Dell'arte della guerra/Libro sesto

Libro sesto

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DELL’ARTE


DELLA GUERRA


DI NICCOLÒ MACHIAVELLI





LIBRO SESTO


Zanobi.


I
O credo che sia bene, poichè si debbe mutare ragionamento, che Batista pigli l’ufficio suo e io deponga il mio; e verreno in questo caso ad imitare i buoni capitani, secondo che io intesi già quì dal signore; i quali pongono i migliori soldati dinanzi e di dietro all’esercito, parendo loro necessario avere davanti chi gagliardamente appicchi la zuffa e chi, di dietro, gagliardamente la sostenga. Cosimo, pertanto, cominciò questo ragionamento prudentemente, e Batista prudentemente lo finirà. Luigi ed io l’abbiamo in questi mezzi intrattenuto. E come ciascuno di noi ha presa la parte sua volentieri, così non credo che Batista sia per ricusarla.

Batista. Io mi sono lasciato governare infino a quì; così sono per lasciarmi per lo avvenire. Pertanto, signore, siate [p. 332 modifica]contento di seguitare i ragionamenti vostri e, se noi v’interrompiamo con queste pratiche, abbiateci per iscusati.

Fabrizio. Voi mi fate, come già vi dissi, cosa gratissima; perchè questo vostro interrompermi non mi toglie fantasia, anzi me la rinfresca. Ma, volendo seguitare la materia nostra, dico come ormai è tempo che noi alloggiamo questo nostro esercito; perchè voi sapete che ogni cosa desidera il riposo, e sicuro, perchè riposarsi, e non si riposare sicuramente, non è riposo perfetto. Dubito bene che da voi non si fusse desiderato che io l’avessi prima alloggiato, dipoi fatto camminare e, in ultimo, combattere; e noi abbiamo fatto al contrario. A che ci ha indotto la necessità, perchè, volendo mostrare, camminando, come uno esercito si riduceva dalla forma del camminare a quella dell’azzuffarsi, era necessario avere prima mostro come si ordinava alla zuffa. Ma, tornando alla materia nostra, dico che, a volere che lo alloggiamento sia sicuro, conviene che sia forte e ordinato. Ordinato lo fa la industria del capitano, forte lo fa o il sito o l’arte. I Greci cercavano de’ siti forti, e non si sarebbero mai posti dove non fusse stata o grotta o ripa di fiume o moltitudine di arbori, o altro naturale riparo che gli difendesse. Ma i Romani non tanto alloggiavano sicuri dal sito quanto dall’arte; nè mai sarebbero alloggiati ne’ luoghi dove eglino non avessero potuto, secondo la disciplina loro, distendere tutte le loro genti. Di quì nasceva che i Romani potevano tenere una forma d’alloggiamento, perchè volevano che il sito ubbidisse a loro, non loro al sito. Il che non potevano osservare i Greci, perchè, ubbidendo al sito e variando i siti di forma, conveniva che ancora eglino variassero il modo dello alloggiare e la forma degli loro alloggiamenti. I Romani adunque, dove il sito mancava di fortezza, supplivano con l’arte e con la industria. E perchè io, in questa mia narrazione, ho voluto che si imitino i Romani, non mi partirò nel modo dello [p. img modifica]


