Trattato dei governi/Libro quinto/I
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(Politica) (IV secolo a.C.)
Traduzione dal greco di Bernardo Segni (XVI secolo)
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Che il legislatore adunche debba mettere diligenza circa l’erudizione de’ fanciugli, niuno è che lo contraddica, perchè tal cosa non osservata nelle città nuoce al governo d’esse, dovendosi fare l’erudizione secondo che sono li governi; conciossiachè ciascun governo ha li costumi, che gli sono propî. E il propio costume è quello, che mantiene il governo, e che da principio lo constituisce: verbigrazia il popolare constituisce lo stato del popolo, e quello dei pochi constituisce lo stato di essi pochi potenti, e così sempre il migliore costume constituirà miglior sorte di stato.
Oltra di questo in ogni facultà, e in ogni arte sono alcune cose, delle quali innanzi dee farsi l’instituzione, e avvezzarvisi gli uomini per fare gli esercizî di ciascuna d’esse, onde si debbe ella ancora fare per gli esercizî virtuosi. Ancora ogni città avendo un solo fine, conseguita però che una sola debba essere la instituzione, e per necessità la medesima in tutti li cittadini. La quale instituzione debbe essere fatta dal publico, e non dal privato, nel modo che ciascheduno usa oggidì d’avere cura de’ suoi figliuoli, e d’insegnare loro in privato ciò che gli piace. Ma l’esercizio delle cose publiche debb’essere fatto dal publico. Ancora nessun cittadino debbe stimarsi d’essere di sè stesso, anzi tutti debbono stimarsi d’essere della città; conciossiachè ciascuno è una particella di lei, e la diligenza di ciascuna particella dee risguardare alla diligenza del tutto.
Puossi per questo rispetto lodare assai gli Spartani, i quali mettono gran cura in allevare i fanciugli, e tale mettono in atto per via del publico. È manifesto pertanto, che nelle città si debbono porre leggi, che faccino fare l’instituzione, e che la faccino fare publica.