Utente:L'inesprimibile nulla/Concerto per voci e luce


LUCA BONAZZI


ANATOMIA E PATOLOGIA DEI VIANDANTI E DELLE LORO CONVERSAZIONI NOTTAMBULE


concerto per voci e luce








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STANZA PRIMA

CONTRADDIZIONE


PREMESSA


L. fuma e sogna un'altra vita; è la campagna e il suburbano, allucinato dalla concretezza del suo corpo sotto il sole, dove il dolore non si può più sostenere. Il corpo ci sedusse; ma presto, nell'assurdo, ci si rivelò impossibile — il paradosso d'un'esistenza dissimula l'orrore dell'attesa, in giochi che non finiscono mai; attesa che è sempre, attesa spasmodica insostenibile del nulla; parimenti e per inverso, nostalgia di ciò che è stato e non è potuto essere altrimenti. Se necessario è il simbolo del carnefice, auspicammo, allora, potesse calare presto il suo emblema terribile; salvo poi, decidere d'aver messo all'eccidio noi stessi. Passano nei cieli stagioni indicibili, che si tramutano nel malumore del viso, nel peso del corpo; e l'erba affatica il suo passo, nell'aria densa; pensa che vivemmo; laggiù, forse, un tempo, forse, una civiltà anteriore ormai estinta, di cui ci restano soltanto i cadaveri, i ruderi immensi, incomunicabili.


PREMESSA


Discinto riverso sul fianco, L. fuma vestito d'abiti plebei, affaticati della fatica del giorno, dell'assenza stessa di fatica, senza carne. Rimugina, sogna un'altra vita che eppure non si può dare (non può darsi).

Ti odio! Ma odiarti non basta! Odiarti è il secondo nome dell'amore, è la variazione sul tema che ne consolida lo statuto. Non riesco a togliermi questa terribile orrenda immagine di te, che continua ad uccidermi giorno dopo giorno. Come se non fosse mai esistita una vita prima. Come se fossi nato in questo dolore e non ne potessi uscire.

La meditazione sull'immagine della morte mi assale ogni giorno. La differenza più sostanziale risiede in un fatto banale, triviale al punto: che oggi non avrei nemmeno più il coraggio di morire.



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Di Sade restano il desiderio e l'agonia, lo splendore sublime delle membra crude, sciolte, la cauterizzazione buia eccelsa del corpo, senza resurrezione, l'ecatombe delirante. L'idea della possessione, del primato, sempre squisitamente intellettuale, il desiderio d'espiazione mediante le pene più orrende, torna allora nell'ossessione e nel delirio, bella e feroce, come la terra e le sevizie, atroce e ambigua, come la carne di notte e i suoi dèmoni proibiti. Chi domina è già morto nei secoli, nella vertigine delle angosce, nel dilemma tremendo di chi sa e ha osato vedere ciò che non doveva essere rivelato, perché così ha conosciuto il volto dell'apocalisse, il nulla della storia; la violazione, la perpetrazione del crimine, condurre il dominio ai suoi limiti estremi, alla vertigine del dolore, è, perciò, mito, pandemia, noi fatti il nulla stesso che ci vinse e possedette. Chi desidera lo stupro, vuole il genocidio dell'umanità, la liberazione crudele del corpo nel suo annichilimento, nella sottigliezza sofisticata, tentatrice, dello stillicidio perverso, nel continente nero del desiderio che eccede il limite della voglia.

No Klaus, non ti odio, ti disprezzo semplicemente. Dalla prima volta che ti ho visto, ho sempre pensato tu fossi un uomo subdolo e insignificante. Non vivi, reciti. Millanti una cultura e un'intelligenza che non hai, e che usi soprattutto per sedurre i tuoi adepti, soggiogarli, soddisfare la tua stupida sete di potere, meglio se nei confronti di donne, che poi, capiscono ben presto il nulla che rappresenti, e ben presto si stufano del trombone che sei. Dici di averne passate molte, ma non hai imparato nulla, quello che fai ogni giorno, la tua insensibilità, lo confermano. Escludiamo il fatto che tu non abbia una sola passione degna di un uomo; ma vivi in un posto provinciale, in una casa pretenziosa, come pretenziose sono le cose che scrivi, non hai una reputazione accademica, dopo Schönberg, Kubrik, Heidegger, le avanguardie storiche, per te non c'è nulla, come tutti i geni incompresi, ti adorano solo pochi amici di cui ti sei circondato, la tua corte, il tuo harem, quando suoni, lo fai con la freddezza di un grammofono, non esuli mai dal repertorio accademico, andare a una mostra di De Chirico, una conversazione vagamente esistenzialista, ti sembrano ancora eventi rivoluzionari, conosci solo pochi autori a te cari, provinciali anch'essi, che richiami una filastrocca, senza aver mai capito nemmeno nulla di loro, figurarsi di altri. Hai dei gusti da poveraccio che s'è improvvisato qualcosa da poter chiamare cultura. Sei semplicemente patetico.




















Finì combusta, rocce, pesciolini, fogli a righe di differenti spaziatura, romanzi di formazione e pegni, donativi soavi, allori, galli, galline, uccellini, maiali cinesi, grigliate, riforme, rivendicazioni, parole, ciccione, libro, Proust, amministratore.

Buio non ancora
cauterizzato del corpo.
Estasi d'un dolore
gigante ed animale. Estasi d'un dolore


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SCENA II

TITOLETTO 2


Cestino di rose. Buio non ancora cauterizzato del corpo. Estasi d'un dolore gigante ed animale. Estasi d'un dolore gigante ed animale. Estasi d'un dolore gigante ed