[p. img modifica] [p. 333 modifica]alloggiare da quegli, non osservando però al tutto gli ordini loro, ma prendendone quella parte quale mi pare che a’ presenti tempi si confaccia. Io vi ho detto più volte come i Romani avevano, negli loro eserciti Consolari, due Legioni d’uomini Romani, i quali erano circa undicimila fanti e seicento cavalli; e di più avevano altri undicimila fanti di gente mandata dagli amici in loro aiuto: nè mai negli loro eserciti avevano più soldati forestieri che Romani, eccetto che di cavalli, i quali non si curavano passassero il numero delle Legioni loro; e, come in tutte l’azioni loro, mettevano le Legioni in mezzo e, gli ausiliari da lato. Il quale modo osservavano ancora nello alloggiarsi, come per voi medesimi avete potuto leggiere in quegli che scrivono le cose loro; e però io non sono per narrarvi appunto come quegli alloggiassero, ma per dirvi solo con quale ordine io al presente alloggerei il mio esercito, e voi allora conoscerete quale parte io abbia tratta da’ modi Romani. Voi sapete che, all’incontro di due Legioni Romane, io ho preso due battaglioni di fanti, di semila fanti e trecento cavalli utili per battaglione, e in che battaglie, in che arme, in che nomi io li ho divisi. Sapete come nell’ordinare l’esercito a camminare e a combattere, io non ho fatto menzione d’altre genti, ma solo ho mostro come, raddoppiando le genti, non si aveva se non a raddoppiare gli ordini. Ma volendo, al presente, mostrarvi il modo dello alloggiare, mi pare da non stare solamente con due battaglioni, ma da ridurre insieme uno esercito giusto, composto, a similitudine del Romano, di due battaglioni e di altrettante genti ausiliarie. Il che fo, perchè la forma dello alloggiamento sia più perfetta, alloggiando uno esercito perfetto; la quale cosa nelle altre dimostrazioni non mi è paruta necessaria. Volendo adunque alloggiare uno esercito giusto di ventiquattro mila fanti e di duemila cavalli utili, essendo diviso in quattro battaglioni, due [p. 334 modifica]di gente propria e due di forestieri, terrei questo modo. Trovato il sito dove io volessi alloggiare, rizzerei la bandiera capitana e, intorno, le disegnerei uno quadro che avesse ogni faccia discoste da lei cinquanta braccia; delle quali qualunque, l’una guardasse l’una delle quattro regioni del cielo, come è levante, ponente, mezzodì e tramontana; tra il quale spazio vorrei che fusse lo alloggiamento del capitano. E perchè io credo che sia prudenza, e perchè così in buona parte facevano i Romani, dividerei gli armati da’ disarmati e separerei gli uomini impediti dagli espediti. Io alloggerei tutti, o la maggior parte degli armati, dalla parte di levante, e i disarmati e gli impediti dalla parte di ponente, faccendo levante la testa e ponente le spalle dello alloggiamento e mezzodì e tramontana fussero i fianchi. E per distinguere gli alloggiamenti degli armati, terrei questo modo: io moverei una linea dalla bandiera capitana e la guiderei verso levante per uno spazio di secentottanta braccia. Farei dipoi due altre linee che mettessero in mezzo quella e fussero di lunghezza quanto quella, ma distante ciascuna da lei quindici braccia; nella estremità delle quali vorrei fusse la porta di levante, e lo spazio, che è tra le due estreme linee, facesse una via che andasse dalla porta allo alloggiamento del capitano; la quale verrebbe ad essere larga trenta braccia e lunga secento trenta, perchè cinquanta braccia ne occuperebbe lo alloggiamento del capitano, e chiamassesi questa la via capitana; movessesi dipoi un’altra via dalla porta di mezzodì infino alla porta di tramontana, e passasse per la testa della via capitana e rasente lo alloggiamento del capitano di verso levante, la quale fusse lunga mille dugento cinquanta braccia, perchè occuperebbe tutta la larghezza dello alloggiamento, e fusse larga pure trenta braccia e si chiamasse la via di croce. Disegnato adunque che fusse lo alloggiamento del capitano e queste due vie, si cominciassero a disegnare gli alloggiamenti de’ [p. 335 modifica]due battaglioni proprj; e uno ne alloggerei da mano destra della via capitana, e uno da sinistra. E però, passato lo spazio che tiene la larghezza della via di croce, porrei trentadue alloggiamenti dalla parte sinistra della via capitana, e trentadue dalla parte destra, lasciando, tra il sedicesimo e diciassettesimo alloggiamento, uno spazio di trenta braccia; il che servisse a una via traversa che attraversasse per tutti gli alloggiamenti de’ battaglioni, come nella distribuzione d’essi si vedrà. Di questi due ordini di alloggiamenti, ne’ primi delle teste, che verrebbero ad essere appiccati alla via di croce, alloggerei i capi degli uomini d’arme; ne’ quindici alloggiamenti che da ogni banda seguissono appresso, le loro genti d’arme, che, avendo ciascuno battaglione centocinquanta uomini d’arme, toccherebbe dieci uomini d’arme per alloggiamento. Gli spazi degli alloggiamenti de’ capi fussero, per larghezza, quaranta e, per lunghezza, dieci braccia. E notisi che, qualunque volta io dico larghezza, significo lo spazio da mezzodì a tramontana, e, dicendo lunghezza, quello da ponente a levante. Quelli degli uomini d’arme fussero quindici braccia per lunghezza e trenta per larghezza. Negli altri quindici alloggiamenti che da ogni parte seguissono, i quali avrebbero il principio loro passata la via traversa e che avrebbero il medesimo spazio che quegli degli uomini d’arme, alloggerei i cavalli leggieri; de’ quali, per essere centocinquanta, ne toccherebbe dieci cavalli per alloggiamento; e nel sedecimo che ne restasse, alloggerei il capo loro, dandogli quel medesimo spazio che si dà al capo degli uomini d’arme. E così gli alloggiamenti de’ cavalli de’ due battaglioni verrebbero a mettere in mezzo la via capitana e dare regola agli alloggiamenti delle fanterie, come io narrerò. Voi avete notato come io ho alloggiato i trecento cavalli d’ogni battaglione, con gli loro capi, in trentadue alloggiamenti posti in sulla via capitana e cominciati dalla via di Croce; [p. 336 modifica]come dal sedici al diciassette resta uno spazio di trenta braccia per fare una via traversa. Volendo pertanto alloggiare le venti battaglie che hanno i due battaglioni ordinarj, porrei gli alloggiamenti d’ogni due battaglie dietro gli alloggiamenti de’ cavalli, che avessero ciascuno, di lunghezza, quindici braccia e, di larghezza, trenta come quegli de’ cavalli, e fussero congiunti dalla parte di dietro, che toccassero l’uno l’altro. E in ogni primo alloggiamento, da ogni banda, che viene appiccato con la via di croce, alloggerei il connestabole d’una battaglia, che verrebbe a rispondere allo alloggiamento del capo degli uomini d’arme; ed avrebbe questo alloggiamento solo di spazio, per lunghezza, venti braccia e, per lunghezza, dieci. Negli altri quindici alloggiamenti, che da ogni banda seguissono dopo questo infino alla via traversa, alloggerei da ogni parte una battaglia di fanti, che, essendo quattrocentocinquanta, ne toccherebbe per alloggiamento trenta. Gli altri quindici alloggiamenti porrei continui, da ogni banda, a quegli de’ cavalli leggieri, con gli medesimi spazi, dove alloggerei da ogni parte un’altra battaglia di fanti. E nell’ultimo alloggiamento porrei da ogni parte il connestabole della battaglia, che verrebbe ad essere appiccato con quello del capo de’ cavalli leggieri, con lo spazio di dieci braccia per lunghezza e di venti per larghezza. E così questi due primi ordini di alloggiamenti sarebbero mezzi di cavalli e mezzi di fanti. E perchè io voglio, come nel suo luogo vi dissi, che questi cavalli sieno tutti utili, e per questo non avendo famigli che, nel governare i cavalli o nell’altre cose necessarie, gli sovvenissono, vorrei che questi fanti che alloggiassero dietro a’ cavalli, fussero obligati ad aiutargli provvedere e governare a’ padroni, e per questo fussero esenti dall’altre fazioni del campo; il quale modo era osservato da’ Romani. Lasciato dipoi, dopo questi alloggiamenti, da ogni parte, uno spazio di trenta braccia che facesse via e chiamassesi l’una, [p. 337 modifica]prima via a mano destra, e l’altra, prima via a sinistra, porrei da ogni banda un altro ordine di trentadue alloggiamenti doppi, che voltassero la parte di dietro l’uno all’altro, con gli medesimi spazi che quegli ho detti, e divisi dopo i sedecimi nel medesimo modo, per fare la via traversa; dove alloggerei da ogni lato quattro battaglie di fanti con i Connestabili nelle teste da piè e da