Trattato sul governo di Firenze/Trattato terzio/Capitolo terzo

Trattato terzio - Capitolo terzio

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Trattato terzio - Capitolo secondo


Della felicità di chi bene regge, e miseria de’ tiranni e suoi seguaci.

Essendo, dunque, el presente governo piú di Dio che delli uomini, quelli cittadini, che con gran zelo dello onore di Dio e del ben commune, osservando le predette cose, si sforzeranno quanto potranno di ridurlo a perfezione, acquisteranno felicità terrena, spirituale ed eterna.

Prima, si liberranno della servitù del tiranno, la quale quanto sia grande l’abbiamo dichiarato di sopra; e viveranno in vera libertà, la quale è piú preziosa che l’oro e l’argento; e staranno securi nella sua città attendendo al governo delle case loro, e alli onesti guadagni, e alli loro poderi, con gaudio e tranquillità di mente. E quando Dio li multiplicherrà la roba o li onori, non averanno paura che sieno tolti loro. Poteranno andare in villa, o dove vorranno, senza adomandare licenzia al tiranno; e maritare le loro figliuole e figliuoli come piacerà a loro; e far nozze, e stare allegri, e avere quelli compagni che a loro piaceranno; e darse alle virtú, o delli studii delle scienzie, o delle arte, come vorranno; e fare simili altre cose, le quali seranno una certa felicità terrena.

Dapoi ne seguiterà la felicità spirituale, perché ciascuno poterà darsi al bene vivere cristiano, e da niuno serà impedito. Nè serà alcuno constretto con minacce a non fare iustizia quando serà nelli magistrati, perché ognuno serà libero; né, per povertà, a far cattivi contratti, però che, essendo bono governo nella città, abunderà di ricchezze, e per tutto si lavorerà, e li poveri guadagneranno, e li figliuoli loro e figliuole potranno nutrire santamente, perché si faranno legge bone circa la onestà delle donne e de’ fanciulli, e massime che si multiplicherrà per questo el culto divino; però che Dio, vedendo la bona mente loro, li manderà boni pastori, dicendo la Scrittura che "Dio dà li pastori secondo popoli": e potranno tali pastori senza impedimento reggere le loro pecorelle, e multiplicheranno li boni sacerdoti e boni relligiosi, massime che lí non potranno vivere li cattivi, perché uno contrario scaccia l’altro: e cosí, in brieve tempo, si ridurrà la città a tanta relligione, che sarà come uno Paradiso terrestre, e viverà in iubilo e in canti e psalmi; e li fanciulli e fanciulle saranno come angeli, e li nutriranno nel vivere cristiano e civile insieme: per li quali poi, al tempo suo, si farà nella città il governo piú tosto celeste che terrestre, e sarà tanta la letizia delli boni, che aranno una certa felicità spirituale in questo mondo.

Terzio, per questo non solamente meriteranno la felicità eterna, ma etiam grandemente augumenteranno li loro meriti, e crescerà la corona loro in Cielo, perché Dio dà massimo premio a chi governa bene la città: però che, essendo la beatitudine premio della virtú, quanto la virtú dello uomo è maggiore e fa maggior cose, tanto merita maggior premio; conciosia dunque che sia maggiore virtú reggere sé e altri, e massime una communità e uno regno, che reggere solamente sé medesimo, seguita che chi regge bene una communità meriti grandissimo premio in vita eterna. Onde noi vediamo che in tutte le arte si dà maggiore premio al principale, che regge tutte le cose dell’arte, che alli serventi, che obediscono al principale: certo maggiore premio si dà al capitano dello esercito nell’arte militare, che alli soldati: e nell’arte dello edificare similmente si dà maggiore premio al maestro e allo architettore, che alli manuali; e simile è nell’altre arte. Item, quanto la operazione dell’uomo è piú eccellente, e piú onora Dio, e fa maggiore utilità alli prossimi, tanto piú è meritoria. Conciosia dunque ch’el governare bene una communità, massime una tale quale è la fiorentina, sia opera eccellente, e che resulti massimamente nello onore di Dio, e facci grandissima utilità alle anime e corpi e a’ beni temporali delli uomini, come si può facilmente intendere per quello che abbiamo detto di sopra, non è da dubitare che merita eccellente premio e grandissima gloria.

Item, noi vediamo che chi fa una elemosina, o pasce pochi poveri, è grandemente premiato da Dio, dicendo el nostro Salvatore, che nel dí del iudicio si volterà alli iusti e dirà: - Venite, benedicti dal Padre, possedete el regno a voi apparecchiato dalla origine del mondo; perché quando io avevo fame e sete e che io era nudo e peregrino, me avete pasciuto e vestito e ricevuto, e visitato quando era infermo; però che quello, che avete fatto a uno delli miei minimi, avete ancora fatto a me. - Se dunque, per le elemosine particulari, Dio premierà grandemente ognuno, quanto premio darà a chi governerà bene una città grande, per el governo buono della quale si pascano infiniti poveri, si provede a molti miseri, si difende le vidue e pupilli, si cava delle mani de’ potenti e iniqui le persone che non si possono altrimenti contra la loro forza defendere, si libera el paese da ladri e assassini, si custodisce li boni, e mantiensi il ben vivere e il culto divino, e fannosi infiniti altri beni? Item, ogni simile ama el suo simile, e tanto piú è amato da lui, quanto piú a lui si assimiglia: essendo dunque tutte le creature simile a Dio, sono da lui tutte amate; ma perché alcune sono piú simile a lui che l’altre, sono ancora quelle da lui piú amate: conciosia dunque che chi governa è molto piú simile a Dio che colui che è governato, è cosa manifesta che, se governa iustamente, è piú da Dio amato e premiato, che nelle proprie operazioni quando non governa; massime che chi governa è in maggiore pericolo e maggiori fatiche di mente e di corpo, che colui che non governa: onde ancora merita maggiore premio.

