Un'antra usanza
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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1832
UN’ANTRA USANZA.
Povero sor Canonico! è schiattato:
Se n’agnéde1 a l’entrà dde primavera.
Come ch’ebbe er bijjetto de prelato,
Je pijjò un accidente, e bbona sera.
Li creditori, appena fu ccrepato,
J’abbiffòrno2 la casa e cquanto sc’era;
Perché llui pe’ spuntà cquer prelatato,
Ce se spese, a ddì ppoco, una miggnera.3
Bbono ch’a le nipote ebbe cuscenza
D’ottenejje dar Papa sto conforto
De li scinqu’anni de sopravvivenza.4
Sibbè in cuesto er Capitolo scià storto,5
Discenno ch’è una granne impertinenza
D’eguajjà un prete vivo a un prete morto.
Roma, 5 dicembre 1832.
Note
- ↑ Se ne andò.
- ↑ [Gli biffarono: gli misero i sigilli.]
- ↑ Miniera.
- ↑ È uso non infrequente a Roma, sì nel civile, come, e anche di più, nell’ecclesiastico, di accordare agli stipendiati alcuni anni di onorari dopo la lor morte, che per lo più servono a pagare i vizi della vita.
- ↑ Ci ha storto: dal verbo storcere, cioè: “torcere la bocca, in segno di disapprovazione o disgusto.„