrti/oriim ab anno ió ad /s/S- ’<de ajjjiena la fatica di accennare, sparsi in diverse cartelle, alcuni documenti di rapiiorti politici ed ecclesiastici tra Milano e Bobbio nel secolo X’. Di qualche interesse, almeno locale, sono alcune tra le moltissime carte rì.q:uardanti Bobbio stessa. Così nella cart. 51, in un carte.nsio relativo al priorato di Bardolino nel veronese spettante a S. Colombano, l’itinerario da Verona a Bobbio nel 1477: Questa sera la via.... Da Corna a Mantua, da Manina a Parma, da Parma a Borgo Samclonino, da Borgo Samdonino a Piasenza, da Piasenza a Riverga, da Riverga a Traueni, da Traueni a Mezzani, da Mezzani a Bobio. Nella cart. 56, del 1497: J)h’isioiies Civifatis (Boòù’K’sìs) per vocahula et nomina vel co_s:noniina speeiaìia scciinditin votitiam quani nos in prcscntiarum liabcre polimnus in quodaui libro antiquo signato B. e. 3 >. Nella cart. 59, tiell’anno 1516: Cappelle et altari che erano nella chiesa di.S. Colombano di Bobbio. Capelle da costruirsi nella ricostruzione con una curiosa notizia sulla divozione delle donne bobbiesi all’altare Sanctae ISIariae de canipaniti. Nella cartella 64, del 1574: Visitatio ccelesiae Sancti Columbani, cioè della chiesa e della sacristia. Nella cart. 6. 13 C. 48 il Libro degli Officiali del Monasterio di S. Columbano di Bobio dall’anno 1645 con suseguenti e viene fino al 1754. Vi figurano sempre i deputati all’archivio ed alla libreria: in fine al volume un inventario della supellettile del monastero del 1699, e della Sacristia del 1704 e del 1722. Nel mazzo primo Paesi di nuovo acquisto. Bobhiesc, una piccola rivelazione, che forse spiega come il sindaco di Bobbio e il giudice di pace meritassero la fiducia dei repubblicani francèsi nella liquidazione di S. Colombano. In data di Bobbio 2 gennaio 1770 i Reggenti Giovan Battista Della Chiesa e Manfredo Ballarini si rivolgono al ministro insinuando un progetto di pubbliche scuole mediante la soppressione del monastero dei Banedettini, con numerose memorie di fatto e riflessioni in favore della città; insinuazioni e memorie ripetute a’ 20 di marzo dello stesso.anno da Giuseppe Ballarini subentrato agli scaduti Reggenti..Se non che una mano coeva cancelleresca notava a tergo della prima carta: Non se n’è fatto u.so. Ed è pur ricordato nella stessa cartella, come nel 1.S22 si trattasse per il ripristino dei Benedettini.

21 Credo che il volume sia ora custodito a jiarle: lo accompagnava una copia coeva in volume di formato alriuanto minore.

22 La prefazione del Peyron (op. cit.) porta la data: IV kal, iun. MDCCCXXT, ed egli aveva già messo l’occhio e la mano in immensa farragine tabularii Bobiensis fp. xxix-xxx), e questo nell’archivio di Stato (p. 641. [p. 37 modifica]

23 Non credo però tutti quelli che figurano nell’inventario descrittivo della biblioteca, e dei quali sarà parola più avanti.

24 F. Ughelli, Italia sacra, iv, col. 925 esegg: G. Cappelletti, Le chiese d’Italia, Venezia ÌS57, xiii, p. 615 e seg.; F. Savio, Gli antichi Vescovi d’Italia dalle origini al 1300, ecc., Torino, 1899, pagine 158-174

25 L. M. Hartmann, lìcìucrkungen zu den àlteslen Langobardischen Kdnigsurkundcn (in Neues Archiv f. ci. d. G. xxv. 608-617).