capo. Lasciato dipoi, da ogni lato, un altro spazio di trenta braccia che facesse via, che si chiamasse da una parte, la seconda via a man destra, e dall’altra parte, la seconda via a sinistra, metterei un altro ordine da ogni banda di trentadue alloggiamenti doppi, con le medesime distanze e divisioni; dove alloggerei da ogni lato altre quattro battaglie con gli loro Connestabili. E così verrebbero ad essere alloggiati, in tre ordini d’alloggiamenti per banda, i cavalli e le battaglie degli due battaglioni ordinarj, e metterebbero in mezzo la via capitana. I due battaglioni ausiliarj, perchè io gli fo composti de’ medesimi uomini, alloggerei da ogni parte di questi due battaglioni ordinarj, con gli medesimi ordini di alloggiamenti, ponendo prima uno ordine di alloggiamenti doppi dove alloggiassono mezz’i cavalli e mezz’i fanti, discosto trenta braccia dagli altri, per fare una via che si chiamasse, l’una, terza via a man destra, e l’altra, terza via a sinistra. E dipoi farei da ogni lato due altri ordini di alloggiamenti, nel medesimo modo distinti e ordinati che sono quegli de’ battaglioni ordinarj, che farebbero due altre vie; e tutte quante si chiamassono dal numero e dalla mano dov’elle fussero collocate. In modo che tutta quanta questa banda di esercito verrebbe ad essere alloggiata in dodici ordini d’alloggiamenti doppi, e in tredici vie, computando la via capitana e quella di croce. Vorrei restasse uno spazio, dagli alloggiamenti al fosso, di cento braccia intorno intorno. E se voi computerete tutti questi spazi, vedrete che dal mezzo dello alloggiamento del capitano alla porta di levante, sono seicento [p. 338 modifica]ottanta braccia. Restaci ora due spazi, de’ quali, uno è dallo alloggiamento del capitano alla porta di mezzodì, l’altro è da quello alla porta di tramontana; che viene ad essere ciascuno, misurandolo dal punto del mezzo, secentoventicinque braccia. Tratto dipoi da ciascuno di questi spazi cinquanta braccia, che occupa l’alloggiamento del capitano, e quarantacinque braccia di piazza, che io gli voglio dare da ogni lato, e trenta braccia di via, che divida ciascuno di detti spazi nel mezzo, e cento braccia che si lasciano da ogni parte tra gli alloggiamenti e il fosso, resta da ogni banda uno spazio per alloggiamenti largo quattrocento braccia e lungo cento, misurando la lunghezza con lo spazio che tiene l’alloggiamento del capitano. Dividendo adunque per il mezzo dette lunghezze, si farebbe da ciascuna mano del capitano quaranta alloggiamenti lunghi cinquanta braccia e larghi venti, che verrebbero ad essere in tutto ottanta alloggiamenti; ne’ quali si alloggerebbe i capi generali de’ battaglioni, i camarlinghi, i maestri di campi e tutti quegli che avessono uffizio nell’esercito, lasciandone alcuno voto per gli forestieri che venissono e per quegli che militassero per grazia del capitano. Dalla parte di dietro dello alloggiamento del capitano moverei una via da mezzodì a tramontana, larga trenta braccia, e chiamassesi la via di testa, la quale verrebbe ad essere posta lungo gli ottanta alloggiamenti detti, perchè questa via e la via di croce metterebbero in mezzo l’alloggiamento del capitano e gli ottanta alloggiamenti che gli fussero da’ fianchi. Da questa via di testa, e di rincontro allo alloggiamento del capitano, moverei un’altra via che andasse da quella alla porta di ponente, larga pure trenta braccia, e rispondesse per sito e per lunghezza alla via capitana e si chiamasse la via di piazza. Poste queste due vie ordinerei la piazza dove si facesse il mercato; la quale porrei nella testa della via di piazza, all’incontro allo alloggiamento del capitano, [p. 339 modifica]ed appiccata con la via di testa; e vorrei ch’ella fusse quadra, e le consegnerei novantasei braccia per quadro. E da man destra e man sinistra di detta piazza farei due ordini d’alloggiamenti, che ogni ordine avesse otto alloggiamenti doppi, i quali occupassero per lunghezza dodici braccia e per larghezza trenta; sì che verrebbero ad essere da ogni mano della piazza che la mettessono in mezzo, sedici alloggiamenti che sarebbero in tutto trentadue; ne’ quali alloggerei quegli cavalli che avanzassero a’ battaglioni ausiliarj; e quando questi non bastassero, consegnerei loro alcuni di quegli alloggiamenti che mettono in mezzo il capitano, e massime di quegli che guardano verso i fossi. Restanci ora ad alloggiare le picche e i Veliti estraordinarj che ha ogni battaglione; che sapete, secondo l’ordine nostro, come ciascuno ha, oltre alle dieci battaglie, mille picche estraordinarie e cinquecento Veliti; talmente che i due battaglioni proprj hanno duemila picche estraordinarie e mille Veliti estraordinarj e gli ausiliarj quanto quegli; dimodochè si viene ancora avere ad alloggiare semila fanti, i quali tutti alloggerei nella parte di verso ponente e lungo i fossi. Dalla punta adunque della via di testa e di verso tramontana lasciando lo spazio delle cento braccia da quegli al fosso, porrei uno ordine di cinque alloggiamenti doppi, che tenessero tutti settantacinque braccia per lunghezza e sessanta per larghezza; tale che, divisa la larghezza, toccherebbe a ciascuno alloggiamento quindici braccia per lunghezza e trenta per larghezza. E perchè sarebbero dieci alloggiamenti, alloggerebbero trecento fanti, toccando ad ogni alloggiamento trenta fanti. Lasciando dipoi uno spazio di trentun braccio, porrei in simile modo e con simili spazi un altro ordine di cinque alloggiamenti doppi, e dipoi un altro, tanto che fossero cinque ordini di cinque alloggiamenti doppi; che verrebbero ad essere cinquanta alloggiamenti posti per linea retta dalla parte di tramontana, distanti [p. 340 modifica]tutti da’ fossi cento braccia, che alloggerebbero mille cinquecento fanti. Voltando dipoi in sulla mano sinistra verso la porta di ponente, porrei in tutto quel tratto che fusse da loro a detta porta, cinque altri ordini d’alloggiamenti doppi, co’ medesimi spazi e co’ medesimi modi; vero è che dall’uno ordine all’altro non sarebbe più che quindici braccia di spazio, ne’ quali si alloggerebbero ancora mille cinquecento fanti; e così dalla porta di tramontana a quella di ponente, come girano i fossi in cento alloggiamenti, compartiti in dieci ordini di cinque alloggiamenti doppi per ordine, si alloggerebbero tutte le picche e i Veliti estraordinarj de’ battaglioni proprj. E così dalla porta di ponente a quella di mezzodì, come girano i fossi nel medesimo modo appunto in altri dieci ordini di dieci alloggiamenti per ordine, si alloggerebbero le picche e i Veliti estraordinarj de’ battaglioni ausiliarii. I capi ovvero i Connestabili loro, potrebbero pigliarsi quegli alloggiamenti paressono loro più commodi dalla parte di verso i fossi. L’artiglierie disporrei per tutto lungo gli argini de’ fossi; ed in tutto l’altro spazio che restasse di verso ponente, alloggerei tutti i disarmati e tutti gli impedimenti del campo. E hassi ad intendere che, sotto questo nome di impedimenti, come voi sapete, gli antichi intendevano tutto quel traino e tutte quelle cose che sono necessarie a uno esercito, fuora de’ soldati, come sono: legnaiuoli, fabbri, maniscalchi, scarpellini, ingegneri, bombardieri, ancora che quegli si potessero mettere nel numero degli armati, mandriani con le loro mandrie di castroni e buoi che per vivere dell’esercito bisognano e, di più, maestri d’ogni arte, insieme co’ carriaggi pubblici delle munizioni pubbliche, pertinenti al vivere e allo armare. Nè distinguerei particolarmente questi alloggiamenti; solo disegnerei le vie che non avessero ad essere occupate da loro; dipoi gli altri spazi che tra le vie restassero, che sarebbero quattro, consegnerei in genere a tutti i detti [p. 341 modifica]impedimenti, cioè l’uno a’ mandriani, l’altro agli artefici e maestranze, l’altro a carriaggi pubblici de’ viveri, il quarto a quegli dell’armare. Le vie, le quali io vorrei si lasciassero senza occuparle, sarebbero la via di piazza, la via di testa e, di più, una via che si chiamasse la via di mezzo; la quale si partisse da tramontana e andasse verso mezzodì e passasse per il mezzo della via di piazza, la quale dalla parte di ponente facesse quello effetto che fa la via traversa dalla parte di levante. E, oltre a questo, una via che girasse dalla parte di dentro, lungo gli alloggiamenti delle picche e de’ Veliti estraordinarj. E tutte queste vie fussero larghe trenta braccia. E l’artiglierie disporrei lungo i fossi del campo dalla parte di drento.

