Trattato sul governo di Firenze/Trattato primo/Capitolo terzo

Trattato primo - Capitolo terzio

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Che il governo civile è ottimo in la città di Firenze.

Non si può dubitare (chi considera diligentemente quello che noi abbiamo detto) che, s’el popolo fiorentino patisse il governo di uno, sería da instituire in lui uno principe, non un tiranno, el quale fussi prudente, iusto e buono. Ma se noi esaminiamo bene le sentenzie e ragioni delli sapienti, cosí filosofi naturali come teologi, cognosceremo chiaramente che, considerata la natura di questo popolo, non li conviene tale governo. Però che dicono tale governo convenirsi alli popoli che sono di natura servile, come sono quelli che mancano di sangue, o di ingegno, o dell’uno o dell’altro: però che, avvenga che quelli che abundano di sangue e son forti di corpi siano audaci nelle guerre, nientedimeno, mancando di ingegno, è facil cosa farli stare subietti a un principe; perché contra di lui non son facili a machinare insidie per la debilità dello ingegno, anzi lo seguitano come fanno l’ape il suo re, come si vede nelli popoli aquilonari; e quelli che hanno ingegno, ma mancan di sangue, essendo pusillanimi, si lascian facilmente sottomettere a un solo principe, e quietamente vivano sotto quello, come son li popoli orientali, e molto piú quando mancassino in l’una e l’altra parte. Ma li popoli che sono ingegnosi e abundano di sangue e sono audaci, non si possono facilmente reggere da uno, se lui non li tiranneggia; perché continuamente, per lo ingegno, vanno machinando insidie contra el principe, e per la loro audacia facilmente le mettono in esecuzione, come si è visto sempre nella Italia, la quale sappiamo, per la esperienzia dei tempi passati insino al presente, che non ha mai potuto durare sotto el reggimento di uno principe: anzi vediamo che, essendo piccola provincia, è divisa quasi in tanti principi quante sono le città, le quali non stanno quasi mai in pace.

Essendo dunque el popolo fiorentino ingegniosissimo tra tutti li popoli di Italia, e sagacissimo nelle sue imprese, ancora è animoso e audace, come si è visto per esperienzia molte volte; perché avvenga che sia dedito alle mercanzie e para quieto popolo, nientedimeno, quando comincia qualche impresa o di guerra civile o contra li nimici esterni, è molto terribile e animoso, come si legge nelle cronice delle guerre che ha fatte contra diversi grandi principi e tiranni, alli quali non ha mai voluto cedere, anzi finalmente si è difeso e ha riportata vittoria. La natura dunque di questo popolo non è da sopportare el governo di uno principe, etiam che fussi buono e perfetto; perché essendo sempre piú li cattivi che li buoni, per la sagacità e animosità de’ cittadini cattivi o che saria tradito e morto (essendo loro massimamente inclinati alla ambizione), o che bisogneria che diventassi tiranno. E, se piú diligentemente consideriamo, intenderemo che non solum non conviene a questo popolo el governo di uno, ma ancora non li conviene quello delli ottimati, perché la consuetudine è un’altra natura; però che, come la natura è inclinata a uno modo e non si può cavare di quello, come la pietra è inclinata a descendere e non si può fare salire se non per forza, cosí la consuetudine si converte in natura, ed è molto difficile e quasi impossibile cavare li uomini, e massime li popoli, delle loro consuetudine, etiam male, perché tali consuetudini sono fatte a loro naturale.

Ora el popolo fiorentino, avendo preso antiquamente el reggimento civile, ha in questo fatto tanta consuetudine, che, oltre che a lui questo è piú naturale e conveniente di ogni altro governo, ancora per la consuetudine è tanto impresso nella mente de’ cittadini, che saria difficile e quasi impossibile a rimuoverli da tale governo. E avvenga che siano già molti anni governati da tiranni, nientedimeno quelli cittadini, che si usurpavano el principato in questo tempo, non tiranneggiavano per tal modo che liberamente si pigliassino la signoria del tutto, ma con grande astuzia governavano el popolo, non lo cavando del suo naturale e della sua consuetudine: onde lasciavano la forma del governo nella città e li magistrati ordinarii, avendo però l’occhio, che in tali magistrati non entrassi se non chi era suo amico. E però, essendo rimasa la forma del governo civile nel popolo, è tanto a lui fatta naturale, che, a volerla alterare e dare altra forma di governo, non è altro che fare contra al suo naturale e contra la antiqua consuetudine; la qual cosa genereria tale turbazione e dissensione in questa communità, che la metteria a pericolo di farli perdere tutta la libertà: e questo molto meglio dichiara la esperienzia, che è maestra delle arti. Però che, ogni volta che nella città di Firenze è stato occupato il governo dalli principali, sempre è stata in gran divisione, e mai se è quietata insino che una parte non ha scacciata l’altra e che uno cittadino non è fatto tiranno; el quale, poi che è stato fatto, ha per tale modo usurpata la libertà e il ben commune, che li animi del popolo sono sempre stati malcontenti e inquieti; e se fu divisa e piena di discordia nelli tempi passati per la ambizione e per li odii delli principali cittadini, massimamente sería al presente, se Dio non li avessi per sua grazia e misericordia provisto, essendo ritornati li cittadini, li quali furno scacciati in diversi tempi da chi ha governato, massime dal ’34 in qua; ed essendosi in lei in questo tempo nutriti molti odii, per le iniurie fatte a diverse case e parentadi, per li quali, se Dio non li avessi posto la mano, si saria sparso di molto sangue e disfatte molte case e sequitate discordie e guerre civili cosí dentro come di fuori. Ed essendo state le cose che sono state per la venuta del Re di Francia, non è dubbio ad alcuno, che si è trovato in essa città in questi tempi e ha qualche iudicio, che questa era l’ultima sua destruzione; ma il consiglio e governo civile, il quale fu in lei fundato non da uomini, ma da Dio, è stato instrumento della virtú divina, mediante le orazioni delli buoni uomini e donne, che si truovano in lei, a mantenerla nella sua libertà. E certo, chi non ha totalmente per li suoi peccati perso el iudicio naturale, considerando in quanti periculi è stata da tre anni in qua, non può negare che non sia stata governata e conservata da Dio.

Dunque concludiamo che, sí per la autorità divina, dalla quale è proceduto il presente governo civile, sí per le ragioni precedenti, nella città di Firenze il governo civile è ottimo, benché in sé non sia ottimo; e il governo di uno, benché in sé sia ottimo, non è però buono, non che ottimo al popolo fiorentino; come el stato della perfezione della vita spirituale è ottimo in sé benché non sia ottimo né buono a molti fideli Cristiani, alli quali è ottimo qualche altro stato di vita, il quale in sé non è ottimo. Abbiamo dunque dichiarato el primo punto, cioè quale sia el governo ottimo della città di Firenze: ora è tempo di dichiarare el secondo, cioè, quale sia el pessimo governo in lei.