26 Pevron, op. cit., p. XXXIII e seg., 1-228.

27 È il codice segnato F. IV. 12 poco bene descritto daH’Ottino a pag. 28 e seg. dell’op. cit., appena accennato dal Peyron (op. cit., p. 220), e già prima senza alcuna descrizione pubblicato in parte dal Rossetti (op. cit. Ili, j). 14S e segg.). Nel verso del f. 116 si legge, scritto di mano del sec. XVI: MDLXXV visuni fiiit hoc oppiis (sic) a D. Callisto Robbiensi: e pure nel verso di un semifoglio di risguardo avanti il frontispizio, dell’istessa mano, credo: Ego D. Callixtus a Bobio vidi onmcs libros sub anno 7575 / dove è anche memoria di due monaci di Luxeuil venuti a Bobbio nel 1620 a visitare il corpo di S. Colombano. Tutte queste note, nè queste soltanto, vennero dall’Ottino omesse; omissione per vero molto meno spiegabile in lui che nel Bethmann (Archiv f. à. d. Glc. v, pag. 611, n. 19) e negli Editori del magnifico Aliante paleografico-artistico (v. sopra nota i).

28 Peyron, op. cit., p. xv.

29 V. sop. nota 9.

30 A Milano nelle soppressioni coeve a quella di l’obliio si seguiva la pratica (seguita anche più recentemente) di non conliscare nè le supellettili nè i libri che i singoli monaci si tenevano in camera. La Braidense deve a questa pratica la pregevole raccolta dei manoscritti del P. Ermete Bonomi dei benedettini di.S. Ambrogio nostro (v, Arch. Stor. Lomb. xxii, fase, vi, 1095). Ho ragioni per credere che anche l’Ambrosiana trasse da quella pratica qualche vantaggio. Non sarà inutile il notare che, a concludere dal verbale di vendita, la stessa pratica deve ritenersi seguita anche coi benedettini di Bobbio.

31 Noto che anche l’intermediario del Card. Federico Borromeo per l’acquisto di codici bobbiesi in favore dell’Ambrosiana, andato a Bobbio in servizio di avanscoperta, in calce ad una lista che alla sfuggita potè fare dei libri veduti (pubblicata da O. Seebass, 1. e. II, p. 57 egg.), notava: Sono altri pezi (non pepi come, forse per error di tipi nel luogo citato, S. 1. e.) de libri in alcune casse, ma poichè questi Padri non me gli hanno mostri, ne io ho preso ardire di vederli contra voglia loro. Così i buoni Padri glieli avessero mostri... e ceduti!

32 Vedi sop. nota 16. [p. 38 modifica]

33 Corto lllitler era od ò il nome di molte famiglie inglesi, ed anche cattoliche, dalle qnali uscirono anche al jnincipio di (|uesto secolo uomini abbastanza insigni. I nostri documenti hanno lllitZ/ler; ma credo elle i|ueH7/ sia slata messa lì, come si metteva in iirot/zonotaro e in protZ/omartire, quasi a mettere in maggior rilievo l’origine straniera della parola. E infatti il sullodato monsignor Bobbi, vicario generale di Bobbio, mi assicurava che quel nome è lassù allatto estraneo e sconosciuto, anche per quanto risulta da’ registri.

34 L. Delisle:, Caòiticf des 3fatinscrils li, p. 341, segnala due codici conie provenienti da Bobbio il 13246 ed il 1359S mss. lat.; ma poi chiudendo la descrizione del jirimo (1 e. IH, p. 225), dice che non direttamente da Bobbio, sibbene dall’abbazia di S. Germain des Près esso è jiervenuto alla Nazionale. La stessa -via tenne il cod. 1359S (Cfr. P. E. Peyol, Descriptions bibliographiques des manuscrits.... du livre De imitatione Christi. Paris 1.S9.S, p. 115 e segg). Un illustre codice bobbiese è nella Nazionale di Napoli; ma come vi pervenisse da molto tempo avanti dice il Gehbardt (1. e, p. iS e segg.); il quale dice pure del manoscritto bobbiese di Wolfenbiìttel (1. e, p. 62 e segg.) testè descritto ed illustrato da O. v. Heinemann {Katalos; der Handschriflen der herzogl. Bibliothck zu Wo/Jeubi’iiiel, voi. VI, X’olfenbiìllel, 189S, p. 124 e segg.) il quale ne ritesse (p. 128) le vicende. Due codici bobbiesi sono conservati nella Biblioteca Palatina di Vienna, ma non direttamente da Bobbio sibbene dal monastero napoletano di S. Giovanni di Carbonara li dice venuti I’Endlicher: (Catalogus codicum p/iilofiicorwn laiinorum Eibliotccae Palatinae ]’iiidobonensis. Vindobonae, 1836, p. 215 e 224) al quale rimandano le Tabulae codicum marni scriptorum, ecc. (Vindobonae 1S64, p. 2 e seg.j. Dell’epoca della venuta non si parla nei luoghi citati, ma il Gebhardt d’uno dei due codici viennesi (1. e, p. 54 e segg.) mostra che già fin dai primi anni del secolo XVI avevano abbandonato la biblioteca di S. Colombano. Quanto al codice dell ’Escuriale che si vuole bobbiese (cfi’. Nctics Archiv.f. ci. d. Gk., V, p. 6221, esso fu comprato a Pavia nel 1521.