Batista. Io confesso non me ne intendere; nè credo anche che a dire così mi sia vergogna, non sendo questo mio esercizio. Nondimanco, questo ordine mi piace assai; solo vorrei che voi mi solveste questi dubbi: l’uno, perchè voi fate le vie e gli spazi d’intorno sì larghi; l’altro, che mi dà più noia, è, questi spazi che voi disegnate per gli alloggiamenti, come eglino hanno a essere usati.

Fabrizio. Sappiate che io fo le vie tutte larghe trenta braccia, acciocchè per quelle possa andare una battaglia di fanti in ordinanza, che, se bene vi ricorda, vi dissi come per larghezza tiene ciascuna dalle venticinque alle trenta braccia. Che lo spazio il quale è tra il fosso e gli alloggiamenti sia cento braccia, è necessario, perchè vi si possano maneggiare le battaglie e l’artiglierie, condurre per quello le prede e, bisognando, avere spazio da ritirarsi con nuovi fossi e nuovi argini. Stanno meglio ancora gli alloggiamenti discosto assai da’ fossi, per essere più discosto a’ fuochi e alle altre cose che potesse trarre il nemico per offesa di quegli. Quanto alla seconda domanda, la intenzione mia non è che ogni spazio da me disegnato sia coperto da uno padiglione solo, ma sia usato come torna commodità a [p. 342 modifica]quegli che vi alloggiano, o con più o con manco tende, pure che non si esca de’ termini di quello. E a disegnare questi alloggiamenti, conviene sieno uomini pratichissimi e architettori eccellenti; i quali, subito che il capitano ha eletto il luogo, gli sappiano dare la forma e distribuirlo, distinguendo le vie, dividendo gli alloggiamenti con corde e con aste in modo, praticamente, che subito sieno ordinati e divisi. E a volere che non nasca confusione conviene voltare sempre il campo in uno medesimo modo, acciocchè ciascuno sappia in quale via, in quale spazio egli ha a trovare il suo alloggiamento. E questo si dee osservare in ogni tempo, in ogni luogo, e in maniera che paia una città mobile, la quale, dovunque va, porti seco le medesime vie, le medesime case e il medesimo aspetto; la quale cosa non possono osservare coloro i quali, cercando di siti forti, hanno a mutare forma secondo la variazione del sito. Ma i Romani facevano forte il luogo co’ fossi, col vallo e con gli argini, perchè facevano uno steccato intorno al campo e, innanzi a quello, la fossa, per l’ordinario larga sei braccia e fonda tre; i quali spazi accrescevano, secondo che volevano dimorare in uno luogo e secondo che temevano il nemico. Io per me al presente non farei lo steccato, se già io non volessi vernare in uno luogo. Farei bene la fossa e l’argine non minore che la detta, ma maggiore secondo la necessità, farei ancora, rispetto all’artiglierie, sopra ogni canto dello alloggiamento un mezzo circulo di fosso, dal quale le artiglierie potessero battere per fianco chi venisse a combattere i fossi. In questo esercizio di sapere ordinare uno alloggiamento si deggiono ancora esercitare i soldati e fare, con quello, i ministri pronti a disegnarlo e i soldati presti a cognoscere i luoghi loro. Nè cosa alcuna è difficile, come nel luogo suo più largamente si dirà. Perchè io voglio passare per ora alle guardie del campo, perchè, senza la distribuzione delle guardie, tutte l’altre fatiche sarebbero vane. [p. 343 modifica]

Batista. Avanti che voi passiate alle guardie, vorrei mi dicessi: quando altri vuole porre gli alloggiamenti propinqui al nemico, che modi si tengono? perchè io non so come vi sia tempo a potergli ordinare senza pericolo.

Fabrizio. Voi avete a sapere questo: che niuno capitano alloggia propinquo al nemico, se non quello che è disposto fare la giornata qualunque volta il nemico voglia; e quando altri è così disposto, non ci è pericolo se non ordinario; perchè si ordinano le due parti dell’esercito a fare la giornata, e l’altra parte fa gli alloggiamenti. I Romani in questo caso davano questa via di fortificare gli alloggiamenti a’ Triari, ed i Principi e gli Astati stavano in arme. Questo facevano perchè, essendo i Triari gli ultimi a combattere, erano a tempo, se il nemico veniva, a lasciare l’opera e pigliare l’armi e entrare ne’ luoghi loro. Voi, a imitazione de’ Romani, avresti a far fare gli alloggiamenti a quelle battaglie che voi voleste mettere nella ultima parte dell’esercito in luogo de’ Triarj. Ma torniamo a ragionare delle guardie. E’ non mi pare avere trovato, appresso agli antichi, che per guardare il campo la notte tenessero guardie fuora de’ fossi discosto, come si usa oggi, le quali chiamano ascolte. Il che credo facessero, pensando che facilmente l’esercito ne potesse restare ingannato per la difficultà che è nel rivederle, e per potere essere quelle o corrotte o oppresse dal nemico; in modo che fidarsi o in parte o in tutto di loro giudicavano pericoloso. E però tutta la forza della guardia era dentro a’ fossi; la quale facevano con una diligenza e con uno ordine grandissimo, punendo capitalmente qualunque da tale ordine deviava. Il quale, come era da loro ordinato non vi dirò altrimenti, per non vi tediare, potendo per voi medesimi vederlo quando, infino a ora, non l’aveste veduto. Dirò solo brevemente quello che per me si farebbe. Io farei stare per l’ordinario ogni notte il terzo dell’esercito armato, e di quello [p. 344 modifica]la quarta parte sempre in piè; la quale sarebbe distribuita per tutti gli argini e per tutti i luoghi dell’esercito con guardie doppie poste da ogni quadro di quello; delle quali, parte stessono saldi, parte continuamente andassero dall’uno canto dello alloggiamento all’altro. E questo ordine che io dico, osserverei ancora di giorno quando io avessi il nemico propinquo. Quanto a dare il nome, e quello rinnovare ogni sera e fare l’altre cose che in simili guardie si usano, per essere cose note, non ne parlerò altrimenti. Solo ricorderò una cosa, per essere importantissima e che genera molto bene osservandola, e, non la osservando, molto male; la quale è, che si usi gran diligenza di chi la sera non alloggia dentro al campo e di chi vi viene di nuovo. E questo è facile cosa rivedere a chi alloggia con quello ordine che noi abbiamo disegnato; perchè, avendo ogni alloggiamento il numero degli uomini determinato, è facile cosa vedere se vi manca o se vi avanza uomini, e, quando ve ne manca senza licenza, punirgli come fuggitivi, e, se ve ne avanza, intendere chi sono, quello che fanno e dell’altre condizioni loro. Questa diligenza fa che il nemico non può, se non con difficultà, tenere pratica co’ tuoi capi ed essere consapevole de’ tuoi consigli. La quale cosa se da’ Romani non fusse stata osservata con diligenza, non poteva Claudio Nerone, avendo Annibale appresso, partirsi da’ suoi alloggiamenti ch’egli aveva in Lucania, e andare e tornare dalla Marca, senza che Annibale ne avesse presentito alcuna cosa. Ma egli non basta fare questi ordini buoni, se non si fanno con una gran severità osservare; perchè non è cosa che voglia tanta osservanza, quanta si ricerca in uno esercito. Però le leggi a fortificazione di quello deggiono essere aspre e dure, e lo esecutore durissimo. I Romani punivano di pena capitale chi mancava nelle guardie, chi abbandonava il luogo che gli era dato a combattere, chi portava cosa alcuna di nascosto fuora degli [p. 345 modifica]alloggiamenti, se alcuno dicesse avere fatta qualche cosa egregia nella zuffa e non l’avesse fatta, se alcuno avesse combattuto fuora del comandamento del capitano, se alcuno avesse per timore gittato via l’armi. E quando egli occorreva che una coorte o una legione intiera avesse fatto simile errore, per non gli fare morire tutti, gl’imborsavano tutti e ne traevano la decima parte, e quelli morivano. La quale pena era in modo fatta che, se ciascuno non la sentiva, ciascuno nondimeno la temeva. E perchè dove sono le punizioni grandi, vi debbono essere ancora i premi, a volere che gli uomini ad un tratto temano o sperino, egli avevano proposti premi a ogni egregio fatto: come a colui che, combattendo, salvava la vita ad uno suo cittadino, a chi prima saliva sopra il muro delle terre nemiche, a chi prima entrava negli alloggiamenti de’ nemici, a chi avesse, combattendo, ferito o morto il nemico, a chi lo avesse gittato da cavallo. E così qualunque atto virtuoso era da’ Consoli riconosciuto e premiato e, pubblicamente, da ciascuno lodato; e quegli che conseguivano doni per alcuna di queste cose, oltre alla gloria e alla fama che ne acquistavano tra i soldati, poi ch’egli erano tornati nella patria, con solenni pompe e con gran dimostrazioni tra gli amici e parenti le dimostravano. Non è adunque maraviglia, se quel popolo acquistò tanto imperio, avendo tanta osservanza di pena e di merito verso di quelli, che o per loro bene, o per loro male operare meritassero o lode o biasimo; delle quali cose converrebbe osservare la maggior parte. Nè mi pare da tacere un modo di pena da loro osservato; il quale era che, come il reo era innanzi al tribuno o al Consolo convinto, era da quello leggiermente con una verga percosso; dopo la quale percossa al reo era lecito fuggire ed a tutti i soldati ammazzarlo; in modo che subito ciascuno gli traeva o sassi o dardi o con altre armi lo percoteva; di qualità ch’egli andava poco vivo, e rarissimi ne campavano; e a quegli tali campati non [p. 346 modifica]era lecito tornare a casa, se non con tanti incommodi e ignominie, ch’egli era molto meglio morire. Vedesi questo modo essere quasi osservato da’ Svizzeri, i quali fanno i condannati ammazzare popularmente dagli altri soldati. Il che è bene considerato e ottimamente fatto; perchè, a volere che uno non sia defensore d’uno reo, il maggiore rimedio che si truovi è farlo punitore di quello; perchè con altro rispetto lo favorisce e con altro desiderio brama la punizione sua, quando egli proprio ne è esecutore, che quando la esecuzione perviene ad uno altro. Volendo adunque che uno non sia negli errori sua favorito da uno popolo, gran rimedio è fare che il popolo l’abbia egli a giudicare. A fortificazione di questo si può addurre lo esemplo di Manlio Capitolino; il quale, essendo accusato dal senato, fu difeso dal popolo infino a tanto che non ne diventò giudice; ma, diventato arbitro nella causa sua, lo condannò a morte. È adunque un modo di punire questo da levare i tumulti e da fare osservare la giustizia. E perchè a frenare gli uomini armati non bastono nè il timore delle leggi, nè quello degli uomini, vi aggiugnevano gli antichi l’autorità di Iddio; e però con cerimonie grandissime facevano a’ loro soldati giurare l’osservanza della disciplina militare, acciocchè contrafaccendo, non solamente avessero a temere le leggi e gli uomini, ma Iddio; e usavano ogni industria per empiergli di religione.

