Capitolo XII
Il campo americano

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Capitolo XII
Il campo americano
XI XIII
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Capitolo XII.


Il campo americano.


L’inglese era in uno stato tale da commuovere perfino tutte le rocce della rapida della riviera del Lupo, se avessero avuto un’anima.

Non aveva indosso che la camicia ed un paio di calzoncini di lana, tutti incrostati di ghiaccio, e molti ghiaccioli gli pendevano dalla barba, dalle sopracciglia e dai radi capelli.

— Tuoni di Dio! — esclamò il bandito, piantandosi le mani nei fianchi per soffocare una grande risata. — Da dove venite, milord? Dall’altro mondo?

― Dalla rapida! — rispose l’inglese, battendo i denti e facendo oscillare le ginocchia.

— Dalla rapida? Come? Voi?

Boxe, mister brigante. Io avere freddo. Datemi quattro colpi. Sangue circolare meglio dopo.

— Siete sempre pazzo, milord?

— Io volere lezione. Voi non avermela data ieri.

— Corpo d’un bue! Volete dei pugni?

— Sì, pugni, pugni. Io avere freddo. Io volere mia lezione. Io pagarvi sempre. —

Il bandito si era alzato inarcando le poderose braccia. Era tanto abituato alle stravaganze di milord, che ormai non vi faceva più caso.

L’inglese era già saltato in piedi mettendosi in guardia.

— Se non seminasse dietro e dinanzi a me sempre sterline, lo ucciderei — brontolò il bandito. — È una gallina che fa delle uova d’oro e mi conviene serbarla. —

Poi alzando la voce, gridò:

— In guardia, milord! Io vi scalderò coi colpi maestri di Kalkraft, il mio famoso maestro.

— Picchiare, brigante. —

[p. 126 modifica]Sandy-Hook, che perdeva troppo spesso la pazienza e che desiderava fare un’altra fumata prima di mettersi in sella, tirò cinque o sei pugni a quell’originale, facendogli rimbombare il petto come una grancassa.

Al sesto, lord Wylmore, sradicato di colpo da un tremendo fisk-shock andò a finire in mezzo ai sacchi ed alle casse, esclamando:

— Aho! Buoni colpi! Mister Kalkraff essere stato grande maestro! —

Il bandito lo guardò con gli occhi un po’ raddolciti, poi brontolò:

— Se è pazzo non so che cosa farci. Le sterline piovono, e non mi conviene per ora levarmelo di torno. —

Prese la pentola, la riempi d’acqua, la mise sul fuoco ed appena la udì borbottare, vi mise dentro una manciata di thè ed una buona quantità di aguardiente.

— Questa infusione farà meglio dei miei pugni ― disse. ― Quale diavolo mi ha cacciato fra i piedi questo pazzo furioso? Che cosa viene a parlarmi di lord Byron? Chi era quell’uomo? È morto combattendo contro i turchi. Io me ne infischio. Non ho mai veduto una testa di turco in vita mia.

Versò l’infusione in una scodella di ferro e si avvicinò al lord, il quale giaceva ancora fra le casse ed i sacchi, solamente occupato a strapparsi dalla barba e dalle sopracciglia i ghiaccioli.

― Bevete questo, milord, ― disse. ― Vi farà meglio dei pugni che mi ha insegnati il mio maestro.

— Aho! Voi essere brigante gentile. Io pagare questo thè una sterlina.

— Ed io la prenderò e la metterò insieme alle altre — rispose il bandito. — Quando finiranno i vostri chèques?

— Mai.

— Uomo fortunato! Se io fossi nato un lord, non sarei andato a svaligiare i treni e le corriere della California. Voi siete gente fortunata! —

L’inglese si era messo a bere avidamente, ronfando come un organo sfiatato.

Il bandito al quale premeva di non uccidere o veder morire la gallina dalle uova d’oro, aprì un’altra cassa e tolse delle vesti, che mise a scaldare dinanzi al fuoco, poi decapitò una bottiglia di whiskey e riaccese la pipa.

Milord, — disse dopo d’aver fumato un po’, — discorriamo ora mentre vi vestite.

Quando avete lasciato la grande sala delle mummie, che cosa facevano gli scorridori?

— I briganti?

— Briganti? Vi ostinate a chiamarli così, mentre uno è capitano di [p. 127 modifica]cavalleria americana e gli altri sono i più onesti trappeurs che io abbia incontrato nella prateria?

— Per me essere briganti e io non cambiare parere — disse quell’ostinato.

