Il guarany/Parte Terza/Capitolo I

Parte Terza - I. La partenza

../../Parte Terza ../Capitolo II IncludiIntestazione 27 marzo 2023 75% Da definire

José de Alencar - Il guarany (1857)
Traduzione dal portoghese di Giovanni Fico (1864)
Parte Terza - I. La partenza
Parte Terza Parte Terza - Capitolo II
[p. 5 modifica]

CAPITOLO I.


LA PARTENZA.

Erano le sei del mattino del lunedì, quando don Antonio de Mariz fece chiamare suo figlio.

Il vecchio fidalgo avea vegliato buona parte della notte scrivendo, e riflettendo sopra i pericoli che minacciavano la sua famiglia.

Pery aveagli raccontate tutte le particolarità del suo incontro cogli Aimorè; e il cavaliere che conosceva la ferocia e lo spirito vendicativo di quella razza selvaggia, aspettava ad ogni momento di essere assaltato.

Perciò di concerto con Alvaro, don Diego e il suo scudiero Ayres Gomes avea prese tutte quelle cautele, che gli erano consigliate dalla sua lunga esperienza.

Quando suo figlio entrò, il vecchio fidalgo [p. 6 modifica]terminava di suggellare due carte scritte la sera innanzi.

— Figlio mio, diss’egli con una lieve emozione, questa notte ho riflettuto sopra quello che ci può capitare, e giudicai che vi conviene partire oggi stesso per San Sebastiano.

— Non è possibile, signore!... Vi par giusto di allontanarmi quando correte un pericolo?

— Sì! È nell’imminenza di un gran pericolo che io, capo della casa, sento esser mio dovere di salvare il rappresentante del mio nome, il mio erede legittimo, il protettore della mia famiglia orfana.

— Confido in Dio, padre mio, che i vostri sospetti saranno infondati; ma se egli volesse sottoporci a una tal prova, l’unico luogo che compete a vostro figlio, all’erede del vostro nome, è in questa casa minacciata; è al vostro fianco per difendervi e partecipare alla vostra sorte, qualunque ella sia.

Don Antonio strinse suo figlio al petto.

— Ti riconosco; tu sei mio figlio: è il mio sangue giovanile che scorre nelle tue vene, è il mio cuore d’una volta che parla per le tue labbra. Lascia non pertanto che i cinquant’anni d’esperienza, che passarono da indi in poi sul mio capo incanutito, ti apprendano qual divario corra dall’adolescenza alla vecchiezza, dal cavaliere ardente al padre di una famiglia.

— V’intendo, signore; ma per l’amore che vi consacro, toglietemi al dolore e alla vergogna [p. 7 modifica]di lasciarvi nel momento che più avete bisogno di un servitore fedele e devoto.

— Non è una spada, don Diego, che ci darà la vittoria, fosse pur valente e forte come la vostra: di quaranta combattenti, che vanno per avventura ad affrontarsi contro centinaia e centinaia di nemici, uno di più uno di meno non importa all’effetto.

— Sia pur così, rispose il cavaliere con energia; reclamo il mio posto d’onore, il mio diritto al pericolo; se non basterò per vincere, potrò almeno morire accanto a’ miei.

— Ed è per questo nobile ma sterile orgoglio, che volete sacrificare l’unico mezzo di salvezza che forse ci resta, se, come temo, le mie previsioni si avverano?

— Che volete dire, signore?

— Qualunque sia la forza ed il numero dei nemici, ho fede che il valore portoghese e la postura di questa casa mi aiuteranno a resistere per alcun tempo, per venti giorni, fors’anco per un mese; ma alla fine ci sarà forza soccombere.

— Allora?... sclamò don Diego pallido.