Batista. Permettevano i Romani che negli loro eserciti fussero femmine, o vi si usasse di questi giuochi oziosi che si usano oggi?

Fabrizio. Proibivano l’uno e l’altro. E non era questa proibizione molto difficile, perchè egli erano tanti gli esercizj ne’ quali tenevano ogni dì i soldati, ora particolarmente, ora generalmente occupati, che non restava loro tempo a pensare o a Venere o a’ giuochi, nè ad altre cose che facciano i soldati sediziosi e inutili. [p. 347 modifica]

Batista. Piacemi. Ma ditemi: quando l’esercito si aveva a levare, che ordine tenevano?

Fabrizio. Sonava la tromba capitana tre volte. Al primo suono si levavano le tende e facevano le balle; al secondo caricavano le some; al terzo movevano in quel modo dissi di sopra, con gli impedimenti dopo, ogni parte di armati, mettendo le Legioni in mezzo. E però voi avresti a fare muovere uno battaglione ausiliare e, dopo quello, i suoi particolari impedimenti e, con quegli la quarta parte degli impedimenti pubblici; che sarebbero tutti quegli che fussero alloggiati in uno di quegli quadri che poco fa dimostrammo. E però converrebbe avere ciascuno di este consegnato ad uno battaglione, acciocchè, movendosi l’esercito, ciascuno sapesse quale luogo fusse il suo nel camminare. E così debbe andare via ogni battaglione co’ suoi impedimenti proprj, e con la quarta parte de’ pubblici a spalle, in quel modo dimostrammo che camminava l’esercito Romano.

Batista. Nel porre lo alloggiamento avevano eglino altri rispetti che quegli avete detti?

Fabrizio. Io vi dico di nuovo che i Romani volevano, nello alloggiare, potere tenere la consueta forma del modo loro; il che per osservare, non avevano alcuno rispetto. Ma quanto all’altre considerazioni, ne avevano due principali: l’una, di porsi in luogo sano; l’altra, di porsi dove il nemico non lo potesse assediare e torgli la via dell’acqua o delle vettovaglie. Per fuggire adunque le infermità, ei fuggivano i luoghi paludosi o esposti a’ venti nocivi. Il che conoscevano non tanto dalle qualità del sito quanto dal viso degli abitatori, e quando gli vedevano male colorati o bolsi, o di altra infezione ripieni, non vi alloggiavano. Quanto all’altra parte di non essere assediato, conviene considerare la natura del luogo, dove sono posti gli amici e dove i nemici, e da questo fare tua [p. 348 modifica]coniettura se tu puoi essere assediato o no. E però conviene che il capitano sia peritissimo de’ siti de’ paesi, e abbia intorno assai che ne abbiano la medesima perizia. Fuggesi ancora le malattie e la fame, col non fare disordinare l’esercito; perchè, a volerlo mantenere sano, conviene operare che i soldati dormano sotto le tende, che si alloggi dove sieno arbori che facciano ombra, dove sia legname da potere cuocere il cibo, che non cammini per il caldo. E però bisogna trarlo dello alloggiamento innanzi dì, la state, e di verno guardarsi che non cammini per le nevi e per i ghiacci senza avere commodità di fare fuoco, e non manchi del vestito necessario e non bea acque malvage. Quelli che ammalano a caso, farli curare da’ medici; perchè uno capitano non ha rimedio quando egli ha a combattere con le malattie e col nemico. Ma niuna cosa è tanto utile a mantenere l’esercito sano quanto è l’esercizio; e però gli antichi ciascuno dì gli facevano esercitare. Donde si vede quanto questo esercizio vale; perchè, negli alloggiamenti, ti fa sano e, nelle zuffe, vittorioso. Quanto alla fame, non solamente è necessario vedere che il nemico non t’impedisca la vettovaglia, ma provvedere donde tu abbia a averla, e vedere che quella che tu hai, non si sperda. E però ti conviene averne sempre in munizione coll’esercito per uno mese, e dipoi tassare i vicini amici che giornalmente te ne provveggano; farne munizioni in qualche luogo forte e, sopra tutto, dispensarla con diligenza, dandone ogni giorno a ciascuno una ragionevole misura; e osservare in modo questa parte ch’ella non ti disordini, perchè ogni altra cosa nella guerra si può col tempo vincere, questa sola col tempo vince te. Nè sarà mai alcuno tuo nemico, il quale ti possa superare con la fame, che cerchi vincerti col ferro; perchè, se la vittoria non è sì onorevole, ella è più sicura e più certa. Non può adunque fuggire la fame quell’esercito che non è osservante di giustizia e che licenziosamente consuma [p. 349 modifica]quello che gli pare; perchè l’uno disordine fa che la vettovaglia non vi viene, l’altro, che la venuta inutilmente si consuma. Però ordinavano gli antichi che si consumasse quella che davano e in quel tempo che volevano; perchè niuno soldato mangiava se non quando il capitano. Il che quanto sia osservato da’ moderni eserciti lo sa ciascuno, e meritamente non si possono chiamare ordinati e sobrj come gli antichi, ma licenziosi ed ebbriachi.

Batista. Voi dicesti nel principio dello ordinare lo alloggiamento, che non volevi stare solamente in su due battaglioni, ma che ne volevi torre quattro, per mostrare come uno esercito giusto si alloggiava. Però vorrei mi dicessi due cose: l’una, quando io avessi più o meno gente, come io avessi ad alloggiare: l’altra, che numero di soldati vi basterebbe a combattere contro a qualunque nemico?

