IX. Gita artistica

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IX.


GITA ARTISTICA.


La notte mi sono sognata la contessina. Io ero un pascià, come si vede in quel quadro dove c’è un pascià turco sul trono che compra le schiave nude. Io comperavo Ghiselda: palpavo, esaminavo bene. Davo a Maioli, che era il negriero, un numero considerevole di quei fedeli amici che sono i biglietti da mille. Lei era umile e muta, vestita soltanto con la sua capigliatura: una cosa da fare impazzire!

Mi stavo vestendo al mattino, e il cameriere mi recapita questo biglietto: “Caro Sconer, donna Ghiselda vi fa l’onore di esservi guida nella visita ai monumenti e dintorni. Tenete pronta automobile ore quattordici. Maioli„.

“E va bene — dico — . Passeremo una bella giornata„.

Macchè! Mi hanno fatto consumare due latte di benzina, col prezzo che costa oggi, e non mi sono divertito niente.

Ecco come sono andate le cose.

Alle due mi vedo arrivare la contessina, Maioli e un terzo individuo: una specie di [p. 88 modifica]nanerello, che mi arrivava appena alla spalla, con un abito sport, color kaki.

“Cioccolani,„ mi dice la contessina, presentandomi costui. Soltanto Cioccolani! Il nanerello si limita a piegare la testa, come se gliela avessero tirata giù controvoglia con lo spago. Maioli mi spiega che quel signore mi onora di essere la guida artistica. E va bene. Dico: “prego,„ e lui non si fa pregare: prende posto accanto alla contessina, e prende il comando lui dell’automobile.

Si comincia il giro artistico: chiese, battistero, chiostri, palazzi, conventi, ecc. Ecco, dirò: a me non importava niente di vedere queste cose, ma già che la proposta veniva da loro, cortesia voleva che avessero dovuto dare le spiegazioni. Invece, come se io non ci fossi stato! In ogni luogo dove andavamo, gran discussioni fra di loro, tanto che una volta venne fuori un prete a sgridare.

A me dicevano: “Guardi lì! Vede questo? Vede quello?„ Intanto nelle chiese è tutto scuro e non si vede niente: e poi a me cosa importava? Il bello poi era questo che, quando Maioli mi diceva: “Guardi in su, divino, ah! giottesco, oh! Pinturicchio, abside„ che so io, sentivo loro due che ridevano, e lui che ripeteva: “Dinamite, dinamite!„

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Mi accosto e guardandolo dall’alto della mia persona, gli domando: — Dinamite, e perchè? — Egli leva verso di me la sua faccia impertinente e dice: — Per buttar giù tutti questi cimiteri del passato, che mettono il loro tabù su l’avvenire. Lei è forse di opinioni contrarie?

— Si figuri! Per me si accomodi pure. Anche noi, a Milano, abbiamo i futuristi che la pensano come lei.

— Superati, oramai — mi risponde.

— Ah, benissimo.

— Sconer, Sconer, — mi dice Maioli commosso — guardi lassù quel trittico. Divino, oh!

— Non si metta a piangere, Maioli, e mi dica piuttosto: quella mezza cartuccia chi è?

— Un artista.

— Un architetto?

— No.

— Un pittore?

— No: un poeta.

— È del paese?

— Una gloria paesana.

— Ma cosa fa? come vive?

— Un grande poeta.

Questa è stata la gita artistica ai monumenti. A me fu riserbato l’ufficio di dare le mance.

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*

Dopo, è venuta la gita pei dintorni. Lui, la guida artistica, dà gli ordini. Era quasi piacevole sentirlo, con una calma che pareva lui il proprietario dell’automobile, comandare: “Velocità, velocità„. E volta di qua, e volta di là, su, giù, gran velocità. “Velocità! Oh, salire al Carro di Boote! infrangersi a Vega!„ sentivo che diceva alla contessina. La contessina agitava con la mano una lunga rama di rose, e diceva anch’essa: “Velocità!„

Un momento, perchè l’automobile è mia.

Biagino, il mio chauffeur, era fuori della grazia di Dio. Prendo posto vicino a lui, perchè se mettiamo sotto qualcuno, chi ci va di mezzo sono io.

Era supponibile che lì, nella campagna, dovessero andar d’accordo: perchè la campagna è quella che è.

Ma niente affatto! — La natura — gridava il poeta — bisogna violentarla, prenderla a calci e a pugni.

— Ma no! accarezzarla — diceva Maioli.

— Ma no, Maioli — dice lei. — Soltanto la violenza è dinamica. Stop! stop! — gridò poi.

— Fa il piacere, ferma — dico a Biagino. Ci fermiamo.

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— Sentiamo lei, signor Sconer — dice la contessina, — che è un’anima, direi così, vergine: che cosa vede?

— Io?

— Sì, signore — dice la contessina, — che cosa vede davanti a sè?