35 Lo segnalava il eh. Dott. H. Schenkl come esistente in quella Biblioteca Universitaria sotto il n. 3334 {Dibliotheca Patruin Latinorum Britannica, ir Bd, I Abth, Wien, 1897, p. 79): 3334, s. xv. Ejnstolarium (Liber S. Columbani de P>obio). L’inventario pubblicato dal Peyron (op. cit., p. 52) tra i volumi ad cultum divinum sive ad chorum pertinentia registo tre epistolaria; ma antiqua li dice il titolo comune; anticum ciascimo è detto nelle brevi descrizioni, e di più portavano i numeri d’inventario 23, 24, 25, numeri non sempre, ma di regola riportati nell'inventario dai codici stessi. Mi par quindi più probabile che l’epistolario di Cambridge sia di quei codici, ai quali accenna il Peyron (1. c., p. XXXI, nota (I), tanto recenti, che non poterono [p. 39 modifica]prendersi nell’inventario stesso. Intanto certa cosa è che la Universitaria di Cambridg-e è da aggiungere alla lista già abbastanza lunga dei luoghi fra’ quali andarono dispersi i codici bobbiesi (cfr. Gottlier in Ccnlralblatl fiìr Bibliothckemvcsen, i<St,>7, p. 446 e segg.; ma anche O. von Gebhardt, 1. c. p. 6S e seg., e Skehass, ibid., 1. e. iii, p. 76 e segg.). Una carta geograiìca facilmente venuta dal monastero di Bobbio dice il Pevron d’aver veduto nella biblioteca di Parma (op. cit., p. 173). Giova qui ricordare che alla biblioteca dei benedettini di Parma migrarono pure due volumi del Carisio, due volte, nel 17S3 e nel 1792, abbate di S. Colombano (ibid., p. xv). Un’altra biblioteca accenna il Pevron (ibid., p. 2011, ma non nomina, come detentrice di un codice certamente bobbiese delle Sentenze di Isidoro e portante il numero di inventario 99. Tanto più strano appare che sotto tal numero egli descrivesse (1. e, p. 195 e segg.) il cod. ambrosiano C. 77.Sup. già bobbiese sotto il numero 5S (benchè non risponda al 5S dell’inventario) che il Peykon stesso accenna (1. e, p. 201) e chiaramente si legge al f. 5 del codice ambrosiano. È scambiando il 5 per 9 che il Reiffekscheid: iBihliothcca Pairuiii latiuonnii i/alìca, II Bd., Wien, 1871, p. 71) lo dà per scritto sotto il numero 98; scambio occorsogli anche a proposito del codice ambrosiano D. 519 Inf. già bobIjiese 51, (cfr. Seeiìass 1. e, p. 64, nota (i)), dove nello scambio gli tenne poi dietro il Gottlieb (1. e, p. 458).

Si sarebbe tentati di identificare l’Isidoro dell’anonima biblioteca del Peyrou con l’Isidra’o ’oubbiese che il Gottlieis diceva ancora appartenente alla raccolta Morbio (Centralblail, f. Biv., 1887, p. 4461, e senza dubbio è cpiello che comparve con altre preziose cose (p. es. un frai>inc7i/iiin gromaticoruvi) sotto il n. 479 del catalogo redatto per la vendita di quella raccolta fatta da List e Francke a Lipsia, a’ 24 e segg. di giugno del 1889. Ma il Meyer, che i:)er quella parte redige il catalogo, dice: Isidori Origines; il Peyron invece: Isidori senieniiarum libros tres. Uno scambio da parte del Peyron non è impossl’ile, tanto più che parla di cosa veduta altrove e, pare, per sola reminiscenza.