Fabrizio. Alla prima domanda vi rispondo che, se l’esercito è più o meno quattro o semila fanti si lieva od aggiugne ordini di alloggiamenti tanto che basti; e con questo modo si può ire nel più e nel meno in infinito. Nondimeno i Romani, quando congiugnevano insieme due eserciti Consolari, facevano due alloggiamenti e voltavano la parte de’ disarmati l’una all’altra. Quanto alla seconda domanda, vi replico come l’esercito ordinario Romano era intorno a ventiquattromila soldati; ma quando maggiore forza gli premeva, i più che ne mettevano insieme erano cinquantamila. Con questo numero si opposono a dugentomila Francesi, che gli assaltarono dopo la guerra prima ch’egli ebbero co’ Cartaginesi. Con questo medesimo si opposono ad Annibale; e avete a notare che i Romani e i Greci hanno fatto la guerra co’ pochi, affortificati dall’ordine e dall’arte; gli occidentali o gli orientali l’hanno fatta con la moltitudine, ma l’una di queste nazioni si serve del furore naturale, come sono gli occidentali, l’altra della grande [p. 350 modifica]ubbidienza che quegli uomini hanno agli loro re. Ma in Grecia e in Italia, non essendo il furore naturale nè la naturale reverenza verso i loro re, è stato necessario voltarsi alla disciplina; la quale è di tanta forza, ch’ella ha fatto che i pochi hanno potuto vincere il furore e la naturale ostinazione degli assai. Però vi dico che, volendo imitare i Romani e i Greci, non si debbe passare il numero di cinquantamila soldati, anzi piuttosto torne meno; perchè i più fanno confusione, nè lasciano osservare la disciplina e gli ordini imparati. E Pirro usava dire che con quindicimila uomini voleva assalire il mondo. Ma passiamo ad un’altra parte. Noi abbiamo a questo nostro esercito fatta vincere una giornata, e mostro i travagli che in essa zuffa possono occorrere; abbiànlo fatto camminare, e narrato da quali impedimenti, camminando, egli possa essere circumvenuto; e in fine lo abbiamo alloggiato dove, non solamente si dee pigliare un poco di requie delle passate fatiche, ma ancora pensare come si dee finire la guerra perchè negli alloggiamenti si maneggia di molte cose, massime restandoti ancora de’ nemici alla campagna e delle terre sospette, delle quali è bene assicurarsi, e quelle che sono nemiche espugnare. Però è necessario venire a queste dimostrazioni e passare queste difficultà con quella gloria che infino a quì abbiamo militato. Però, scendendo a’ particolari, dico che, se ti occorresse che assai uomini o assai popoli facessero una cosa che fusse a te utile e a loro di danno grande, come sarebbe o disfare le mura delle loro città, o mandare in esilio molti di loro, ti è necessario o ingannargli in modo che ciascuno non creda che tocchi a lui, tanto che, non sovvenendo l’uno all’altro, si truovino dipoi oppressi tutti senza rimedio; ovvero a tutti comandare quello che deggiono fare in uno medesimo giorno, acciocchè, credendo ciascuno essere solo a chi sia il comandamento fatto, pensi ad ubbidire e non a’ rimedi; e così fia senza tumulto da ciascuno il tuo [p. 351 modifica]comandamento eseguito. Se tu avessi sospetta la fede di alcuno popolo e volessi assicurartene e occuparlo allo improvvisto, per potere colorire il disegno tuo più facilmente, non puoi far meglio che comunicare con quello alcuno tuo disegno, richiederlo di aiuto, e mostrare di voler fare altra impresa e di avere lo animo alieno da ogni pensiero di lui; il che farà che non penserà alla difesa sua, non credendo che tu pensi a offenderlo, e ti darà commodità di potere facilmente soddisfare al tuo desiderio. Quando tu presentissi che fusse nel tuo esercito alcuno che tenesse avvisato il tuo nemico de’ tuoi disegni, non puoi fare meglio, a volerti valere del suo malvagio animo, che comunicargli quelle cose che tu non vuoi fare e quelle che tu vuoi fare, tacere, e dire di dubitare delle cose che tu non dubiti e, quelle di che tu dubiti, nascondere, il che farà fare al nemico qualche impresa, credendo sapere i disegni tuoi, dove facilmente tu lo potrai ingannare e opprimere. Se tu disegnassi, come fece Claudio Nerone, diminuire il tuo esercito, mandando aiuto ad alcuno amico, e che il nemico non se ne accorgesse, è necessario non diminuire gli alloggiamenti, ma mantenere i segni e gli ordini interi, faccendo i medesimi fuochi e le medesime guardie per tutto. Così se col tuo esercito si congiungesse nuova gente, e volessi che il nemico non sapesse che tu fossi ingrossato, è necessario non accrescere gli alloggiamenti; perchè, tenere secreto le azioni e i disegni suoi, fu sempre utilissimo. Donde Metello, essendo con gli eserciti in Ispagna, a uno che lo domandò quello che voleva fare l’altro giorno, rispose che se la camicia sua lo sapesse, l’arderebbe. Marco Crasso a uno che lo domandava quando moverebbe l’esercito, disse: Credi tu essere solo a non sentire le trombe? Se tu desiderassi intendere i secreti del tuo nemico e conoscere gli ordini suoi, hanno usato alcuni mandar gli ambasciadori e con quegli, sotto veste di famigli, uomini peritissimi [p. 352 modifica]in guerra; i quali, presa occasione di vedere l’esercito nemico e considerare le fortezze e le debolezze sue gli hanno dato occasione di superarlo. Alcuni hanno mandato in esilio uno loro familiare e, mediante quello, conosciuti i disegni dello avversario suo. Intendonsi ancora simili segreti da’ nemici, quando a questo effetto ne pigliassi prigioni. Mario, nella guerra che fece co’ Cimbri per conoscere la fede di quegli Franciosi che allora abitavano la Lombardia ed erano collegati col popolo Romano, mandò loro lettere aperte e suggellate; e nelle aperte scriveva che non aprissero le suggellate se non al tale tempo; e innanzi a quel tempo ridomandandole e trovandole aperte, conobbe la fede loro non essere intera. Hanno alcuni capitani, essendo assaltati, non voluto ire a trovare il nemico, ma sono iti ad assalire il paese suo e costrettolo a tornare a difendere la casa sua. Il che molte volte è riuscito bene, perchè i tuoi soldati cominciano a vincere, a empiersi di preda e di confidenza; quegli del nemico si sbigottiscono, parendo loro di vincitori diventare perditori. In modo che a chi ha fatta questa diversione, molte volte è riuscito bene. Ma solo si può fare per colui che ha il suo paese più forte che non è quel del nemico, perchè, quando fusse altrimenti, andrebbe a perdere. È stata spesso cosa utile a uno capitano che si truova assediato negli alloggiamenti dal nemico, muovere pratica d’accordo e fare triegua con seco per alcuno giorno; il che suole fare i nemici più negligenti in ogni azione, tale che, valendoti della negligenza loro, puoi avere facilmente occasione di uscire loro delle mani. Per questa via Silla si liberò due volte da’ nemici, e con questo medesimo inganno Asdrubale in Ispagna uscì delle forze di Claudio Nerone, il quale lo aveva assediato. Giova ancora, a liberarsi dalle forze del nemico, fare qualche cosa, oltre alle dette, che lo tenga a bada. Questo si fa in due modi: o assaltarlo con parte delle forze, acciocchè, intento a quella zuffa, [p. 353 modifica]dia commodità al resto delle tue genti di potersi salvare; o fare surgere qualche nuovo accidente che, per la novità della cosa lo faccia maravigliare e per questa cagione stare dubbio e fermo; come voi sapete che fece Annibale che, essendo rinchiuso da Fabio Massimo, pose di notte facelline accese tra le corna di molti buoi, tanto che Fabio, sospeso da questa novità, non pensò impedirgli altrimenti il passo. Debbe uno capitano, tra tutte l’altre sue azioni, con ogni arte ingegnarsi di dividere le forze del nemico, o col fargli sospetti i suoi uomini ne’ quali confida, o con dargli cagione ch’egli abbia a separare le sue genti e, per questo, diventare più debole. Il primo modo si fa col riguardare le cose di alcuno di quegli ch’egli ha appresso, come è conservare nella guerra le sue genti e le sue possessioni, rendendogli i figliuoli o altri suoi necessari senza taglia. Voi sapete che Annibale, avendo abbruciato intorno a Roma tutti i campi, fece solo restare salvi quegli di Fabio Massimo. Sapete come Coriolano, venendo coll’esercito a Roma, conservò le possessioni dei nobili e quelle della plebe arse e saccheggiò. Metello, avendo l’esercito contro a Iugurta, tutti gli oratori che da Iugurta gli erano mandati, erano richiesti da lui che gli dessono Iugurta prigione: e a quegli medesimi scrivendo dipoi della medesima materia lettere, operò in modo che in poco tempo Iugurta insospettì di tutti i suoi consiglieri e in diversi modi gli spense. Essendo Annibale rifuggito ad Antioco, gli oratori Romani lo praticarono tanto domesticamente, che Antioco, insospettito di lui, non prestò dipoi più fede a’ suoi consigli. Quanto al dividere le genti nemiche, non ci è il più certo modo che fare assaltare il paese di parte di quelle acciocchè, essendo costrette andare a difendere quello, abbandonino la guerra. Questo modo tenne Fabio, avendo all’incontro del suo esercito le forze de’ Francesi, de’ Toscani, Umbri e Sanniti. Tito Didio, avendo poche genti rispetto a quelle de’ nemici e aspettando una [p. 354 modifica]legione da Roma e volendo i nemici ire ad incontrarla, acciò non vi andassero, dette voce per tutto il suo esercito di volere l’altro