— Come volete, milord. Vi ho domandato che cosa facevano quando voi avete avuta la poco bella idea di provare i ghiacci della rapida.

— Combattevano.

— Contro le belve?

— No, contro indios. —

Sandy-Hook balzò in piedi, gettando via la pipa.

— Contro gl’indiani, avete detto?

Yes.

— Erano molti?

— Io non averli potuti contare. Tutto fumo e fuoco e mummie in fiamme. Io non ne potere più perchè mio naso essere molto delicato.

— Chi guidava gl’indiani?

— Nube Rossa.

— Il padre di Minehaha?

— Sì; della fanciulla che io molto adorare.

— E voi invece di cooperare alla difesa della caverna, siete fuggito!

— Quei briganti non volere fare boxe con me ed io andarmene in cerca del mio maestro.

― Corpo d’un satanasso! — esclamò il bandito, digrignando i denti. — Non abbiamo un solo istante da perdere, se vogliamo salvarli.

Se cadono nelle mani di Nube Rossa passeranno sotto il coltello di quella piccola tigre che si fa chiamare la Scotennatrice. Siete pronto?

— Io essere vestito, ma avere molta sete. —

Il bandito gli porse la bottiglia del whiskey, lo lasciò bere un poco, poi gliela tolse bruscamente dicendo:

— Non scherzate. Gli ubriachi si reggono male in sella.

— Voi partire?

— E subito.

— E non avere paura dei lupi? Volevano mangiare mie gambe.

— Me ne infischio io di quei ladroni a quattro zampe — rispose Sandy-Hook. — Abbiamo ancora due rifles e due rivoltelle a otto colpi e munizioni in abbondanza.

Su, venite.

— E mia lezione di boxe?

— Ora il vostro maestro non ha tempo. Deve partire.

— Per salvare quei briganti?

[p. 128 modifica]— Se non volete venire, milord, restate pure accanto al fuoco. Io non sono un egoista come voi.

— Aho! Io seguire mio maestro di boxe.

— Sanguisuga!

— Voi volete dire?

— È una mia espressione che voi non comprenderete mai, perchè non siete stato un brigante della prateria.

— Io avere capito.

— Un corno! — borbottò il bandito, mentre levava da una cassa due grosse rivoltelle ed un altro rifle.

Poi, alzando la voce, disse:

Milord, prendete delle munizioni e due sacchetti di pemmican. Forse ne avremo bisogno nella prateria. E non dimenticate la pentola.

Yes, mister brigante, — rispose l’inglese.

— Siete pronto?

— Sempre.

— Andiamo.

— E nostra capanna?

— La lasceremo agli indiani, se per caso la scopriranno. —

Staccò la lanterna, chiuse violentemente la porta, barricandola alla meglio con due traverse; poi, seguìto dall’inglese, si diresse verso la tettoia, gridando:

— Su, poltroni! Avete mangiato abbastanza! Ora dobbiamo correre. —

I due mustani ed anche le due mule del Texas si alzarono udendo la voce ben nota del padrone.

Il bandito, aiutato dall’inglese, in pochi minuti li bardò tutti e quattro, appese all’arcione dei mustani i rifles e mise nelle fondine le rivoltelle, poi li condusse fuori.

Soffiava sempre impetuoso il vento sull’alta prateria gelata, ed i lupi, non ancora soddisfatti della magra cena offerta loro dal colpo di navaja del bandito, ululavano più forte che mai.

— Udire voi, mister brigante? — chiese l’inglese.

— E poi? — domandò il bandito con voce tranquilla.

— Mangiare noi.

— Le due mule del Texas forse, ma non le mie gambe, milord. E poi non ho mai avuto paura dei lupi, io! Avevo paura di quelli a due gambe e non di quelli a quattro, e con una coda per giunto. In sella, milord. —

L’inglese, buon cavallerizzo, fu pronto ad obbedire.

Sandy-Hook non fu meno lesto.

[p. 131 modifica]Uscirono dal corral senza chiudere la porta, ormai troppo sgangherata, e lanciarono i due mustani attraverso la pianura nevosa.

Le due mule, bonissime trottatrici, forse migliori dei maschi, seguivano i cavalli e galoppavano furiosamente.

Sandy-Hook si orizzontò rapidamente, ascoltò gli ululati dei lupi, prese colla destra la rivoltella e mandò un fischio stridente.

― Via, piccioni miei! ― gridò poi. ― Se non correte bene vi lascio mangiare dai lupi. —

I mustani, come se avessero compreso, accelerarono subito il galoppo.

