Vite dei filosofi/Libro Sesto/Vita di Metrocle

Libro Sesto - Vita di Metrocle

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Diogene Laerzio - Vite dei filosofi (III secolo)
Traduzione dal greco di Luigi Lechi (1842)
Libro Sesto - Vita di Metrocle
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CAPO VI.


Metrocle.


I. Metrocle, fratello d’Ipparchia, il quale da principio fu uditore di Teofrasto il peripatetico, era sì guasto di salute, che disputando tratto tratto, ed in quel mezzo sfuggendogli non so come dei venti, si avvilì per modo, che chiuso in casa volea lasciarsi morir di fame. Saputolo Crate, andovvi chiamato da lui, e fatta a bella posta una buona satolla di lupini, si pose da prima a persuaderlo con ragioni che nulla di male avea fatto; poichè sarebbe un prodigio se i venti non uscissero naturalmente; in fine spetezzando anch’egli, lo riconfortò cercando di consolarlo colla somiglianza dei fatti. D’allora in poi Metrocle fu suo uditore, e divenne uomo valente in filosofia.

II. Secondo Ecatone, nel primo delle Crie, abbruciando costui i proprii scritti, diceva:

       Questi non son che immagini dei sogni
       Dell’altro mondo,


cioè frivolezze. Secondo altri, ardendo le lezioni raccolte dalla bocca stessa di Teofrasto, disse:

       Qua t’accosta, o Vulcan, Teli ha mestieri
       Di te.

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III. Egli diceva che tra le cose alcune si potevano comperare per danaro, come una casa; altre col tempo e colla diligenza, come l’istruzione. — Che la ricchezza era dannosa, se pur taluno degnamente non ne faceva uso.

IV. Morì soffocatosi da sè stesso per essere vecchio.

V. Discepoli suoi furono Teombroto e Cleomene; discepolo di Teombroto Demetrio l’alessandrino; di Cleomene Timarco alessandrino ed Echecle efesio. Ciò non di meno Echecle udì anche Teombroto, del quale fu discepolo Menedemo, di cui parleremo. — Menippo sinopese fu pur chiaro tra questi.