— La strada, che se non stiamo attenti....

— No, io parlo del paesaggio.

— Ah!

Era verso le sei e mezzo: il sole tramontava con un bel tempo di maggio: c’erano belle collinette verdi; su le collinette, belle casettine bianche con le finestre aperte, e una gran pace.

— Cosa vedo? delle case su la collina — rispondo.

— Guardi bene.

— Guardo bene: case su la collina.

— Questa è la prima sensazione — dice la contessina: ma lei si concentri e avrà una seconda sensazione. In altre parole, se lei fosse pittore che cosa dipingerebbe?

— Casette su la collina — dissi io.

— Ma non vede — insistette la contessina — qualche altra cosa fluttuare nell’atmosfera?

— Mi dispiace; ma non vedo.

La guida artistica fece un gesto d’impazienza. Cominciava a diventare seccante quel signore.

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— Scusate — dice Maioli, — anch’io non vedo che casette su la collina....

— Perchè lei è vecchio — salta su a dire la guida artistica. — Il suo occhio non è nè più nè meno di una macchina fotografica: lei non ha sensazioni: lei non vede il movimento vibrante. Le casette danzano in lento ritmo, ma danzano: le finestre aperte esclamano per la beatitudine: oh, oh, oh! Bisogna esprimere questa danza e questa beatitudine. Io per esprimere quelle che quel signore (questo son io!) chiama casette, farei una teoria di fanciulle ondeggianti in ritmo, che con la bocca aperta per la beatitudine fanno oh, oh, oh!

La contessina è entusiasta.

— E chi non ha questa sensazione — conclude lui — è un rinoceronte!

Lui parla con Maioli, ma pare che si riferisca a me. Mi pare che sia il caso di rilevare l’offesa.

— Sì — dico — signore, per me è indifferente o casette o fanciulle. Ma lei mi sembra che conosca poco la modestia.

— La modestia? Ah, ah, ah!

Tutti e due si mettono a ridere come matti.

Vorrei sapere cosa ho detto da far ridere a quel modo.

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*

Questa è stata la gita artistica; per effetto della quale l’anima saggia di Ginetto Sconer ha preso sempre più il sopravvento. Con quella gita mi è stato fornito una specie di campionario di quello che sarà la mia casa quando essa diventerà il rendez-vous delle più spiccate personalità dell’arte e della politica.

Il giorno seguente prendo le mie informazioni: ed ecco quello che risulta. La contessa vecchia è stata di una galanteria così generosa che ha distribuito i suoi favori, oltre che ai cavalieri, anche alla fanteria di casa: il conte, padre, si è occupato, a Montecarlo, della liquidazione del suo patrimonio. Il figlio Desiderio, ufficiale di cavalleria, seguirebbe, se potesse, le vie paterne. Ultima speranza, il matrimonio con una figlia di un ricchissimo formaggiaio. Ma è sfumato anche il matrimonio, perchè i genitori della ragazza hanno fatto capire che in tempo di guerra un ufficiale può morire, e perciò non si fanno nozze con prospettiva di funerali. Vi è gente che ha ancora la testa su le spalle.

Rimane il palazzo, coperto di ipoteche, rimane il sangue blu, benchè molti dicano che il sangue blu del padre non c’entra. Rimane Grifone, [p. 94 modifica]cavallo nero e storico, che, con finimenti d’argento, trascina su la vecchia carrozza la vecchia contessa.

Quanto poi alla contessina, chi sostiene che le manchi qualche altra cosa oltre alla totalità del sangue blu; chi si limita alla mancanza di un venerdì.

Ora anche Ginetto Sconer, per quanto sensibile, ha la testa su le spalle e, fra le orecchie, il cervello.

— Caro conte, — dico a Maioli — mi dispiace: il matrimonio non è una lirica ma un poema continuativo. Ho pensato, e rifiuto.

(Esclamazione di meraviglia).

Proseguo: — Potrei dire che la merce non è uguale al campione.

(Esclamazioni di sdegno).

— Ma non è per questo. Lei voleva cacciare l’articolo, come dicono a Milano. Lei mi ha parlato del sangue blu, ma non mi ha mica detto che è un sangue blu mezzo matto, che non sa cos’è il preventivo, e cos’è il consuntivo.

— Ma che linguaggio è questo? — esclamò Maioli. — Io vi facevo capitano della più bella fregata che sia stata varata nell’oceano femminile, e voi mi parlate di consuntivo e di preventivo.

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— Sì, per essere poi silurato!

— Voi siete un uomo glaciale, un calcolatore! ma voi sarete punito! L’amore concede le sue gioie supreme soltanto a chi è pronto ai supremi cimenti. Voi siete un pusillanime. Non sarete mai amato, mai!

E mi voltò le spalle.

Quell’uomo è idiota e terribile.