Testamento di Alessandro Manzoni
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Milano, tredici agosto mille ottocento sessantasette.
In nome della Santissima Trinità, Padre, Figliolo e Spirito Santo.
Col presente testamento, tutto scritto e sottoscritto di mia mano, dispongo della mia sostanza come segue:
- Annullo e revoco qualunque disposizione d’ultima volontà, che avessi fatta prima d’ora, quantunque munita di clausola derogatoria, che ugualmente revocherei, se me ne ricordassi.
- Deplorando d’essere stato privato, per fatto di legge, della facoltà di trasferire ai figli de’ miei due figli Enrico e Filippo la legittima devoluta ai rispettivi loro genitori, come avevo disposto in un atto antecedente di ultima volontà, lascio la legittima ugualmente ai miei figli, Pierluigi, Enrico e Filippo, a mia figlia Vittoria Giorgini e ai discendenti rispettivi delle mie figlie defunte, Giulia, Cristina e Sofia, con l’obbligo a detta mia figlia, e ai detti discendenti dell’altre, di conferire nel mio asse, e imputare nella loro quota legittima quanto, per titolo di dote e di corredo nuziale, ebbero o avessero a conseguire da me testatore, in occasione e per causa del loro collocamento.
- Impongo l’obbligo a mio figlio Enrico di conferire nel mio asse, e anche a favore degli eredi della disponibile, e d’imputare nella sua legittima tutto quanto resulterà da me pagato a di lui scarico, per interessi sul capitale mutuo d’austriache lire diciotto mila sovvenutegli dal Sig.r Ingegnere Pietro Ramperti, con Istrumento 20 giugno 1850, a rogito Velini, in dipendenza della fideiussione da me prestata per la corresponsione de’ suddetti interessi, nei sensi del suddetto rogito. A carico ugualmente della suddetta legittima, dovranno cadere gli oneri e le conseguenze passive, che fossero per derivare alla mia eredità dall’accennata mia fideiussione.
- Istituisco miei eredi universali della parte disponibile della mia sostanza, per una terza parte il mio figlio Pierluigi, e per l’altre due terze parti i figli legittimi e naturali, nati e nascituri, de’ miei figli Enrico e Filippo, in parti uguali, per capi e non per stirpe.
- Nel fondato timore, che attesi gl’imbarazzi creati alla liquidazione del mio patrimonio, e di quello da me usufruito, dai vincoli impostivi con le cessioni ed alienazioni fatte dai miei figli Enrico e Filippo delle attività loro devolute e devolvibili, in relazione e dipendenza delle disposizioni testamentarie dei furono Don Pietro Manzoni, Donna Giulia Beccaria e Donna Enrichetta Blondel, rispettivi loro Avo, Ava e Madre, principalmente per la conseguente concorrenza de’ cessionari, estranei affatto alla famiglia, l’altro mio figlio Pierluigi possa trovarsi esposto al pericolo di pregiudizi nella realizzazione de’ propri crediti e diritti, derivatigli appunto da quelle stesse disposizioni testamentarie dell’Avo e della Ava paterna e della Madre, per fatto altrui, e riguardando io perciò mio stretto debito di giustizia il provvedere alla di lui indennità, riparando a quelle perdite pur troppo probabili ch’egli venisse a soffrire per essere stato, senza sua colpa, posticipato ai fratelli nella attivazione delle relative ipoteche, come per cancellazioni, postergazioni e suppegni delle medesime, da lui assentiti a mio vantaggio; così, senza pregiudizio delle ragioni e azioni competenti e competibili a detto mio figlio Pierluigi in proprio e direttamente sul mio asse per i propri crediti e diritti dipendentemente dalla da me assunta qualità d’erede universale de’ miei genitori, aggravo la mia eredità degli oneri seguenti che costituiranno altrettanti legati a favore del ripetuto mio figlio Pierluigi, volendo che abbiano effetto a preferenza dell’altre mie disposizioni, a mente dell’articolo 825 del vigente codice civile. Dovrà la mia eredità tenere sollevato e indenne il mio figlio Pierluigi Manzoni da qualunque perdita e danno che, in conseguenza della casuale e a lui non imputabile posticipazione ai fratelli nell’originaria attivazione delle iscrizioni ipotecarie a cauzione dei propri crediti e diritti verso il mio patrimonio e quello di mio usufrutto, o in conseguenza di cancellazioni, postergazioni, subingressi, suppegni e altri vincoli che, delle stesse sue iscrizioni ipotecarie già furono o fossero per essere dal medesimo accordati a mio riguardo e benefizio, venisse a risentire nella realizzazione ed effettivo conseguimento dei crediti, attività e diritti che formano il soggetto delle disposizioni e dei legati che lo riguardano, contenuti nei testamenti dell’Avo Don Pietro Manzoni, 18 marzo 1807, nei rogiti Dottor Francesco Ticozzi, già notaro in Milano, della Madre Donna Enrichetta Blondel Manzoni, in data 17 decembre 1833, e dell’Ava Donna Giulia Beccaria Manzoni, in data 10 gennaio 1837, ad effetto che ad esso mio figlio Pierluigi sia garantita e mantenuta la plenaria esecuzione delle benefiche disposizioni che lo concernono, recate dai suddetti atti testamentari.
