Una ne fa e ccento ne penza

Giuseppe Gioachino Belli

1835 Indice:Sonetti romaneschi IV.djvu sonetti letteratura Una ne fa e ccento ne penza Intestazione 18 marzo 2024 75% Da definire

La bbocca de mmèscia La fiaccona
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1835

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UNA NE FA E CCENTO NE PENZA.[1]

     Ma cche ccosa sce tiènghi[2] in quela testa?
Guardela si cche[3] imbrojji s’impasticcia!
Se[4] dà de peggio? Pijjà una sarciccia[5]
E ffassela[6] arrostì sott’a la vesta!

     Cqua sto marito,[7] aló,[8] una cosa lesta.
Co’ cchi pparlo? Alegria,[9] fàmola[10] spiccia.
Sai mo, ssotto, che ccarne sfumaticcia!
Phuh, ssentitela llì: ppuzza c’appesta.

     Oh cqua ssì, cc’è da méttesce in cusscenza[11]
Li capelli canuti da l’angossce.
Ajjutateme voi, santa Pascenza.[12]

     Va’, cché da la matina se cconossce
Er bon giorno. Oh gguardate: una schifenza,[13]
Cór marito oggni sempre tra le cossce!

15 gennaio 1835.

Note

  1. [Modo proverbiale.]
  2. Ci tieni.
  3. Se quali.
  4. Si.
  5. Salsiccia.
  6. Farsela.
  7. Caldanino, detto anche scaldìno. [E, secondo i casi, in Toscana pure si dice non solo caldanino, ma anche scaldìno e marito.]
  8. Allons.
  9. Presto, su.
  10. Facciamola.
  11. C’è da metterci [in coscienza] daddovero.
  12. Santa Pazienza, registrata nel martirologio romano.
  13. Personettaccia da nulla.