Sarebbe ad ogni modo molto utile il sapere precisamente dove è andato a posare il prezioso volume, che il eh. Dolt. L. Frati (/ codici Morbio della R. Biblioteca di Brera, Forlì, 1897, p. 9) dice passato in proprietà privata per 2050 marchi; nè più si dice là donde sembra attinta questa notizia {Ccntralblatt f. Bw., vi, (1889), p. 376). Come si vede, vi sono ancora dei desiderata, e non aveva tutti i torti I’Ottino di domandare, ancora nel 1890, {Giontale di Erudizione, voi. II (1S90), ]:>. 257): Oltre la ’aticana di Roma, l’Ambrosiana di Milano e la Nazionale di Torino, quale altra biblioteca pubblica o privata, italiana od estera,, possiede codici o frammenti di codici già appartenenti al celebre monastero di S. Colombano in Bobbio. [p. 40 modifica]

36 Per esempio, l’elenco dei codici Ambrosiano-bobbiesi redatto dal Sekhass (1. e, p. 64-66) e che ne numera 71, deve portarsi a 73, lioventlosi ajrginnijere due altri manoscritti, che or stanno sotto le seijnature ambrosiane: I, 246, Inf. e Q. 32. A ciascuna di ijucste segnature risponde una miscellanea della di cui varia composizione non voglio né devo qui occuparmi, limitandomi a dire lo stretto necessario degli elementi che provengono certamente da Bobbio, provenienza sfuggita ai cercatori di cose bobbiensi e che non ho jiotulo indicare ad altri, perchè io stesso ignoravo.

Ailunque nel foglio 4 del cod. O. 32, sotto la segnatura solita a’ codici bobbiesi e della solita mano: Libcr Sdì coluìiibani de bobio, comincia un trattato che la rubrica annuncia cosi: Incipit tradaius JMagistri G. perffiuiirtisis contra catharos ci pasatios iti quo conivi cofifmidit crrorcs aucioritatibiis et arguincntis. E comincia il trattato stesso: Inani quideni ac pernieiosa scolasticarum qiicstionuni subtililatc posiposita, e continua fino al f. 21 dove finisce mutilo: ipsc crai deus adopliiius ci non deus natnralis. Solo (con segno di abbreviazione in lo), col richiamo al principio della pagina che seguiva: diciimts quod super ius. La scrittura occupa un quinterno ed un quaderno membranacei di 0.23 X0.16 circa, divisa in due colonne, di mano del secolo XIV, o delta line del XIII. La confutazione contro i catari e intera, quella contro i passaci o passagini comincia solo alla quart’ultima colonna. Si può dunque dire con tutta sicurezza che è questo il secondo degli opuscoli ambrosiani de’ quali parla il Muratori nel tomo v delle Anliquit. Hai. (col. 150J, non trovati dal Seebass (1. e, p. 63, notali)]; e precisamente quello designato come bobbiese dal Muratori stesso. L’altro opuscolo del Muratori si trova nel cod. Ambros. S. 27.Sup.; ma non è bobbiese, né il Muratori lo dice tale, come sembra credere il sig. Seebass. L’identità del nostro frammento col numero 155 dell’inventario bobbiese (Pevron, op. cit., p. 25) non credo possa essere revocata in dubbio dalle piccole divergenze tra esso e quello che ne da il Muratori. È evidente che que?;ti non vuol darne che un saggio frettoloso, e si sa del resto con che magnifica negligenza da gran signore procedesse talvolta quel vero Creso dei documenti antichi; e d’altronde nell’Ambrosiana dove egli espressamente dice d’averlo trovato, non v’è altro codice bobbiese o non bobbiese, che risponda alle sue indicazioni. Dirò piuttosto che, a mio avviso, nello stato attuale, cioè di miscellanea, il cod. Q. 32 si trovò anche a Bobbio. Tutto lo dice a chi guarda il codice, tranne i fogli di risguardo, aggiunti, si vede, qui; e l’inventario del 1461 mi sembra lo lasci abbastanza intendere mentre nota: «In hoc volnniinc in/rascripta contincntur videlicet: /§$. G. pergavtensis Iraclalus conlra palliar cnos et pasagios ittcoinplclus. Ed qucdavi alia. Salis parvi voi. Invece nulla dice quando precisamente esso sia venuto all’Ambrosiana, senonchè la presenza [p. 41 modifica]delle antiche segnature danno il diritto di crederlo venuto cogli altri o ben poco dopo, al principio del secolo XVII.

