Cronica delle cose occorrenti ne' tempi suoi/Libro terzo/39

Libro terzo - Capitolo 39

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Qualità e fine di Betto Brunelleschi (1311).

Messer Betto Brunelleschi e la sua casa erano di progenie ghibellina. Fu ricco di molte possessione e d’avere; fu in grande infamia del popolo, però che ne’ tempi delle carestie serrava il suo grano, dicendo: "O aronne tal pregio, o non si venderà mai". Molto trattava male i Bianchi e i Ghibellini sanza niuna piatà, per due cagioni: la prima, per esser meglio creduto da quelli che reggevano; l’altra, perché non aspettava mai di tal fallo misericordia. Molto era aoperato in anbascerie, perché era buono oratore: familiare fu assai con papa Bonifazio; con messer Napoleone Orsino cardinale, quando fu Legato in Toscana, fu molto dimestico, e tennelo a parole, togliendoli ogni speranza di mettere pace tra i Bianchi e’ Neri di Firenze.

Questo cavaliere fu in gran parte cagione della morte di messer Corso Donati; e a tanto male s’era dato, che non curava né Dio né ’l mondo, trattando accordo co’ Donati, scusando sé e accusando altri. Un giorno, giucando a scacchi, due giovani de’ Donati con altri loro compagni vennono a lui da casa sua, e fedironlo di molte ferite per lo capo, per modo lo lasciarono per morto: ma un suo figliuolo fedì un figliuolo di Biccicocco, per modo che pochi dì ne visse. Messer Betto alquanti dì stette per modo che si credea campasse; ma dopo alquanti dì, arrabbiato, sanza penitenzia o soddisfazione a Dio e al mondo, e con gran disgrazia di molti cittadini, miseramente morì: della cui morte molti se ne rallegrorono, perché fu pessimo cittadino.