Un momento dopo una lunghissima linea nera si delineò sulla bianca pianura.

― Non credevo che fossero così numerosi, — borbottò il bandito. — Da dove sono sbucati? Ci voleva ben altro che il cadavere del mio indiano per levare la fame a tutta quella marmaglia.

Urlate, urlate! Io me ne rido, quando ho un buon mustano fra le gambe.

Milord, preparate le rivoltelle.

― Io essere già armato. Io non aver paura che dei bisonti.

― Qui non ve ne sono; almeno in questa stagione.

Vengono!

― Cacciare noi.

― Va benone. Noi li faremo correre. ―

Poi borbottò:

― Dove trovare gli americani? Mi affido al mio istinto, che non si ingannava mai quando le corriere della California attraversavano le praterie e molto da lontano. Ho sempre avuto due orecchi meravigliosi.

Bah! Saprò scovarli in qualche luogo. —

Strinse le gambe intorno ai fianchi del suo mustano e lanciò un rapido sguardo dietro di sè.

― Che fame batte nelle budella di quei ladroni a quattro gambe! Sembra che volino! La nottata non passerà senza colpi di fuoco. Su, avanti, piccioni! Le nostre gambe e le vostre sono in pericolo! —

Aveva impugnata la grossa Colt e si teneva pronto a servirsene.

Abituato già, anche nella bassa prateria, a quegl’inseguimenti, il bandito non pareva affatto impressionato.

Oh! era sfuggito a ben altri pericoli più gravi!

I due mustani, udendo gli ululati dei lupi, acceleravano sempre più la loro corsa, sbuffando e soffiando.

Il freddo non aveva gelato la neve, sicchè potevano benissimo galoppare anche senza i ferri da ghiaccio.

[p. 132 modifica]Le due gigantesche mule non cavalcate, anche più atterrite dei mustani, spiccavano dei salti disordinati senza per altro rimanere indietro.

Esse tenevano ai loro garetti minacciati dalle robuste mascelle dei predoni, sempre affamati, delle praterie basse e alte.

Il drappello dei cacciatori a quattro gambe s’ingrossava di momento in momento.

Di quando in quando dai cespugli di nocciuoli o dalle macchie di abeti, uscivano di gran corsa quattro o cinque altri lupi, che avevano atteso invano la cena.

Mister brigante, ― disse l’inglese, il quale li vedeva avvicinarsi con fulminea rapidità — noi perdere nostre gambe?

― I lupi, milord, non si contenterebbero. Tronco, braccia, polmoni, cuore ed anche testa, finirebbero nei loro ventricoli che urlano sempre: carne! carne!

― Voi, mister, non aver paura?

― Niente affatto, milord.

― Esserci vicini.

― E non avete delle armi? Aprite il fuoco prima voi. ―

L’inglese aveva già in pugno la rivoltella. L’orda urlante non era ormai che a cinquanta metri e precipitava la corsa per dare almeno addosso alle due mule, le quali potevano offrire una cena abbondante.

Si volse e sparò i suoi otto colpi, con pochissimi istanti d’intervallo e con una calma veramente inglese.

Cinque o sei lupi stramazzarono in mezzo alla neve. Gli altri, manco a dirlo, tanto per aguzzare un po’ l’appetito, furono tosto sopra i loro disgraziati compagni ancora agonizzanti, e li divorarono con ferocia degna di loro.

Vi fu una brevissima sosta nell’inseguimento, ma che durò pochi istanti. I corpi di quattro o cinque lupi erano ben poca cosa per duecento, se non di più, e che digiunavano forse da qualche settimana.

— Corna e code di tutti i diavoli dell’inferno! — esclamò Sandy-Hook. — Anche da cavallo tirate bene, milord.

I miei complimenti.

— Aho! Io essere contento di avere questo elogio da mio mister brigante.

— Tutti briganti per voi, è vero, milord? Se fossimo inglesi, o anche irlandesi, saremmo dei grandi galantuomini. Un’altra volta cercheremo di nascere di là dall’Atlantico, sulle rive della perfida Albione. Non so per altro se io tornerò ad abitare il mondo. Il diavolo mi prenderà per [p. 133 modifica]il naso con una enorme tenaglia incandescente e mi terrà giù nelle voragini infernali a scontare i miei peccati.

Ma!... purchè ci sia davvero!... Io sono del resto più sicuro di finire in bocca a qualche bestia feroce. E là dentro non si starà male perchè c’è caldo.

Per centomila code di.... Ci sono addosso! L’affare comincia a diventare serio! Mi dispiacerebbe di lasciare le mule alle mascelle di quei ghiottoni.