— Allora se mio figlio don Diego, in luogo di rimanere in questa casa per un’imprudente ostinazione, sarà arrivato al Rio de Janeiro, e chiederà l’aiuto che fidalghi portoghesi di certo non gli ricuseranno; potrà volare in soccorso di suo padre, e giungere in tempo a difendere la sua famiglia. Allora vedrà che questa gloria di essere il salvatore della sua casa, val bene l’onore di un pericolo inutile. [p. 8 modifica]

Don Diego piegò un ginocchio a terra, e baciò con tenerezza la mano del fidalgo:

— Perdonate, padre mio, se non vi aveva compreso. Dovea indovinare che don Antonio de Mariz non può richiedere dal figlio, se non ciò che è degno del padre.

— Andate, don Diego, non v’ha tempo da perdere. Ricordatevi che un’ora, un minuto di ritardo non abbiano per avventura ad essere contati ansiosamente da quelli che vi attendono.

— Parto in quest’istante, disse il cavaliere in atto di avviarsi alla porta.

— Prendete; questa carta è per don Francesco di Souza, governatore di cotesto distretto; quest’altra è per mio cognato e vostro zio Crispim Tenreiro. Nella prima chiedo un soccorso di gente contro il probabile assalto degli Aimorè. Sono certo che il governatore non tarderà a rinviarvi accompagnato da buon nerbo de’ suoi soldati. Nella seconda do avviso a vostro zio del pericolo che ci minaccia, e lo prego, in caso di disgrazia, di vegliare sopra quelli della mia famiglia che sopravviveranno, che forse sarete voi solo....

Queste ultime parole furono pronunciate dal fidalgo con un tuono di voce molto commosso; indi riprese mestamente:

— Potessi allontanare anche Cecilia, e toglierla al fato che le sovrasta. Povera fanciulla! Forse la tua esistenza non è dissimile a quella del fiore schiantato dal turbine anzi la sera. Ed io di te [p. 9 modifica]non meno infelice, vissuto hai forse troppo a lungo per vedere lo sperpero delle mie più care speranze! A tanto era serbata la mia canutezza!...

— Spero nel cielo che i vostri non saranno che vani fantasmi di un’immaginazione sbigottita.

— Io pur lo desidero, figlio mio, ma sento qui entro una voce, che mi parla un linguaggio affatto nuovo. Il cuore, per chi sa intenderlo, quante cose non gli rivela! In ogni caso non mi reputerò al tutto sventurato, se saprò che resta dietro di me chi avrà cura di far rivivere il mio nome e quello della mia progenie. Andate, don Diego, e disponetevi alla partenza...

In quel punto entrò Alvaro.

— Date ordine, Alvaro, disse il fidalgo, che da quest’istante nessuno dei miei compagni d’armi lasci la casa; due sentinelle restino di guardia in tutte le ore del giorno e della notte alla porta, ad impedire il passo e a vegliare che nessuno si accosti per di fuori. In breve io sarò con loro per cominciare gli apparecchi di difesa. Non dobbiamo lasciarci cogliere alla sprovveduta.

Impartendo questi ordini, don Antonio de Mariz già avea ricuperata l’antica fermezza dell’animo; non era più il padre di famiglia inquieto sulla sorte de’ suoi cari, ma il generale che risoluto e con calma mira da lungi l’appressarci della battaglia.

Alvaro trovò gli avventurieri non senza qualche angustia su quello che stava per succedere. Erano gente coraggiosa, indomita, pronta a [p. 10 modifica]mettersi ad ogni sbaraglio; ma sapeano che il nemico, ond’erano minacciati, abbondava pure di intrepidezza e di valore, e che era di loro molto più numeroso. Oltracciò sentivano ribrezzo del modo di guerreggiare di quella gente selvaggia, che, non che risparmiare la vita del nemico, imbandisce le mense delle sue carni.

Quando udirono l’ordine di don Antonio de Mariz di non lasciare la casa, non poterono dissimulare il loro malcontento. Avvezzi a correre liberamente la campagna, abborrivano quella specie di assedio, che senza dubbio sarebbe accompagnato da qualche privazione. Ma Alvaro li rinfrancò con acconcio discorso, e terminò col dire:

— Non è solo la nostra vita che abbiamo a difendere, essa poco vale per ognuno di noi; sì la persona di colui che confida nel nostro zelo e nel nostro coraggio, e la tranquillità di una famiglia onorata che tutti apprezziamo.

