Della dissimulazione onesta/XXV. Conclusione del trattato

XXV. - Conclusione del trattato

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XXIV. Come nel cielo ogni cosa è chiara
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XXV.

Conclusione del trattato

Avendo affermato che in questa vita non sempre si ha da esser di cuor trasparente, mi par bene di conchiuder con affettuoso rivolgimento alla dissimulazione stessa.

Oh virtú, che sei il decoro di tutte l’altre virtú, le quali allora son piú belle quando in qualche modo son dissimulate, prendendo l’onestá del tuo velo, per non far vana pompa di se medesime. Oh rifugio de’ difetti, che nel tuo seno si sogliono nascondere. Tu alle fortune grandi sei di gran servigio, per sostenerle, ed alle picciole porgi la mano, perché in tutto non si veggano andar per terra. Nel buono e nel mal tempo bisognano le tue vesti, e nella notte non meno che nel giorno, e non piú fuori che in casa. Io non ti conobbi per tempo, ed a poco a poco ho appreso che in effetto non sei altro che arte di pazienzia, che insegna cosí di non ingannare come di non essere ingannato. Il non creder a tutte le promesse, il non nudrire tutte le speranze, son le cose che ti producono. Le porpore, nel meglio del lor vermiglio, sogliono ricorrere al nero del tuo manto; le corone d’oro non han luce che talora non abbia bisogno delle tue tenebre. Gli scettri, che spesse volte non si portano dalla tua mano, facilmente vacillano; e ’l folgore delle spade, se non si serve di alcuna tua nube, riluce invano. La prudenza, tra ogni suo sforzo, non ha miglior cosa di te; e benché di molte altre si mostri ornata, a tempo sa goder del tuo silenzio, piú che di ogni altro effetto delle sue industrie. Misero il mondo, [p. 173 modifica]se tu non soccorressi i miseri. A te appartiene di usar molti ufici nell’ordinar le republiche, nell’amministrar la guerra, e nel conservar la pace; e dall’altra parte si veggono quanti disordini, quante perdite e quante ruvine son succedute, quando sei stata posta in abbandono e s’è dato luogo a manifesti furori, da che son seguíti quegl’infortunii che tante volte han diturpate le provincie intiere. Quando un, che doverebbe perire di fame, ha fortuna di poter dar il cibo a molti, quando un ignorante è riputato dotto da chi sa meno di lui, quando un indegno ha qualche degnitá, e quando un vile si tiene per nobile, come si potrebbe vivere se tu non accommodass’i sensi a cosí duri oggetti? Vorrei che mi fosse permesso di manifestare tutto l’obligo che ho a’ benefici che mi hai fatti; ma invece di renderti grazie, offenderei le tue leggi non dissimulando quanto per ragione ho dissimulato.