Canzoniere (Rerum vulgarium fragmenta)/Una donna piú bella assai che 'l sole

Una donna piú bella assai che 'l sole

../Rimansi a dietro il sestodecimo anno ../Quelle pietose rime in ch'io m'accorsi IncludiIntestazione 22 settembre 2008 75% Poesie

Rimansi a dietro il sestodecimo anno Quelle pietose rime in ch'io m'accorsi

 
Una donna piú bella assai che ’l sole,
et piú lucente, et d’altrettanta etade,
con famosa beltade,
acerbo anchor mi trasse a la sua schiera.
5Questa in penseri, in opre et in parole
(però ch’è de le cose al mondo rade),
questa per mille strade
sempre inanzi mi fu leggiadra altera.
Solo per lei tornai da quel ch’i’ era,
10poi ch’i’ soffersi gli occhi suoi da presso;
per suo amor m’er’io messo
a faticosa impresa assai per tempo:
tal che, s’i’arrivo al disïato porto,
spero per lei gran tempo
15viver, quand’altri mi terrà per morto.

Questa mia donna mi menò molt’anni
pien di vaghezza giovenile ardendo,
sí come ora io comprendo,
sol per aver di me piú certa prova,
20mostrandomi pur l’ombra o ’l velo o’ panni
talor di sé, ma ’l viso nascondendo;
et io, lasso, credendo
vederne assai, tutta l’età mia nova
passai contento, e ’l rimembrar mi giova,
25poi ch’alquanto di lei veggi’or piú inanzi.
I’dico che pur dianzi
qual io non l’avea vista infin allora,
mi si scoverse: onde mi nacque un ghiaccio
nel core, et èvvi anchora,
30et sarà sempre fin ch’i’ le sia in braccio.

Ma non me ’l tolse la paura o ’l gielo
che pur tanta baldanza al mio cor diedi
ch’i’ le mi strinsi a’ piedi
per piú dolcezza trar de gli occhi suoi;
35et ella, che remosso avea già il velo
dinanzi a’ miei, mi disse: - Amico, or vedi
com’io son bella, et chiedi
quanto par si convenga agli anni tuoi. -
- Madonna - dissi - già gran tempo in voi
40posi ’l mio amor, ch’i’ sento or sí infiammato,
ond’a me in questo stato
altro volere o disvoler m’è tolto. -
Con voce allor di sí mirabil’ tempre
rispose, et con un volto
45che temer et sperar mi farà sempre:

- Rado fu al mondo fra cosí gran turba
ch’udendo ragionar del mio valore
non si sentisse al core
per breve tempo almen qualche favilla;
50ma l’adversaria mia che ’l ben perturba
tosto la spegne, ond’ogni vertú more
et regna altro signore
che promette una vita piú tranquilla.
De la tua mente Amor, che prima aprilla,
55mi dice cose veramente ond’io
veggio che ’l gran desio
pur d’onorato fin ti farà degno;
et come già se’ de’ miei rari amici,
donna vedrai per segno
60che farà gli occhi tuoi via piú felici. -

I’ volea dir: - Quest’è impossibil cosa -;
quand’ella: - Or mira - et leva’ gli occhi un poco
in piú riposto loco -
donna ch’a pochi si mostrò già mai. -
65Ratto inchinai la fronte vergognosa,
sentendo novo dentro maggior foco;
et ella il prese in gioco,
dicendo: - I’ veggio ben dove tu stai.
Sí come ’l sol con suoi possenti rai
70fa súbito sparire ogni altra stella,
cosí par or men bella
la vista mia cui maggiore luce preme.
Ma io però da’ miei non ti diparto,
ché questa et me d’un seme,
75lei davanti et me poi, produsse un parto. -

Ruppesi intanto di vergogna il nodo
ch’a la mia lingua era distretto intorno
su nel primiero scorno,
allor quand’io del suo accorger m’accorsi;
80e ’ncominciai: - S’egli è ver quel ch’i’ odo,
beato il padre, et benedetto il giorno
ch’à di voi il mondo adorno,
et tutto ’l tempo ch’a vedervi io corsi;
et se mai da la via dritta mi torsi,
85duolmene forte, assai piú ch’i’ non mostro;
ma se de l’esser vostro
fossi degno udir piú, del desir ardo. -
Pensosa mi rispose, et cosí fiso
tenne il suo dolce sguardo
90ch’al cor mandò co le parole il viso:

- Sí come piacque al nostro eterno padre,
ciascuna di noi due nacque immortale.
Miseri, a voi che vale?
Me’ v’era che da noi fosse il defecto.
95Amate, belle, gioveni et leggiadre
fummo alcun tempo: et or siam giunte a tale
che costei batte l’ale
per tornar a l’anticho suo ricetto;
i’ per me sono un’ombra. Et or t’ò detto
100quanto per te sí breve intender puossi. -
Poi che i pie’ suoi fur mossi,
dicendo: - Non temer ch’i’ m’allontani -,
di verde lauro una ghirlanda colse,
la qual co le sue mani
105intorno intorno a le mie tempie avolse.

Canzon, chi tua ragion chiamasse obscura,
di’: - Non ò cura, perché tosto spero
ch’altro messaggio il vero
farà in piú chiara voce manifesto.
110I’ venni sol per isvegliare altrui,
se chi m’impose questo
non m’inganò, quand’io partí’ da lui. -