Il cod. I 246 Inf. che contiene l’altro bobbiese, è una miscellanea come tale piuttosto recente. Il bobbiese è inserto al quinto posto, ed occupa i fogli 72-102, tre quaderni ed un duernio membranacei di 0.21 X 0.15 preceduti da tre fogli cartacei sovraggiunti qui all’arrivo del codice, arrivo che nel terzo di questi fogli (74 della miscellanea) è espressamente e direi solennemente detto con la formola che distingue i nostri codici bobbiesi, fatte pochissime eccezioni), — cfr. SEEBASS 1. C. II, p. 61 — essere avvenuto nell’anno 1606, l’anno della grande e preziosa accessione bobbiese all’Ambrosiana. La nota è di mano contemporanea, come contemporanea, ma diversa è la mano che nel foglio stesso dando all’opuscolo un titolo, scrisse: libellus de Virtutibus ad mores pertinentibus; e un’altra più recente, forse del Muratori stesso: Sive compendium moralis philosophiae. Il f. 73 ci dea le varie segnature che ebbe già l’opuscolo, isolato, nell’Ambrosiana, l’ultima era I. 64 Inf.; segnatura ripetuta nel verso del f. 72, dove un’altra mano pure del principio del secolo XVII scrisse: Hunc codiccìii de virtutibus ad luores perlinciitibus qui ex bibliothcca Bobii eie. L’inizio dell’opuscolo è JMoralium dogma philosophoruui per limita dispersuin voluitiina, con discreta iniziale a due figurine; il fine: ut sedeat cum principibus et soliutn gloriae sedeat, con che si chiude una duplice invocazione finale, preceduta dalla rubrica: Explicinut ysagoge in mor aleni phylosopìiiain (il vero titolo, pare, dell’opuscolo), e questa dalle parole: cum ante ocnlos verseinur iudicis cuncta cernentis. Lo scriba dopo le solite giaculatorie, diciam cosi, dell’arte sua, aveva scritto anche il nome del padrone ])rimitivo del libro, una parola in rosso ed una parola in nero: ora si legge soltanto: Iste libcr est domini de laudn. né credo possa più leggersi il resto, troppo profondamente raschiato. L’opuscolo, un dialogo in cornice di sogno o visione, mi richiama il gusto e il modo dell’Albertano da Brescia ben noto agli studiosi della nostra letteratura umanistica (cfr. Mazzucchelli, Gli scrittori d’Italia, I. I, p. 294 segg.); ma tra le cose di lui edite non lo trovo, ed anche per questo è molto probabile ch’io torni sull’uno e sull’altro de’ nostri due bobbiesi.

Intanto mi obbliga ad una breve giunta la nota: Liber Sancti Columbani de bobio, onde il primo dei due codici è insignito. Giustamente osservano gli ili. Editori deìV Atlante paleografico-artistico (p. 6, tav. vii) non essere facile stabilire l’età di quella nota e delle consimili che nonostante l’arcaicità della forma delle lettere il Reiff-erscheid volle attribuire al secolo XV. Il prudente riserbo di uomini così competenti, dev’essere un grave ammonimento per chi fosse tentato a facili e corrive conclusioni; ma non mi pare di dovermi mettere nel numero pur pensando che la ormai vecchia questione sia matura ad [p. 42 modifica]una soluzione almeno parziale. La scrittura del codice, come ho detto sopra, è del secolo XIV; si potrà tult’al più risalire alla fine del secolo XIll; ma non più in là, come si può vedere e giudicare dall’annesso facsimile. Ora la soprascritta Libcr sancii coluntbani de bobio è, paleograficamente parlando, in tutto simile e coeva alle eguali o quasi uguali diciture [Est Seti e. d. C, oppure: Esl monastern s. e. d. C, od anche: Is/i’ ìiòcr est nioiiasterii s. e. d. C.) che si leggono quasi senza eccezione nei codici bobbiesi anche più antichi. Non poteva, naturalmente, venire in questione la dicitura più lunga, che pur.si trova in quasi tutti i codici bobbiesi,, nella quale si fa menzione dei benedettini di S. Giustina di Padova, trapiantati, come si sa, nel monastero di S. Colombano ormai quasi deserto di monaci nel gennaio 144.S (Rossetti, op. cit. ni, p. 145Ì. La soprascritta in questione è dunque meno antica di quello che a prima vista può sembrare, e l’arcaicità dei suoi caratteri vuole attribuirsi ad abitudine od a studio di imitazione. AU’istessa conclusione mi conduce l’esame dei codici della Vaticana e della Universitaria torinese.

