Trattato dei governi/Libro primo/V

Libro primo - Capitolo V: Di tutta la possessione universalmente

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Aristotele - Trattato dei governi
(Politica)
(IV secolo a.C.)
Traduzione dal greco di Bernardo Segni (XVI secolo)
Libro primo - Capitolo V: Di tutta la possessione universalmente
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Ma consideriamo universalmente di tutta la possessione e dell’arte dell’acquistar denari secondo la dottrina proposta; imperocchè ed il servo ancora è una certa parte di possessione. Primieramente adunque si può dubitare, se l’arte d’acquistar denari è la medesima col governo di casa, o parte d’esso, o s’ella gli somministra. E in caso che ella gli stia come ministra, s’ella sta nel modo, che l’arte effettrice dei pettini con l’arte del tessere: o come l’arte effettrice del bronzo con l’arte scultoria, perchè tali arti non servono a un modo medesimo. Conciossiachè l’una prepari gli istrumenti, e l’altra la materia. Io chiamo materia quel soggetto, onde si conduce l’opera a fine, com’è, verbigrazia, la lana al tessitore, e il bronzo allo statuario. Che adunque l’arte del guadagnare non è la medesima con il governo della casa, è manifesto; e la differenza è in questo, che l’una dà gli istrumenti, e l’altra gli usa. E quale arte sarebbe mai che usasse gli istrumenti, che servono alla casa, fuori di quella che governa essa casa?

Ma egli è ben dubbio, se ella è parte d’esso governo di casa, o specie diversa da lui; perchè se e’ si appartiene a chi è intento ai guadagni, considerare, onde s’acquistino i denari, e l’altre cose che si posseggono: e se la possessione e la ricchezza abbracciano molti capi, però si debbe in primo considerare dell’agricoltura, se ella è parte dell’arte, che è intorno al guadagno dei denari, o se ella è specie di guadagno diversa da quello.

E così si debbe considerare in generale, se la diligenza intorno al nutrirsi, e se la possessione di tali cose è parte di esso guadagno o no. Ma perchè le specie dei nutrimenti sono di varie sorti, però le vite degli animali e degli uomini sono medesimamente diverse; perchè non si potendo mantenere la vita senza nutrirsi, di qui interviene che la differenza dei nutrimenti, e dei cibi faccino diverse le vite degli animali: conciossiachè infra i bruti alcuni d’essi vadino in gregge, e alcuni sparsi in quel modo, che è loro più utile per procacciarsi il cibo, per esserne di quegli, che si mangiano gli altri animali: e di quegli, che mangiano i frutti della terra: e di quegli, che ogni cosa si mangiano. Onde, secondo la facilità, e l’elezione del loro vitto la natura ha loro distinto il modo del vivere. Ma perchè a ciascuno non è piacevole naturalmente il medesimo cibo, ma questo piace a quegli, e non agli altri, però le vite ancora degli animali, che si mangiano gli altri, e di quegli che si mangiano i frutti, ciascuna, dico, di esse specie ha infra sè differenza di vita.

E medesimamente è differenza di vita nella specie umana, anzi in essa è diversità grande; imperocchè gli oziosi di loro attendono ai paschi, e agli armenti; traendo tali il loro nutrimento dagli animali domestici senza fatica: e standosi in ozio. Ma perchè egli è di necessità tramutare il bestiame per cagione delle pasture, però ancora essi sono forzati a tirar loro dietro; e per tale verso ad esercitare quasi una agricoltura che viva. Altri si ritrova infra gli uomini, che vivono per via di preda; e in ciò sono differenti ancora: perchè altri ad altre prede vanno dietro, come son quegli, che si dilettano di far latrocinio. Ed altri si dilettano del pescare, come fanno gli abitatori degli stagni, delle paludi e dei fiumi; e quegli che sono vicini alle marine, che ciò comportino. Altri sono che vogliono, predando, procacciarsi la vita dagli uccelli; e altri dalle bestie selvatiche: ma la più parte degli uomini vive della agricoltura e dei frutti dimestichi. E tante sono adunque le vite degli uomini. La vita pastorale adunque, recapitolando, quella dei contadini e quella che preda, e che caccia, e che pesca, sono quelle che si procacciano il vitto naturalmente, e non per via di baratti, e di mercantili faccende. E certe ne è, che mescolando insieme questi esercizi soddisfano piacevolmente ai bisogni della natura, dove ella manca di sufficienza, come è dire: esercitando ad un tratto la vita pastorale e la predatoria; ed altri l’agricoltura e la caccia. E così discorrendo per tutti gli altri, vivendo ciascuno in quel modo, che il bisogno e la necessità gli costringe.

Un simile modo adunque d’acquistare par che abbia la natura a ciascuno introdotto; tenendo il modo medesimo negli animali condotti a perfezione, che ella tiene subito ch’e’ sono generati. Imperocchè dal principio di essa generazione certi insieme partoriscono tanto nutrimento, che basti infino a tanto, che il feto da sè stesso se lo possa somministrare; come sono gli animali, che generano vermini; e quei che partoriscono le uova. Quegli ancora, che l’animale partoriscono, ritengono in loro stessi il nutrimento per l’embrione infino a tanto che ei si scopra la natura detta del latte.

Laonde è da stimarsi, che ella mantenga un simile ordine negli animali già fatti; cioè, che le piante sieno fatte per la vita loro, e che gli altri bruti tutti sieno fatti per l’uomo, li dimestichi, dico, e per suo uso, e per suo nutrimento. Ed i salvatici, se non tutti, almeno la più parte e per nutrimento, e per altri bisogni; cioè per trarne vestimenti e altri servigî. Se egli è vero adunque, che la natura non faccia cosa alcuna nè imperfetta, nè indarno: conseguita però di necessità, che ella abbia fatto tutte le cose sopraddette per l’uomo. Onde l’arte della guerra in certo modo è per natura compresa sotto l’arte dello acquistare. Conciossiachè l’arte predatoria sia parte di essa arte da guerra. La quale arte si debbe usare inverso gli animali selvatici; e inverso quegli uomini, i quali, per natura essendo stati fatti per servire, non vogliono stare sottoposti: come se tal guerra fosse giusta naturalmente. Vedesi adunque, che una specie di possessione, che è naturale, viene sotto il governo dalla casa; ed è parte sua: la quale specie di possessione bisogna, o che innanzi sia preparata, ovvero che il governo di casa la procacci.

Il quale acquisto, o tesoro debbe essere tanto, che basti alla necessità del vivere; e che sia utile alla civile compagnia: od a quella della famiglia. E tal ricchezza pare che dalle cose dette si possa procacciare giustamente, imperocchè il bastevole di tal possessione per fine di conseguire la vita beata, non è infinito, siccome disse poetizzando Solone:

Non è alcun fine alla ricchezza posto.

Anzi, dico io, che egli è posto il fine a lei, siccome a tutte le altre arti: non essendo arte alcuna, che abbia i suoi istrumenti infiniti nè per numero, nè per grandezza, e la ricchezza non essendo altro, che un numero di istrumenti, che servono alla casa e alla città. È manifesto adunque, che il governo civile, e quello della famiglia ha un modo di possedere, che dalla natura è stato trovato pei governatori della casa, e della città; ed èssi detto la cagione.