giorno fare giornata co’ nemici; dipoi tenne modi che alcuni de’ prigioni ch’egli aveva, ebbono occasione di fuggirsi; i quali, referendo l’ordine del Consolo di combattere l’altro giorno fecero che i nemici, per non diminuire le loro forze, non andarono ad incontrare quella Legione; e per questa via si condusse salva; il quale modo non servì a dividere le forze de’ nemici, ma a duplicare le sue. Hanno usato alcuni, per dividere le sue forze, lasciarlo entrare nel paese suo e, in pruova, lasciatogli pigliare di molte terre, acciocchè, mettendo, in quelle, guardie diminuisca le sue forze; e per questa via avendolo fatto debole, assaltatolo e vinto. Alcuni altri, volendo andare in una provincia, hanno finto di volerne assaltare un’altra e usata tanta industria che, subito entrati in quella dove e’ non si dubitava ch’egli entrassono, l’hanno prima vinta che il nemico sia stato a tempo a soccorrerla. Perchè il nemico tuo, non essendo certo se tu se’ per tornare indietro al luogo prima da te minacciato, è costretto non abbandonare l’uno luogo e soccorrere l’altro; e così spesso non difende nè l’uno nè l’altro. Importa, oltre alle cose dette, a uno capitano, se nasce sedizione o discordia tra’ soldati, saperle con arte spegnere. Il migliore modo è gastigare i capi degli errori; ma farlo in modo che tu gli abbia prima oppressi che essi se ne sieno potuti accorgere. Il modo è: se sono discosto da te, non chiamare solo i nocenti, ma insieme con loro tutti gli altri, acciocchè, non credendo che sia per cagione di punirgli, non diventino contumaci, ma dieno commodità alla punizione. Quando sieno presenti, si dee farsi forte con quegli che non sono in colpa, e, mediante lo aiuto loro, punirgli. Quando ella fusse discordia tra loro, il migliore modo è presentargli al pericolo, la quale paura gli suole sempre rendere uniti. Ma quello che sopra [p. 355 modifica]ogni altra cosa tiene l’esercito unito, è la reputazione del capitano, la quale solamente nasce dalla virtù sua, perchè nè sangue nè autorità la dette mai senza la virtù. E la prima cosa che a uno capitano si aspetta a fare, è tenere i suoi soldati puniti e pagati; perchè, qualunque volta manca il pagamento, conviene che manchi la punizione; perchè tu non puoi gastigare uno soldato che rubi, se tu non lo paghi, nè quello, volendo vivere, si può astenere dal rubare. Ma se tu lo paghi e non lo punisci, diventa in ogni modo insolente, perchè tu diventi di poca stima, dove chi capita non può mantenere la dignità del suo grado; e non lo mantenendo, ne seguita di necessità il tumulto e le discordie, che sono la rovina d’uno esercito. Avevano gli antichi capitani una molestia della quale i presenti ne sono quasi liberi, la quale era di interpretare a loro proposito gli auguri sinistri; perchè se cadeva una saetta in uno esercito, s’egli scurava il sole o la luna, se veniva un tremuoto, se il capitano o nel montare o nello scendere da cavallo cadeva, era da’ soldati interpretato sinistramente, e generava in loro tanta paura che, venendo alla giornata, facilmente l’arebbero perduta. E però gli antichi capitani, tosto che uno simile accidente nasceva, o e’ mostravano la cagione di esso e lo riducevano a cagione naturale, o e’ l’interpretavano a loro proposito. Cesare, cadendo in Affrica nello uscire di nave, disse: Affrica io t’ho presa. E molti hanno renduto la cagione dello oscurare della luna e de’ tremuoti; le quali cose ne’ tempi nostri non possono accadere, sì per non essere i nostri uomini tanto superstiziosi, sì perchè la nostra religione rimuove in tutto da se tali opinioni. Pure, quando egli occorresse, si dee imitare gli ordini degli antichi. Quando o fame o altra naturale necessità o umana passione ha condotto il nemico tuo ad una ultima disperazione e, cacciato da quella, venga a combattere teco, dèi starti dentro a’ tuoi alloggiamenti e, quanto è [p. 356 modifica]in tuo potere, fuggire la zuffa. Così fecero i Lacedemoni contro a’ Messeni, così fece Cesare contro ad Afranio e Petrejo. Essendo Fulvio Consolo contro a’ Cimbri, fece molti giorni continui alla sua cavalleria assaltare i nemici, e considerò come quegli uscivano degli alloggiamenti per seguitargli; donde che quello pose uno agguato dietro agli alloggiamenti de’ Cimbri e, fattigli assaltare da’ cavalli e i Cimbri uscendo degli alloggiamenti per seguitargli, Fulvio gli occupò e saccheggiogli. È stato di grande utilità ad alcuno capitano, avendo l’esercito propinquo all’esercito nemico, mandare le sue genti con le insegne nemiche a rubare ed ardere il suo paese proprio; donde che i nemici hanno creduto che sieno genti che vengano loro in aiuto, e sono ancora essi corsi ad aiutare far loro la preda, e per questo disordinatisi, e dato facultà allo avversario loro di vincergli. Questo termine usò Alessandro di Epiro combattendo contra agli Illirici e Leptene siracusano contra a’ Cartaginesi; ed all’uno ed all’altro riuscì il disegno facilmente. Molti hanno vinto il nemico, dando a quello facultà di mangiare e bere fuora di modo, simulando di avere paura e lasciando gli alloggiamenti suoi pieni di vino e di armenti; de’ quali, sendosi ripieno il nemico sopra ogni uso naturale lo hanno assaltato e, con suo danno, vinto. Così fece Tamiri contra a Ciro e Tiberio Gracco contra agli Spagnuoli. Alcuni hanno avvelenati i vini e l’altre cose da cibarsi per potere più facilmente vincergli. Io dissi poco fa come io non trovavo che gli antichi tenessero la notte ascolte fuora, e stimavo lo facessero per schifare i mali che ne poteva nascere; perchè si truova che, non ch’altro, le velette che pongono il giorno a velettare il nemico, sono state cagioni della rovina di colui che ve le pose, perchè molte volte è accaduto che, essendo state prese, è stato loro fatto fare per forza il cenno col quale avevano a chiamare i suoi; i quali al segno venendo, sono stati o morti o [p. 357 modifica]presi. Giova ad ingannare il nemico qualche volta variare una tua consuetudine; in sulla quale fondandosi quello, ne rimane rovinato; come fece già uno capitano il quale, solendo far fare cenno a’ suoi per la venuta de’ nemici, la notte, col fuoco e, il dì, col fumo, comandò che senza alcuna intermissione si facesse fumo e fuoco, e dipoi, sopravvenendo il nemico, si restasse; il quale, credendo venire senza essere visto, non veggendo fare segni da essere scoperto, fece, per ire disordinato, più facile la vittoria al suo avversario. Mennone Rodio, volendo trarre de’ luoghi forti l’esercito nemico mandò uno, sotto colore di fuggitivo, il quale affermava come il suo esercito era in discordia e che la maggior parte di quello si partiva; e per dare fede alla cosa, fece fare in pruova certi tumulti tra gli alloggiamenti, donde che il nemico pensando di poterlo rompere, assaltandolo, fu rotto. Debbesi, oltre alle cose dette, avere riguardo di non condurre il nemico in ultima disperazione; a che ebbe riguardo Cesare combattendo co’ Tedeschi; il quale aperse loro la via, veggendo come, non si potendo fuggire, la necessità gli faceva gagliardi; e volle più tosto la fatica di seguirgli quando essi fuggivano, che il pericolo di vincergli, quando si difendevano. Lucullo, veggendo come alcuni cavalli di Macedonia ch’erano seco, se ne andavano dalla parte nemica, subito fe’ sonare a battaglia e comandò che l’altre genti li seguissono; donde i nemici, credendosi che Lucullo volesse appiccare la zuffa, andarono a urtare i Macedoni con tale impeto, che quegli furono costretti difendersi; e così diventarono contra a loro voglia di fuggitivi combattitori. Importa ancora il sapersi assicurare d’una terra, quando tu dubiti della sua fede, vinta che tu hai la giornata o prima, il che t’insegneranno alcuni esempj antichi. Pompeo, dubitando de’ Catinensi li pregò che fussero contenti accettare alcuni infermi ch’egli aveva nel suo esercito; mandato, sotto abito di infermi, uomini robustissimi [p. 358 modifica]occupò la terra. Publio Valerio, temendo della fede degli Epidauri, fece venire, come noi diremmo, un perdono a una chiesa fuor della terra, e, quando tutto il popolo era ito per la perdonanza, serrò le porte e dipoi non ricevè dentro se non quegli di chi egli confidava. Alessandro Magno, volendo andare in Asia e assicurarsi di Tracia, ne menò seco tutti i Principi di quella provincia, dando loro provvisione, e a’ populari di Tracia prepose uomini vili; e così fece i Principi contenti, pagandogli, e i popolari quieti, non avendo capi che gli inquietassono. Ma tra tutte le cose con le quali i capitani si guadagnano i popoli, sono gli esempj di castità e di giustizia; come fu quello di Scipione in Ispagna, quando egli rendè quella fanciulla di corpo bellissima al padre e al marito; la quale gli fece più che coll’armi guadagnare la Ispagna. Cesare, avendo fatto pagare quelle legne ch’egli aveva adoperato per fare lo steccato intorno al suo esercito in Francia, si guadagnò tanto nome di giusto, ch’egli si facilitò lo acquisto di quella provincia. Io non so che mi resti a parlare altro sopra questi accidenti; nè ci resta sopra questa materia parte alcuna che non sia stata da noi disputata. Solo ci manca a dire del modo dell’espugnare e difendere le terre; il che sono per fare volentieri, se già a voi non rincrescesse.

