Le feste di San Giovanni in Firenze/Parte prima/Capitolo VIII

Capitolo VIII

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§ VIII

Tacciono gli storici delle feste di S. Giovanni in tempo dell’assedio. È certo che tolta ogni comunicazione, non vennero in questi anni recati i tributi e gli omaggi dalle terre [p. 31 modifica]e Castelli del dominio fiorentino. Tutti i pensieri erano rivolti alle armi; e soltanto si ha notizia che venute lettere da Luigi Alamanni che davano speranza che la Corte di Francia si sarebbe mossa in soccorso di Firenze; tutta la città credendo che qnesti soccorsi fossero alle porte, si dette inconsideratamente in preda all’allegrezza; sicché a dimostrazione di giublilo oltre le messe solenni, e il suono delle campane ordinò per la festa di S. Giovanni il giuoco del Calcio, giuoco favorito dei Fiorentini, qnale fu eseguito sulla Piazza di S. Croce: questo giuoco era in uso anche presso i romani; ed il conte Giovanni De Bardi in un suo ragionamento ne dà un lungo ed esteso ragguaglio. Consisteva questo giuoco in far passare di posta al di là dello steccato nemico un pallone gonfiato al quale si dava col pugno, col piede. Veniva eseguito in origine nella piazza in faccia alla porta al Prato, e quindi sulla piazza di S. Croce. In quest’anno a scherno dei nemici e per meglio essere da essi veduti, i fiorentini misero parte dei suonatori sul comignolo del tetto di S. Croce, dove da Giramonte fu loro tirata una cannonata che produsse grande scompiglio in quell’orchestra, ma che per buona fortuna andando la palla in alto non offese nessuno. Breve fu questo tripudio, poiché il Re di Francia sebbene lusingasse il soccorso, neppure sognava inviarlo.

Se restarono sospese le offerte e i tributi, i carri, i ceri, ed i palli, non è da supporre che rimanessero sospese le sacre funzioni, e le processioni, nella Città nei giorni che precedevano la festa di S. Giovanni: queste processioni cominciavano il 20 giugno, ed andavano alla chiesa di S. Spirito, nel giorno successivo andavano alla Chiesa di S. Croce, e nel terzo a quella di S. Maria Novella, con il solito apparato dei cleri, e di monaci e frati. Dai ricordi [p. 32 modifica]di Giov. Batista Bertini esistenti nella libreria Strozzi, si rileva che nel 24 giugno 1530, anno dell’assedio, ebbe luogo una solenne processione nella quale fu portata per le vie di Firenze la Tavola della Madonna dell'Impruneta con l'intervento della Signoria e magistrati e numero grande di fi’aternite e compagnie, queste erano allora tenute in moltissimo onore e molte di esse gloriavansi di avere i loro capitoli sottoscritti di propria mano dall’Arcivescovo S. Antonino.

È a tutti nota la fine di quel memorabile assedio, e come vano riuscisse il coraggio e inutile il sacrifizio di tanti generosi, di fronte al tradimento del Malatesta. È noto pure come dopo la resa della città Carlo V mantenesse i patti della capitolazione, e come i fiorentini dopo tante guerre e tanti travagii sofferti per mantenere la Repubblica perduto ogni appoggio ed ogni speranza di sostenerla, accettassero il governo del Duca Alessandro; così essi divennero sudditi di una famiglia, mille volte bramata estinta e sempre veduta sollevarsi ai più alti gradi di onorificenza e di potere.