Per tutti i fulmini del cielo! Le ho pagate care o meglio, le ha pagate care l’amico milord, poichè io come brigante autentico non devo avere mai un soldo in tasca.

Impugnò la grossa Colt e sparò sei colpi, senza interruzione.

Non fallì che una cartuccia. Il bandito rivaleggiava coll’inglese: non vi era da stupirsi.

I lupi fecero una nuova sosta che fu più breve della prima, divorarono coscienziosamente i loro compagni, poi ripresero la corsa più furiosi che mai.

L’appetito aumentava in modo spaventoso.

— Testa d’orso grigio! — esclamò il bandito, ricaricando la rivoltella. — Che quelle canaglie vogliano proprio divorarci?

Non contiamo più sulle mule. Sono ormai perdute, ma lord Wylmore ha sempre sterline e chèques.

Può permettersi il lusso di pagare, almeno per questa volta, una cena ai lupi. Sono miserie! —

Staccò il rifle e tonò dentro la massa, uccidendone una diecina. Anche l’inglese aveva fatto fuoco colla rivoltella.

Vi fu una terza sosta.

— Avanti, miei piccioni! — urlò ancora il bandito. — Non lasciatevi mangiare i garetti.

I poveri animali facevano degli sforzi disperati per sottrarsi all’assalto.

Le mule soprattutto balzavano come gigantesche cavallette, cercando di tenersi vicine ai due uomini, come se per istinto avessero compreso che la loro salvezza dipendeva dai colpi che sparavano quei due forti uomini.

Per altri cinque o sei minuti la corsa continuò sempre più furiosa.

I lupi ululavano ferocemente nella bianca prateria, gareggiando fra di loro per giungere primi.

I più robusti scavalcavano i più deboli, e si lanciavano avanti colle bocche spalancate pronti a sbranare.

[p. 134 modifica]Una delle due mule, più debole della compagna, scivolò sulla pianura gelata e si ruppe una gamba.

La povera bestia mandò un lungo e doloroso nitrito, conscia ormai della propria sorte.

In un baleno un centinaio di lupi le furono addosso, azzannandola ferocemente al collo, al ventre, al muso.

— Canaglie! — gridò Sandy-Hook, scaricando un’altra volta la sua rivoltella.

Erano proiettili sprecati. Ci sarebbe voluto una mitragliatrice per far lasciare la preda a quegli affamati.

La gigantesca mula scosse due o tre volte la massa degli assalitori, sferrò calci terribili colle gambe posteriori che erano ancora in buono stato, uccidendone parecchi, ma finalmente si rovesciò sul dorso e si lasciò dilaniare come se cercasse una morte più rapida.

Era scomparsa sotto la massa. Pur divorando ed affondando i musi nella carne fumante della povera bestia, che le ultime convulsioni scuotevano ancora, i lupi ululavano spaventosamente, cercando di impaurire i loro compagni che giungevano in ritardo al banchetto.

Mister brigante, ― disse l’inglese. ― Bastare una mula a quelle brutte bestie?

— Ma che! ― fece il bandito, scotendo la testa. ― Sono troppi, milord, ed hanno troppa fame. Vedrete che perderemo presto anche l’altra.

— E poi?

— E poi mangeranno anche noi insieme ai mustani.

— Io non volere morire così presto; e poi io odiare quelle brutte bestie puzzolenti.

— Fate venire un pallone, salite nella navicella ed innalzatevi.

— Pallone? Io non vederne.

— E nemmeno io, milord.

— E dite?

— Dico di ricaricare le rivoltelle ed i rifles e di continuare il fuoco.

I mustani galoppano benissimo ed io spero di poter fare a meno del pallone che del resto non giungerebbe nemmeno dall’Inghilterra.

— Aho! Io avere capito.

— Ed allora mantenete il galoppo e scaldate la canna della vostra Colt. —

I lupi non avevano ancora ripresa la corsa, tutti occupati a divorarsi la mula caduta, ma non dovevano tardar molto a rimettersi in caccia. Erano troppi, e quantunque carne e sangue ne avessero già trovato in abbondanza, non dovevano fermarsi a mezza via.

[p. 135 modifica]L’appetito viene mangiando, dice un proverbio, ed aumenta spaventosamente in quei cacciatori a quattro gambe, condannati, dobbiamo dirlo, a soffrire lunghissimi digiuni, specialmente nella stagione invernale.

I mustani avevano intanto avuto il tempo di guadagnare duecentocinquanta o trecento metri, e mantenevano uno splendido galoppo serrato senza aver bisogno di essere aizzati.