Batista. La umanità vostra è tanta, ch’ella ci fa conseguire i desiderj nostri senza avere paura di essere tenuti prosuntuosi; poichè voi liberamente ne offerite quello che noi ci saremmo vergognati di domandarvi. Però vi diciamo solo questo: che a noi non potete fare maggiore nè più grato beneficio, che fornire questo ragionamento. Ma prima che passiate a quell’altra materia, solveteci uno dubbio: s’egli è meglio continuare la guerra ancora il verno, come si usa oggi, o farla solamente la state e ire alle stanze il verno, come gli antichi. [p. 359 modifica]

Fabrizio. Ecco, che se non fusse la prudenza del domandatore, egli rimaneva indietro una parte che merita considerazione. Io vi dico, di nuovo, che gli antichi facevano ogni cosa meglio e con maggiore prudenza di noi; e se nelle altre cose si fa qualche errore, nelle cose della guerra si fanno tutti. Non è cosa più imprudente o più pericolosa a uno capitano, che fare la guerra il verno, e molto più pericolo porta colui che la fa che quello che l’aspetta. La ragione è questa: tutta la industria che si usa nella disciplina militare, si usa per essere ordinato a fare una giornata col tuo nemico, perchè questo è il fine al quale ha ad ire uno capitano, perchè la giornata ti dà vinta la guerra o perduta. Chi sa adunque meglio ordinarla; chi ha l’esercito suo meglio disciplinato, ha più vantaggio in questa e più può sperare di vincerla. Dall’altro canto non è cosa più nemica degli ordini, che sono i siti aspri o i tempi freddi e acquosi; perchè il sito aspro non ti lascia distendere le tue copie secondo la disciplina, i tempi freddi e acquosi non ti lasciano tenere le genti insieme, nè ti puoi unito presentare al nemico, ma ti conviene alloggiare disiunto di necessità e senza ordine avendo ad ubbidire a’ castegli, a’ borghi e alle ville che ti ricevano, in maniera che tutta quella fatica da te usata per disciplinare il tuo esercito è vana. Nè vi maravigliate se oggi guerreggiano il verno; perchè, essendo gli eserciti senza la disciplina, non conoscono il danno che fa loro il non alloggiare uniti, perchè non dà loro noia non potere tenere quegli ordini e osservare quella disciplina che non hanno. Pure e’ doverrebbono vedere di quanti danni è stato cagione il campeggiare la vernata, e ricordarsi come i Francesi, l’anno millecinquecentotre, furono rotti in sul Garigliano dal verno e non dagli Spagnuoli. Perchè, come io vi ho detto, chi assalta ha ancora più disavvantaggio; perchè il mal tempo l’offende più, essendo in casa altri e volendo fare la guerra. [p. 360 modifica]Onde è necessitato, o, per stare insieme, sostenere la incommodità dell’acqua e del freddo, o, per fuggirla, dividere le genti. Ma colui che aspetta può eleggere il luogo a suo modo e aspettarla con le sue genti fresche; e quelle può, in uno subito unire ed andare a trovare una banda delle genti nemiche, le quali non possono resistere all’impeto loro. Così furono rotti i Francesi, e così sempre fieno rotti coloro che assalteranno la vernata uno nemico che abbia in se prudenza. Chi vuole adunque che le forze, gli ordini, le discipline e la virtù in alcuna parte non gli vaglia, faccia guerra alla campagna il verno. E perchè i Romani volevano che tutte queste cose in che eglino mettevano tanta industria valessono loro, fuggivano non altrimenti le vernate, che l’alpi aspre e i luoghi difficili e qualunque altra cosa gli impedisse a potere mostrare l’arte e la virtù loro. Sicchè questo basti alla domanda vostra, e vegnamo a trattare della difesa ed offesa delle terre e de’ siti e della edificazione loro.