Versi (Cattermole)/Intimità/A Vittoria
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A VITTORIA
I
È UNA calunnia che il criterio sfida
Giunta a ’l suo casto orecchio di bambina:
M’hanno dipinta a lei cinica, infida,
Un mostro nuovo, una fatal rovina.
Pure avvien che mi guardi e mi sorrida
Qualunque volta a me passi vicina,
E se talun la biasima e la sgrida,
Vieppiù mi volge allor la sua testina;
Testina bruna, intelligente e pia,
Dinanzi a cui si piegano i ginocchi,
Siccome de ’l Murillo a una Maria.
Io non impreco a’ perfidi e a gli sciocchi,
Ma mentre lenta seguito la via,
Di tratto in tratto mi rasciugo gli occhi.
II
E SPESSO questo mio segreto affetto
D’amica, di sorella esule e stanca,
Mi porta intorno a ’l suo tranquillo tetto
Cui mattutino il sol bacia ed imbianca.
Ch’ella s’affacci su ’l balcone aspetto,
Fra convolvoli e rose a destra e a manca;
Mentre lavora a qualche suo merletto,
E suona la sua voce ilare e franca.
Aspetto, aspetto, non so dir che cosa:
Un cenno, un riso che m’allieti il core,
Un tralcio di convolvoli, una rosa.
Ma no. Da lei vo’ sol ch’ella mi guardi;
E pietà mi faran, più che dolore,
Le offese de gl’inetti e de’ codardi.