Te Maurum Laudamus/Informazioni sul testo

Informazioni sul testo

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Te Maurum Laudamus Te Maurum Laudamus


Il componimento mistilingue (latino-italiano con tratti dialettali) Te Maurum Laudamus è una parodia del canto liturgico di ringraziamento Te Deum Laudamus.

È composto da quindici terzine e da un endecasillabo finale.

L’invettiva satirica è diretta a Lodovico Sforza, il Moro, (Maurus del titolo).

Negli anni 1482-84 Ludovico il Moro era stato protagonista, con Federico da Montefeltro, della "guerra di Ferrara" (narrata in un’opera giovanile da Marin Sanudo), guerra che aveva messo fine all’espansionismo veneto in Lombardia. Pacificati gli animi, nel 1491 Ludovico il Moro aveva sposato Beatrice d’Este, figlia del duca di Ferrara (per questo, scrivendo da Ferrara, vien chiamato Pater).

Dapprima neutrale nei confronti di Carlo VIII, che discese in Italia nel 1494, Ludovico Sforza aderì poi alla Lega Santa (a fianco di Venezia, del Papa Alessandro VI (lo spagnolo Rodrigo Borgia, padre del Valentino) e dell’Imperatore Massimiliano) che indusse Carlo VIII a risalire le Alpi (battaglia di Fornovo, 6 luglio 1495).

Nel 1498 era salito al trono Luigi XII, che avanzava diritti dinastici sul Milanese quale erede di Valentina Visconti, e il 2 novembre le truppe francesi occupavano Milano. Nel frattempo il nuovo re era riuscito con abili mosse a minare la solidarietà della Lega Santa, e si era alleato con la stessa Venezia e col Papa per isolare il Ducato di Milano. Dopo trattato di Blois (9 febbraio e 15 aprile 1499) tra Francesi e Veneziani, Luigi XII entrò in Italia (agosto) e Ludovico Sforza dovette riparare a Insbruck, sotto la protezione dell’Imperatore. Ritornerà l’anno dopo con milizie di Svizzeri e respingerà i Francesi oltre il Ticino, ma, catturato a tradimento, verrà fatto prigioniero e morirà in Francia otto anni dopo nel castello di Loches. Nella storiografia cinquecentesca Ludovico Sforza verrà considerato come colui che chiamò i Francesi in Italia.

L’autore, il lucchese Manucci Filippo (Mannutio Lucense), non è conosciuto per altri scritti o da altre fonti.

Il componimento è sopravvissuto grazie a Marin Sanuto che l’ha trascritto nei suoi Diari (al febbraio 1500. Gennaio e febbraio erano gli ultimi mesi dell’anno 1499 secondo il "modo" veneto, che faceva iniziare l’anno nuovo col 1° marzo).


Edizione di riferimento:

Marin SANUTO, Diari, - Venezia : Visentini, 1880, vol III, col. 136-137.