- Non avendo alcun motivo di supporre che l’ottima mia Madre, Donna Giulia Beccaria Manzoni abbia avuta intenzione di stabilire una differenza circa la valuta dei legati lasciati a’ miei figli, di lei nipoti, nel proprio testamento 10 gennaio 1837: parendomi anzi, che, col segno aggiunto alla cifra del primo legato, abbia inteso d’esprimere un dato comune estensibile a tutti i legati successivi, anche per l’ovvia considerazione, che stando nella sua piena libertà l’aumentare o diminuire la somma rispettiva di ciascun legato, non è presumibile che ricorresse a un mezzo equivoco e indiretto di aumento o diminuzione dei legati stessi, così desidero che a tutti i legati suddetti sia applicata la valutazione milanese.
- Dovrà parimenti la mia eredità prestare piena indennità al mio figlio Pierluigi per le conseguenze tutte di qualunque obbligazione, garanzia o responsabilità che già sia stata, o sia per essere da lui assunta in mio concorso, o volontariamente, o a richiesta di terzi, per mio conto, e a mio vantaggio, o per conto e a vantaggio della mia amministrazione.
- Ritenuto che la gestione tenuta per mio conto da mio figlio Pierluigi non ebbe mai per base un mandato di procura, ma si fondava totalmente nella scambievole fiducia e bona fede, sicchè egli, anche per mia volontà, non ha mai potuto credersi in obbligo d’attenersi a modalità di forme, intendo che esso Pierluigi non possa da’ miei eredi esser molestato, nè obbligato a rendiconto per gli atti qualunque di detta sua gestione.
- Riguardo ai mobili, supellettili, attrezzi, ecc. corredanti la casa civile in Brusuglio, contemplati nel legato disposto a favore de’ miei figli, Pierluigi, Enrico e Filippo dalla loro Ava nel più volte menzionato suo testamento 10 gennaio 1837, devo dichiarare d’averne consegnati e mandati a ciascheduno dei miei due figli Enrico e Filippo oltre la rispettiva loro terza parte, come anche delle biancherie, di maniera che ciò che rimane in detta casa di tutti gli oggetti suaccennati, non arriva a rappresentare l’altra terza parte devoluta al mio figlio Pierluigi, al quale appartengono pure gli altri mobili, ecc. esistenti in detta casa, essendovi stati introdotti da lui, per Suo, e anche per mio uso personale, facendoli trasportare dal casino allora abitato da lui in Verano; e ciò affine di supplire al vuoto cagionato dalle suddette sottrazioni in favore degli altri due miei figli. Dichiaro ugualmente che, nella casa di mia proprietà e abitazione in Milano, si trovano, e per una stessa cagione, molti mobili ecc. appartenenti al mio figlio Pierluigi; e che, per la specifica designazione di questi, devono i miei eredi rimettersi interamente alla di lui dichiarazione.
- Mio figlio Pierluigi avrà diritto all’uso gratuito, per un anno dal mio decesso, dei locali ove attualmente alloggia con la sua famiglia, nella detta mia casa in Milano, via del Morone, n.° 2.
- Come un povero attestato del mio sentimento per le amorose e instancabili cure prestatemi in ogni occorrenza dal detto mio figlio Pierluigi, gli lascio tutti quei miei libri che possano essere di suo gradimento, e segnatamente quelli che portino postille o annotazioni di mia mano, o di qualunque altro carattere, e tutte le carte scritte da me, e le altre qualunque a me appartenenti, che non riguardino interessi comuni del mio patrimonio. Lascio pure a lui tutti i ritratti di famiglia, che si trovano in casa, compreso quello dell’illustre mio avo, Cesare Beccaria.
- Al mio servitore Clemente Vismara, se, come suppongo, si troverà al mio servizio al momento della mia morte, lascio, per la ristrettezza del mio asse, la tenue somma di Lire cento, in benemerenza de’ suoi fedeli e affettuosi servigi, dei quali consegno qui una piena attestazione, perchè se ne possa valere, quando creda che gli possa esser utile.
Tale è la mia ultima volontà, che passo a sottoscrivere.
Alessandro Manzoni testatore.