Se ho da dire intera la mia sincera opinione, dojjo un attento esame dell’inventario del 1461 (cod. bobb. torin. F. iv, 29) mi pare che la soprascritta medesima sia di ben poco anteriore all’inventario. Io mi figuro che le cose andarono cosi: al momento in cui il monastero e con esso la biblioteca di S. Colombano passava ai benedettini di S. Giustina, qualcuno dei pochi superstiti, a memoria del passato ed anche a documento di consegna scriveva, ne’ codici la nostra dicitura, e quelli di S. Giustina quasi a presa di possesso, vi ponevan la loro. Le due operazioni si seguirono dappresso, e forse, si toccarono e si riunirono nella stessa mano.

Fra i codici bobbiesi ambrosiani ve n’è qualcuno particolarmente atto a ingenerare una tale persuasione, come per es. quello segnato M. 67 Sup. dove e la dicitura e il numero (136) che l’accompagna si presentano proprio come scritti contemporaneamente e dalla stessa mano. Ora il numero appartiene certamente all’inventario del 1461.

Ne deve far maraviglia ch’io abbia detto qualcuno, e non tutti egualmente i nostri codici bobbiesi. L’operazione dello scrivere in tutti i codici di S. Colombano, nel secolo XV ancora tanto numerosi, la dicitura che ci occupa dovette evidentemente richiedere un certo lasso di tempo ed essere più d’una volta ripresa prima di essere condotta a termine. E questo spiega, se non erro, abbastanza le lievi varietà nelle parole, nei tratti, nell’inchiostro della soprascritta dall’uno all’altro codice. È anzi certo che qualche volta altre mani sono subentrate alla solita. Questo è evidente nel codice Ambrosiano bobbiese A. 135 Inf. (il 112 dell’inventario), come anche nel pur bobbiese M. 32 Sup,, che pel contenuto risponde bensì al numero 125 dell’inventario, ma [p. 43 modifica]e internamente ed esternamente porta scritto il numero 12 sfuggito al Dott. Seebass (1. e. iii, p. 65). Forse il 125 vi era pur scritto, ma fu raschiato così che nessuna certa traccia è pii!i leggibile.

E non è questo il solo caso in cui i numeri presentino qualche difficoltà, e per questo parlavo di soluzione parziale della questione.

Ho rilevato qui e altrove qualche lieve inesattezza nel lavoro, del resto tanto buono e diligente, del Dott. Seebass. Mi permetto di aggiungere (cfr..Seebass 1. e, p. 62) che il codice Ambrosiano D. 20 Inf. non è dato dai cataloghi della Biblioteca come proveniente dal monastero di Bobbio, sibbene da quello milanese di S. Pietro in Gessate nel sobborgo di Porta Tosa, pur dei benedettini di SM Giustina, e fin dall’anno 1603. Ai medesimi appartennero anche altri codici ambrosiani, per es. X. 6 Sup. ed A. 65 Inf. pervenuti alla nostra biblioteca negli anni rispettivamente 1822 e 1825, e forse direttamente da Padova, dove quei monaci avevano la sede principale. Quanto al codice G. 58 Sup. è vero che i catalogi dell’Ambrosiana non lo segnalavano per bobbiese, ma come tale l’aveva già descrìtto il Peyron (op. cit., p. 179).

Per finire, il codice Ambrosiano H. 68 (cfr. Seebass, 1. e, p. 64) è bensì bobbiese, ma nell’Ambrosiana appartiene all’ordine superiore, non all’inferiore.