Una svista
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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1839-1942
UNA SVISTA.
Fu ppropio una disgrazzia: j’assicuro
Che mm’è ssuccesso senza corpa1 mia.
Eppoi, chiami er padron de l’ostaria,
Che jje pò ddì la verità llui puro.2
Io spasseggiavo fòr de Porta Pia,
E mme n’annavo accost’ accosto ar muro:
Anzi era tardi assai, e mme figuro
Che stassi3 pe’ ssonà la vemmaria.
Viscin’ all’oste inciàmpico4 in un torzo,5
L’ariccojjo,6 eppoi ordino un bucale;7
Dico: “Sor oste, se pò bbeve un zorzo?„8
Tratanto cór un atto scasuale,9
Tirai ’na torzatona a un cane còrzo,10
E azzeccai ne la groppa a un cardinale.11
5 febbraio 1839.
Note
- ↑ Colpa.
- ↑ Pure.
- ↑ Stasse.
- ↑ Inciampo.
- ↑ [Torso, torsolo.]
- ↑ Lo raccolgo.
- ↑ Un boccale. [Un po’ più di due litri.]
- ↑ Si può bere un sorso?
- ↑ Casuale.
- ↑ Còrso.
- ↑ Fuori la Porta Pia, come luogo ameno e poco frequentato, amano i cardinali di scendere dai loro cocchi e passeggiare. Altrettanto fa il Papa.