Per contrario, chi vuole essere tiranno, è infelice in questo mondo, prima, di infelicità terrena, però che, quanto alle ricchezze, non le può godere per molte afflizioni di animo e timori e continui pensieri, e massime che bisogna spendere assai per mantenersi in stato, e volendo tenere subietto ognuno, lui sta piú subietto a tutti, bisognando che serva a tutti per farsi ognuno benivolo; dipoi, è privato della amicizia, la quale è delli maggiori e piú dolci beni che possa avere l’omo in questo mondo, perché non vuole nissuno equale a sé e tiene ognuno in timore, e massime perché il tiranno è quasi sempre odiato da ognuno per li mali che fa; e se è amato dalli cattivi, non è perché voglino bene a lui, ma amano quello che vogliono cavare da lui, e però tra tali non può essere vera amicizia. È privato ancora di bona fama e onore, per li mali che fa e per essere sempre odiato e invidiato dalli altri. Non può avere mai una vera consolazione senza tristizia, perché sempre ha da pensare e temere per le inimicizie che ha; onde sta in timore sempre, e non si fida ancora delle sue guardie medesime. Ancora ha infelicità spirituale, perché è privato della grazia di Dio e di ogni sua cognizione, e circundato di peccati e di uomini perversi, che lo seguitano ogni ora e fanno precipitare in molti errori, come abbiamo dichiarato di sopra. Ultimo, averà ancora la infelicità eterna, perché el tiranno è quasi sempre incorrigibile, sí per la moltitudine de’ peccati che si vede avere fatti, nelli quali ha fatta tanta consuetudine che è molto difficile a lasciarli, sí perché ha a restituire tanta roba mal tolta e a rifare tanti danni fatti, che bisogneria che rimanesse in camicia: la qual cosa, quanto sia difficile a chi è consueto vivere in tanta superbia e tante delizie, ognuno facilmente lo può intendere; sí etiam per li adulatori che lui ha, li quali alleggeriscono li suoi peccati, anzi li dànno ad intendere essere bene quello che è male, onde etiam li tepidi relligiosi lo confessano e assolvano, dimostrandoli el bianco per el nero: e però è misero in questo mondo, e poi ne va allo Inferno nell’altro, dove ha gravissima pena piú delli altri uomini, sí per la moltitudine delli peccati che ha commesso e fatto fare alli altri sí etiam per lo officio che si ha usurpato; però che, come chi regge bene è sommamente premiato da Dio, cosí chi regge male è massimamente punito.

Tutti quelli ancora, che seguitano el tiranno, participano della sua miseria, cosí nelle cose temporali come nelle spirituali ed eterne: onde perdono la libertà, che è sopra tutti li tesori, oltra che la loro roba e onori e figliuoli e donne sono in potestà del tiranno; e li peccati suoi vanno continuamente imitando, perché si sforzano di fare ogni cosa che li piace e assimilarsi a lui piú che possono: e però saranno nello Inferno partecipi della sua gravissima pena.

Ancora tutti li cittadini che non sono contenti del governo civile, benché non sieno tiranni, perché non possono, partecipano queste medesime infelicità, mancando di ricchezze e di onore e reputazione e amicizia, perché a loro si congregano tutti li magri cittadini, per rifarsi, e tutti li cattivi uomini: onde bisogna che spendino, e da li boni sono fuggiti, e però non hanno con alcuno vera amicizia, ma ognuno che li seguita cerca di rubare; e per le compagnie cattive fanno migliaia di peccati, che non farebbono, e sono inquieti di core e sempre pieni di odii, invidie e mormorazioni, e hanno lo Inferno in questo mondo e nell’altro.

Essendo dunque (come abbiamo provato) felice e simile a Dio chi regge bene, e infelice e simile al diavolo chi regge male, debbe ogni cittadino lassare li peccati e le proprie affezioni, e sforzarsi di reggere bene, e conservare e augumentare e fare perfetto questo governo civile, per onore di Dio e salute delle anime, massime essendo stato dato specialmente da lui per lo amore che porta a questa città, acciò che sia felice e in questo mondo e nell’altro, per grazia del nostro salvatore Iesú Cristo, re de’ re e signore de’ signori, el quale col Padre e Spirito santo vive e regna in saecula saeculorum. Amen.

LAUS DEO