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di lasciarvi nel momento che più avete bisogno di un servitore fedele e devoto.

— Non è una spada, don Diego, che ci darà la vittoria, fosse pur valente e forte come la vostra: di quaranta combattenti, che vanno per avventura ad affrontarsi contro centinaia e centinaia di nemici, uno di più uno di meno non importa all’effetto.

— Sia pur così, rispose il cavaliere con energia; reclamo il mio posto d’onore, il mio diritto al pericolo; se non basterò per vincere, potrò almeno morire accanto a’ miei.

— Ed è per questo nobile ma sterile orgoglio, che volete sacrificare l’unico mezzo di salvezza che forse ci resta, se, come temo, le mie previsioni si avverano?

— Che volete dire, signore?

— Qualunque sia la forza ed il numero dei nemici, ho fede che il valore portoghese e la postura di questa casa mi aiuteranno a resistere per alcun tempo, per venti giorni, fors’anco per un mese; ma alla fine ci sarà forza soccombere.

— Allora?... sclamò don Diego pallido.

— Allora se mio figlio don Diego, in luogo di rimanere in questa casa per un’imprudente ostinazione, sarà arrivato al Rio de Janeiro, e chiederà l’aiuto che fidalghi portoghesi di certo non gli ricuseranno; potrà volare in soccorso di suo padre, e giungere in tempo a difendere la sua famiglia. Allora vedrà che questa gloria di essere il salvatore della sua casa, val bene l’onore di un pericolo inutile.