Fumavano come zolfatare, le povere bestie, malgrado il freddo intenso ed il vento gelato, eppure non cedevano, e battevano forte il ghiaccio coi robusti zoccoli non ferrati senza scivolare.

Un clamore assordante avvertì i due fuggiaschi che i lupi avevano terminata anche la seconda cena, e che si preparavano a guadagnarsi la terza.

Ma non si slanciavano più coll’impeto di prima.

La carne delle due mule pesava un po’ nei loro ventri.

Tuttavia correvano sempre abbastanza veloci, tentando di raggiungere i due mustani e provarne le carni che dovevano essere migliori di quelle delle due gigantesche bestie delle lontane praterie del Texas.

— Lasciate la Colt per ora, milord, — disse il bandito — e scaldate la canna del rifle.

— E io fucilare brutte bestie — rispose l’inglese, staccando dall’arcione la carabina.

Due colpi rimbombarono, gettando a terra alcune bestie, e quasi subito si udì una scarica seguita da uno squillo di tromba. Sandy-Hook mandò un grido di trionfo.

— Il campo americano! — esclamò. — Il mio istinto non mi ha ingannato nemmeno questa volta.

— Avanti, milord! Lasciate che i lupi urlino!

— Bene — rispose l’inglese sparando un altro colpo.

I due mustani scendevano verso un largo canon fiancheggiato da altissime rupi e tutto ingombro di neve.

La tromba squillava sempre, sonando l’allarme.

I due mustani, che dovevano ormai aver fiutato la vicinanza del campo americano, scesero nel canon con furia incredibile, ben sostenuti dai loro cavalieri.

I lupi davano sempre la caccia ululando ferocemente. Pareva che si fossero ormai accorti che la preda tanto agognata stava loro per sfuggire per sempre.

Ad un tratto il bandito e l’inglese videro sbucar fuori da un bosco di aceri, una grossa avanguardia formata da una cinquantina d’uomini delle frontiere e da una gattling.

[p. 136 modifica]— Aiuto! Siamo uomini bianchi! — urlò il bandito con voce tonante. — Fuoco sui lupi! —

I cinquanta americani si divisero con rapidità, prodigiosa, gridando:

— Avanti, camerati! Passate! —

Poi si udì un crepitìo furioso. La mitragliatrice lavorava accompagnata da buoni fucili a retrocarica.

I lupi, che continuavano ad inseguire i fuggiaschi quantunque avessero i ventri abbastanza pieni e già stavano per raggiungerli, sorpresi da quel fuoco terribile che li decimava spaventosamente, si arrestarono sul margine del gran canon, senza pensare a sottrarsi alla strage.

Quando finalmente si decisero a volgere le code e rimontare l’altipiano nevoso, erano ridotti a meno della metà.

In fondo allo squarcio, gruppi di bestie, che nessuno pensava a divorare, si dibattevano sotto i colpi possenti e incessanti della gattling.

Sandy-Hook, appena giunto in mezzo alla grossa gran guardia americana, con un volteggio degno d’un consumato cavallerizzo, balzò a terra e afferrò subito il fumante mustano per la criniera il quale già rantolava per la lunga corsa in mezzo all’atmosfera gelata.

Un vecchio sergente dalla barba bianca comandante la gran guardia, gli mosse incontro, chiedendogli ruvidamente:

— Chi siete?

— Chi comanda il corpo di spedizione che dà la caccia ai Sioux emigranti? — chiese invece il bandito. — Il generale Farsythe, è vero?

— Sì.

— Il mio nome non lo dirò che a lui. Conducetemi subito alla sua tenda. Vi sono degli uomini bianchi da strappare al palo di tortura.

— Il vostro compagno chi è? Uno scorridore?

— Levatevi il cappello dinanzi a lui. È un lord autentico, venuto in America a divertirsi, e credo che sia anche un pari.

— Ne rispondete voi?

— Sempre?

— Seguitemi: chi devo annunciare al generale?

— Sandy-Hook. —

Il vecchio sergente si morse per un momento i baffi bianchi, si torse con un gesto nervoso le barba, poi mormorò:

— Sandy-Hook! Questo nome mi ricorda l’ultima guerra contro Toro Seduto ed i suoi dannati guerrieri.

Mister, seguitemi. Credo che il generale sarà contento di vedervi.

— Ne sono convinto, — rispose il bandito, con un sorriso strano. — Mi conoscono tanto nella bassa quanto nell’alta prateria. —