Istoria delle guerre gottiche/Libro secondo/Capo XIX

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CAPO XIX.

Belisario assedia Urbino. — Narsete parte dal campo. Gli assediati per difetto d’acqua arrendenti agli imperiali. — Giovanni assalta indarno Cesena; ricupera Imola e tutta l’Emilia.

I. Belisario terminate queste cose spedisce Peranio con molte truppe ad assediare Orbibento, ed egli tantosto conduce l’esercito ad Urbino città forte e custodita da sufficiente numero di Gotti (da Arimino ad Urbino havvi una giornata di viaggio per un ben cinto camminatore), ed accompagnanlo Narsete, Giovanni e gli altri duci tutti. Venuti in vicinanza della città piantarono due campi sull’ultimo poggio, non estimando conveniente di rimanersi uniti, Belisario là dove la città volge ad oriente, e Narsete all’occaso. Urbino giace su di rotondo e molto elevato colle non frastagliato da precipizj, nè affatto inaccessibile; è non di meno malagevole da montare per la sua grandissima erta, soprattutto appiè della città, alla quale mette da settentrione una via nel piano; così, giusta il detto, i [p. 218 modifica]Romani distribuironsi per l’assedio. In questo mezzo Belisario persuaso che i barbari timorosissimi d’una tal lotta avrebbero preferito di venire a componimento manda loro invitandoli ed esortandoli con liberali promesse ad arrendersi. Gli oratori adunque dalla porta, non essendo stati accolti entro le mura, dissero molte ed acconcissime cose in proposito, ma i Gotti fidandosi nella forte posizione del luogo e nella molta vittuaglia in poter loro, non vollero saper di patti, e diedero ordine che i Romani partissero all’istante. Belisario fattone consapevole impose alle truppe che raccolte di ben grosse bacchette ed intessutone un lungo portico andassero là sotto ascosi verso la porta, ov’era men erto il terreno, per assalirvi occultamente il muro; e queste di subito prestaronsi al comando avuto.

II. Ora molti famigliari di Narsete venuti secolui a colloquio avean dichiarato il pensamento di Belisario penosissimo e diffìcilissimo nella sua esecuzione; dacchè in altri tempi Giovanni portatosi ad assalire quel luogo, e mentre scarseggiavane il presidio, avealo trovato affatto inespugnabile; nè v’era menzogna: meglio sarebbe stato in cambio il procacciare che l’Emilia tornasse ligia dell’imperatore. Narsete adunque rimestati nella sua mente questi discorsi levò di notte tempo il campo, nulla curantesi delle molte preghiere fattegli da Belisario perchè si rimanesse ad aiutarlo nella conquista d’Urbino. Partiti di fretta costoro con parte dell’esercito alla volta di Arimino, Morra ed i barbari vedendo ai primi albori per metà vuoto il campo [p. 219 modifica]nemico, lanciavano dalle mura pungenti ed ingiuriosi detti contro ai rimasi. Belisario impertanto volea tentare l’assalto con quelle sue truppe, e nell’escogitarne il come la prospera fortuna con mirabile avvenimento dichiarossi per lui. Una sol fonte era in Urbino, e da lei tutta la popolazione attigneva acqua; ora di per sè a poco a poco rasciugando cessò di gittare, e nello spazio di tre giorni l’acqua venne meno per guisa che i barbari di poi cavandone erano costretti a berla tutta limacciosa; e’ risolverono allora di arrendersi ai Romani. Belisario pienamente all’oscuro di queste cose e fermo nel suo proposito di scalare il muro fa circondare da molti guerrieri tutto il colle, ordinando in pari tempo ad altri di farsi avanti nel piano col portico (nome solito darsi a questa macchina) composto di verghe, e così procedervi sotto che il nemico non abbia a vederli. In questa i barbari dai merli chiedon pace protendendo le destre. I Romani ignari affatto dell’ avvenuto alla fonte opinavanli in preda al timore della pugna e della macchina; checchè tuttavia ne pensassero ad entrambi riuscì assai grato lo esimersi dal combattimento. I Gotti fecero lor sommessione ottenendo, oltre la salvezza della persona, di godere sotto il dominio imperiale, ed incorporati colle romane truppe, tutti i costoro diritti, e di militarvi ad eguali patti.

III. Narsete alla riferta di cotanto impensate vicende pieno di stupore e di rammarico stettesi di piè fermo in Arimino comandando a Giovanni di procedere a Cesena con tutte le truppe, e queste munite di scale inoltrando fin sotto il castello tentaronne l’assalto, ma [p. 220 modifica]incontratavi fortissima opposizione vi giuntarono molta gente ed in ispecie il duce degli Eruli, Faneteo. Laonde Giovanni veduti a malo fine la prima volta i suoi sforzi depose ogni pensiero di nuovi assalti presentandoglisi quelle mura inespugnabili. Di là adunque con Giustino e coll’esercito procedendo occupò d’improvviso Forocornelio1, città antica, e coll’incessante retrocedere de’ Gotti senza cimentarsi mai ad un combattimento pervenne a riporre tutta l’Emilia sotto l’autorità ed il potere di Giustiniano. Così furono quelle cose.

Note

  1. Imola.