Le feste di San Giovanni in Firenze/Parte prima/Capitolo VII

Capitolo VII

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§ VII

Correva l’anno 1529, e la Faigiia dei Medici per tre volte cacciata da Firenze ambiva ad ogni costo di ritornarvi, col deciso pensiero di farsene assoluta signora. Clemente VII abbandonava perciò la lega col Re di Francia, e soffogando lo sdegno contro l’Imperatore Carlo V che lo aveva tenuto prigioniero in Castel S. Angiolo, e quasi costretto a morire di fame, tutto dimenticava per l’ambizione di assicurare un trono alla propria famiglia; venne perciò col medesimo a patti e fu mercanteggiata la libertà di Firenze. Col prezzo di 80 mila scudi, e con la promessa di altri 50 mila dopo le eseguita impresa, l’Imperatore promise di rimettere in Firenze Alessandro figlio naturale di Lorenzo de’ Medici.

L’armi imperiali insieme con quelle pontificie capitanate dal principe di Oranges si mossero ai danni della Città, e nel primo dicembre di quest’anno la strinsero di assedio.

È fuori dello stretto argomento di questi cenni storici la narrazione delle calamitose vicende di questo assedio, ed i gloriosi fatti che illustrarono i difensori. Ciò che però ha rapporto alla storia delle feste avvenute nel mese di giugno e sulla piazza di San Griovanni, si è la rassegna ed il giuramento delle milizie cittadine, che preparavansi a, difendere fino all’ultimo sangue la minacciata libertà di Firenze. Agostino Ademollo nella sua Marietta de’ Ricci ce ne fa un racconto che merita essere riportato. «Dalla piazza di S. Maria Novella ove si dovevano radunare le milizie fino alla piazza di San Griovanni, e poi «ino a quella della Signoria erano le strade sparse di [p. 28 modifica]mortella, di alloro, ed altre erbe odorose; le mura delle Case e delle logge si vedevano adornate di parati, di spalliere e di imprese; i pancati schierati sotto le logge delle case lungo le vie, erano coperti di drappo e di zendali, dove assise stavano donne d’ogni aspetto e d’ogni età, come pure donne e fanciulle erano affacciate ai balconi vestite di seta, ornate di gioie, di pietre preziose e di perle facendo la più graziosa mostra delle loro bellezze tra le drapperie mosse dal vento, riflettute dai raggi del sole. Lungo le strade il popolo affollato sui muriccioli sotto gli sporti e le logge accorreva a godere di quella festa inusitata; imperocché le pubbliche calamità invece di trattenere gli uomini da simili passatempi gli rendono anzi molto più vogliosi di prima, al naturai talento aggiungendosi il bisogno di sollevare l’animo dai presenti fastidii.

Le campane della torre dei Signori fino dall’aurora suonavano a festa; e in ogni luogo di Firenze era un moto, una agitazione per godere di quella nuova pompa, che infondeva di fatto nello spirito della Nazione il coraggio per sopportare tante sventure, sulle quali i Fiorentini chiusero gli occhi per non occuparsi e per non godere che di questo spettacolo.

All’ora di nona la Signoria si portò in S. Maria del Fiore già ripiena di popolo; la seguirono le altre Magistrature ed in ultimo vennero i nuovi Gronfalonieri della milizia cittadina, con i nuovi stendardi per esser benedetti, preceduti dal Gonfalone principale. Queste 16 grandi bandiere erano di seta verde, ed in mezzo da diversi monasteri di monache della Città erano state ricamate in grande le armi degli antichi Gronfaloni con l’aggiunta del nome di Gesù Cristo Re di Firenze. [p. 29 modifica]Fu S. Maria del Fiore pomposamente adornata con arazzi e festoni di alloro; fu celebrata la Messa dello Spirito Santo. Finita questa e dopo la benedizione delle bandiere, successe un discorso recitato da Fra Benedetto da Foiano. Finita la predica le bandiere partirono, e precedute da tamburi e da trombe andarono alla piazza di S. Maria «Novella. La Signoria e gii altri magistrati si portarono sulla piazza di San Giovanni addobbata nella seguente maniera.

Tutto il cielo della piazza era riparato da un vasto tendone a lunghissime righe bianche e rosse, che attaccato alle case dalla parte di via dei Martelli, al Tempio di San Giovanni, al Duomo, al Bigallo ed alla cantonata del corso degli Adimari raccomandato a tanti arpioni fìtti nei muri, faceva un grato e vaghissimo effetto, riparando i raggi del sole ai sottostanti; dal quale velario colorato, in movimento per il vento si riflettevano ondeggianti e varii colori sulle persone e sulle case sottoposte. A destra della porta principale del Duomo eravi un magnifico Padiglione parato di seta bianca e rossa, sotto il quale si assisero il Gonfaloniere e la Signoria, circondati dal loro corteggio; in altri meno sfarzosi padiglioni schierati sopra il cimitero del Duomo, si posero gli altri magistrati, mentre in un seggio senza baldacchino o padiglione a cui faceva spalliera la vasta «bandiera del popolo di Firenze consistente in una gran croce rossa in campo bianco, stava assiso Stefano Colonna capitano generale delle Cittadine milizie, armato di tutto punto e circondato da molti uffìziali.

In mezzo alla piazza ma più d’appresso al tempio di San Giovanni, stava il famoso altare o dossale d’argento ed un lavoro al pari stupendo, gli feceva spalliera, cioè quello delle porte di bronzo dorate fuse dal Ghiberti. [p. 30 modifica]Intorno alle due Colonne di porfido che fiancheggiano la porta di mezzo del Tempio di S. Giovanni, attestato della fedeltà fiorentina, erano ammassate in due cumoli tante corone civiche di quercia, e di foglia di querce erano i festoni che pendevano dalla porta, raccomandati a quelle colonne. Sopra l’altare posavano i SS. Evangelii, ed era fiancheggiato da due Canonici destinati di ricevere il giuramento con altri sacerdoti, il cui Uffizio era di benedire le Milizie, e coronarne la fionte sopra l’elmo con le già preparate corone intrecciate da nastri di seta bianchi e rossi colori nazionali.

Frattanto le bande delle milizie cittadine divise in 16 squadre vennero con bell’ordine ed imponente spettacolo verso la piazza S. Giovanni fra lo strepito degli applausi, delle campane, e delle artiglierie, ogni militare portava una divisa intorno alla vita di color verde, prescelto qual simbolo di liberare la Patria, variamente ricamata ed ornata. Al giungere delle prime squadre Stefano Colonna si alzò e salutata la Signoria, andò a prestare il giuramento. Lo imitarono successivamente i quattro commissari; e quindi di mano in mano tutte le schiere, che avanzando regolarmente giuravano, erano benedette, e ricevevano la corona civica. Sfilando quindi verso via Calzaioli, pervenivano di mano in mano e si schieravano in ordinanza sulla Piazza della Signoria addobbata con singolare splendidezza.»