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Esperienza di Fizeau

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a) Esperienza di Fizeau


L’importanza dei problemi davanti ai quali ci troviamo non ha altra cosa di eguale che la loro enorme difficoltà. La sola questione della determinazione della velocità della luce, sia nei sistemi in quiete che in quelli in movimento, esige una straordinaria sagacità nella discussione delle esperienze, unita ad una precisione grandissima e alle più minuziose precauzioni nella loro esecuzione. Differenti metodi, assolutamente indipendenti, astronomici o fisici, hanno permesso di determinare questa velocità con una meravigliosa approssimazione; si sa che essa è di circa 300.000 chilometri al secondo e che in conseguenza la luce va da Colonia a Koenigsberg (o da Taranto a Torino) in 1/300 di secondo, ch’essa percorre il diametro della terra in meno di 1/20 di secondo, e si propaga dalla terra alla luna in meno di 1 secondo e 1/2. A prima vista sembra impossibile constatare e misurare l’influenza che possono avere su questa enorme) velocità le velocità [p. 22 modifica]terrestri, tanto deboli a paragone, dato che quella del piú rapido proiettile raggiunge appena 1 chilometro al secondo all’uscita della canna, per diminuire in seguito rapidamente.

In pratica non si sarebbe potuto trovare la soluzione di questo problema sperimentale se non si avesse avuto un metodo estremamente sensibile, quello delle interferenze, il quale permette non delle misure assolute ma dei paragoni di velocità. È noto che la luce è formata di onde prodigiosamente piccole; ve ne sono circa 2000 in un millimetro, un po’ piú o un po’ meno a seconda del colore; e benché noi non possiamo rappresentarci il suo meccanismo in se stesso e quello della sua propagazione, sappiamo però ch’esso ha tutte le proprietà di un movimento ondulatorio; nel caso particolare, due raggi luminosi si rinforzano quando vi è coincidenza tra i massimi e tra i minimi delle loro onde rispettive da una parte e dall’altra. Essi si neutralizzano e producono oscurità quando i massimi delle onde dell’uno coincidono con i minimi delle onde dell’altro. Se, per mezzo di procedimenti ottici, molto semplici del resto, si divide un fascio luminoso in due raggi, ai quali si fanno percorrere tratti paralleli, e poi li si riunisce nuovamente, si osserverà il primo dei due sopraccennati fenomeni nel caso la lunghezza dei tratti percorsi dai due raggi sia esattamente eguale: i due raggi si rafforzeranno e la luce che ne risulterà sarà altrettanto intensa di quella che si sarebbe ottenuto se il fascio luminoso non fosse stato diviso in due. Ma se ritardiamo uno dei raggi con un [p. 23 modifica]leggerissimo allungamento del suo percorso, per esempio, lasciando l’altro invariabile, la coincidenza non avverrà piú fra i massimi da una parte, tra i minimi dall’altra, l’allungamento potrà essere tale che i massimi dell’uno coincidano con i minimi dell’altro e si avrà perciò oscurità; è il fenomeno delle “interferenze.” Diciamo una parola intorno alla sensibilità di questa esperienza: dato il valore enorme della velocità della luce e dell’estrema piccolezza di un’onda, si vede facilmente che la durata di una vibrazione è incredibilmente corta; infatti ce ne sono parecchie centinaia di trilioni in un secondo; ora, se il tempo che impiega la luce a superare uno dei percorsi non comuni, varia solamente di un millesimo di trilionesimo di secondo (1 diviso 1 seguito da 15 zeri), il metodo è così sensibile che permette di scoprire questa variazione. Naturalmente non bisogna vedere nelle indicazioni su riferite altro che un grossolano abbozzo del procedimento usato.

Appunto mediante questo metodo il celebre fisico francese Fizeau tentò nel 1851 di determinare l’influenza del movimento del mezzo sulla velocità della luce. Egli faceva passare in un tubo una corrente d’aria o d’acqua e paragonava le velocità nel senso della corrente, in senso inverso e senza corrente. Non ci occuperemo dei risultati ottenuti con l’acqua, nella quale il valore trovato è del resto, nelle condizioni normali, affatto differente da quello che ha nell’aria; ma per quest’ultima l’esperienza ha dimostrato con la piú grande precisione che il suo movimento non [p. 24 modifica]ha la benché minima influenza sulla propagazione della luce. Sia che si propaghi nell’aria in calma, sia nella direzione della sua corrente o in senso inverso, la luce non va né piú veloce né piú lentamente di un millesimo di un trilionesimo di secondo; sembra che essa non sia influenzata in nulla dai movimenti del mezzo nel quale si propaga. Riportiamoci agli esempi del gioco della palla e della propagazione del suono sulla nave in marcia. La luce non si comporta come la palla che partecipa al movimento del battello e che, in conseguenza, vista dalla costa, sembra spostarsi piú velocemente quando si muove nel medesimo senso del battello, piú lentamente se si sposta in senso inverso. Essa si comporta piuttosto come il suono, che non partecipa in nulla al movimento del battello sul quale lo si produce, e si propaga con la stessa velocità verso l’avanti o verso l’indietro per l’osservatore posto sulla riva. Secondo la formola abituale: “Se da un sistema in quiete, consideriamo la propagazione della luce in un sistema in movimento, constatiamo che detta propagazione è in esso assolutamente estranea e avviene nel sistema in quiete.