Volgarizzamento della prima Epistola di Cicerone al fratello Quinto
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Avvenga ch’io non dubitassi che questa epistola molti messi ed eziandio essa fama con la sua velocità vincerebbero e che tu prima dagli altri udiresti che ’l terzo anno è arroto al nostro desideroso aspettare e alla tua fatica, nondimeno ho stimato convenirsi che eziandio da me ti fosse annunziata questa molestia. Perocché per le prime lettere, non una ma più, avendo già gli altri perduta speranza del fatto, nondimeno io ti dava speranza che tosto avresti successore; e questo faceva non solamente perché più lungo tempo con questa gioconda opinione io ti dilettassi, ma eziandio perché tanto studio si poneva e da noi e da’ pretori ch’io non mi sfidava la cosa potere venir fatta. Ora, perché gli è sì intervenuto che né i pretori con tutto 1 loro potere né noi col nostro studio abbiamo potuto giovare alcuna cosa, è ben malagevole a non portare questo gravemente, ma nondimeno gli animi nostri, nel fare e nel sostenere le grandissime cose usati ed esercitati, non si conviene per niuna gravezza rompere o indebilire. Perocché solo quelle cose gli uomini debbono molestissimamente portare le quali per loro colpa sono avvenute, alcuna cosa è in questo fatto che dêe essere più grave a portare a me che a te, perocché per mia colpa intervenne contro a quello che tu m’avevi detto partendoti e poi per tue lettere m’avevi scritto, cioè che ’l secondo anno tu non avessi successore. La qualcosa, volendo io provvedere alla salute de’ nostri compagni e volendo resistere alla imprudenza d’alcuni mercatanti, desiderando che la nostra gloria per la tua virtù accrescesse, feci nescientemente, e specialmente adoperando cosa per la quale quell’anno secondo eziandio questo terzo s’ha potuto recare dietro.