Queste nobili parole del cavaliere, e l’affabilità del gesto, che rendea più soave la fermezza della sua voce, serenarono compiutamente gli animi; tutti si mostrarono soddisfatti.

Solo Loredano era disperato per vedersi costretto a ritardare l’effettuazione del suo disegno; essendo cosa di troppo rischio tentarla in casa, nel mezzo di tutti, e soggetto a tradirsi per un gesto, per un segnale.

Alvaro scambiò alcune parole con Ayres Gomes, e voltossi di nuovo agli avventurieri.

— Don Antonio de Mariz ha bisogno di [p. 11 modifica]quattro uomini fidati per accompagnare suo figlio Diego alla città di San Sebastiano. È una missione pericolosa; quattro uomini in questi deserti marciano di pericolo in pericolo. Chi di voi si offre per eseguirla?

Venti uomini si presentarono; il cavaliere ne scelse tre fra loro.

— Voi sarete il quarto, Loredano.

Loredano, che teneasi ascoso fra i suoi compagni, rimase come fulminato a coteste parole; uscire in quella occasione di casa era perder per sempre la sua più ardente speranza; durante la sua assenza potea svelarsi ogni cosa.

— Mi duole di essere obbligato a negare il servizio che esigete da me; ma mi sento malfermo e senza forze per fare un viaggio.

Il giovane sorrise.

— Non vi ha infermità, che possa impedire un uomo dall’adempiere al proprio dovere; e sovra tutto, quando è un uomo valente e leale come voi, Loredano.

Dipoi abbassò la voce per non essere udito dagli altri avventurieri:

— Se non partite, sarete passato per le armi fra un’ora. Dimenticate che la vostra vita sta nelle mie mani, e che vi uso una cortesia facendovi uscire di questa casa?

Loredano comprese che non v’era modo di ricalcitrare; bastava che Alvaro lo accusasse di aver tratto sopra di lui, bastava una sua sola parola per farlo condannare dal capo e da’ suoi propri compagni. [p. 12 modifica]

— Apparecchiatevi, disse il cavaliere ai quattro avventurieri che avea scelti; fra mezz’ora vi tocca partire.

Alvaro si ritirò.

Loredano restò un momento abbattuto sotto il peso della fatalità che si aggravava sopra di lui; ma a poco a poco ricuperò la calma e l’ardire; da ultimo perfino sorrise.

Affinchè sorridesse, occorreva che qualche inspirazione infernale fosse uscita dal centro della terra a quell’anima votata al delitto.

Fe’ un cenno a Ruy Soeiro, e ambedue si avviarono ad una cameretta occupata da Loredano sull’estremo dello spianato. Qui s’intrattennero alcun tempo, conversando rapidamente e a voce bassa.

Furono interrotti da Ayres Gomes, che battè colla spada nella porta:

— Olà! Loredano. A cavallo, uomini: e buon viaggio.

Loredano aperse la porta e stava per uscire; ma voltossi di nuovo indietro e disse a Ruy Soeiro:

— Badate agli uomini di guardia; ciò è essenziale.

— Andate tranquillo.

Pochi minuti dopo don Diego, col cuore straziato e le lagrime agli occhi, stringeva fra le braccia la sua diletta madre, Cecilia che adorava, e Isabella che già amava come sorella.

Dipoi si sciolse da loro con uno sforzo, fece [p. 13 modifica]in fretta la scala e discese nella valle; qui ricevette la benedizione di suo padre, e dopo abbracciato Alvaro, saltò in sella al cavallo tenuto per le redini da Ayres Gomes.

Nell’atto che il giovane, dando di sprone al cavallo, partiva al galoppo, Pery apparve sull’orlo del bosco.

La piccola cavalcata passò, e a poco andare sparì nello svolto del cammino.

Pery, colle braccia incrociate, maravigliato all’estremo, in forse di quel che accadeva, vide Loredano passar nel mezzo de’ suoi compagni, e prendere il cammino del Rio de Janeiro.