Trattato dei governi/Libro sesto/XVII

Libro sesto - Capitolo XVII: Della parte dei giudizî

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Aristotele - Trattato dei governi
(Politica)
(IV secolo a.C.)
Traduzione dal greco di Bernardo Segni (XVI secolo)
Libro sesto - Capitolo XVII: Della parte dei giudizî
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Restaci de’ tre membri proposti a dire del terzo, che è il giudicativo. Di questo adunche piglinsi i modi con la medesima regola tenuta, che la differenza de’ giudizî è ancora ella in tre termini, cioè di che e’ debbino essere composti e di che cosa e’ debbino giudicare, e qualmente e’ debbino essere creati. Io intendo di chi, cioè e’ si debbono creare di tutto il popolo, o di certi: di che cosa, intendo per le sorti dei giudizî, quante elle sieno; e per qualmente intendo se e’ si debbon fare per elezione o per sorte. Dividinsi adunche primieramente le sorti dei giudizî, i quali sono otto a novero. Uno, cioè, che è sopra il rivedere i conti. L’altro sopra l’ingiurie fatte al publico1. Il terzo sopra tutte le cose che appartengono allo stato. Il quarto è sopra li magistrati, e sopra li privati di tutti i casi, che è litiganti l’uno coll’altro quanto ai danni. Il quinto sopra li privati contratti che sieno di momento, e2 ancora sopra gli omicidi e3 sopra li forestieri. Le sorti dell’omicidio sono ancora più, o considerisi ciò dalli medesimi giudizî o da altri, cioè, o se e’ sono fatti pensatamente o in collera, o dove si confessa il fatto, o dove si disputa s’egli è fatto o non è fatto a ragione. E un quarto modo ci è di giudicare quelle pene che s’impongono agli accusati per omicidî perchè e’ possino tornare, siccome si dice esserne un giudizio in Atene che si chiama la pena del pozzo. E simili cose intervengono di rado e in tempo lungo, e intervengono nelle città grandi rade volte. E quanto a quello che fanno i forestieri l’uno con l’altro, altro giudizio s’usa quando l’omicidio è infra di loro, e altro quando egli è inverso li cittadini. Oltra tutti questi giudizî si dà ancora quello4 che è sopra il dare e l’avere, che importi una dragma, e non passi le cinque o poco più. Che invero di tutte queste cose si debbe rendere ragione, sebbene elle non entrano sotto la specie dei giudizî.

Ma lascisi il dire di queste, e degli omicidî e delle cose appartenenti ai forestieri, e diciamo dei giudizî appartenenti alla città, i quali se non stanno bene, è forza che vi naschino discordie, e mutazioni di stati. E qui è di necessità o che tutti giudichino di tutte le cose, o per elezione, o per sorte che venghino in tai giudizî, o che tutti giudichino di tutte le cose parte per elezione e parte per sorte, ovvero che di certe cose lo giudichino parte li tratti per sorte, e parte gli eletti in essi giudizî. Questi modi adunche sono quattro e altrettanti sono i particulari, perchè in questi particulari o certi eletti giudicano di tutte le cose, o certe tratti, o parte ne giudicano li tratti, e parte gli eletti, o certi giudizî sono composti d’uomini eletti e di tratti.

E questi modi sono altrettanti che li detti, e di nuovo questi medesimi si raddoppiano in questo modo, cioè, certi ne sono di tutti li cittadini e certi dell’uno e dell’altro modo, com’è dire nel medesimo giudizio è una composizione di tutto il popolo, e di certi determinati, e certi ve n’è fatti con l’elezione, e certi con la sorte, o nell’un modo o nell’altro. Èssi detto adunche in quanti modi si possino adattare i giudizî de’ quali i primi modi sono popolari, tutti quei, dico, che sono composti di tutto il popolo, e che giudicano d’ogni cosa. E li secondi hanno dello stato dei pochi potenti, quei dico, che essendo composti di certi, giudicano sopra ogni cosa. E li terzi hanno dello ottimate e sono da republica tutti quei, dico, che son parte composti di tutto il popolo, e parte di certi.


FINE DEL LIBRO SESTO.


Note

  1. Les dommages portés au public.
  2. 6.°
  3. 7.°
  4. 8.°