Sulle ruine di un castello in Svezia

russo

Konstantin Nikolaevič Batjuškov XIX secolo 1925 Alfredo Polledro Indice:Il Baretti - Anno II, n. 15, Torino, 1925.djvu Letteratura Sulle ruine di un castello in Svezia Intestazione 9 agosto 2022 100% Da definire


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Sulle ruine di un castello in Svezia

Già l’astro del dì all’occidente arse
     e piano s’affondò nell’onde!..
Pensosa la luna traverso lieve vapor guarda
     ai gorghi e ai lidi taciturni.
E tutta in profondo sonno è la marina intorno.
Sol di rado un peccatore ai compagni grida;
sol l’eco la voce sua lungamente ripete
     nel silenzio notturno.

Io qui, su questi scogli, sospesi sull’acqua,
     nella sacra oscurità del querceto,
pensoso erro e veggo innanzi a me
     vestigia di fuggite età e gloria:
ruderi, minaccioso vallo, invasa d’erbe una fossa,
colonne o vetusto ponte con ferree catene,
spalti muscosi con granitici merli
     e lunga fila di tombe.

Tutto è quiete: un morto sonno è nella dimora selvaggia
     Ma qui vive la ricordanza:
e il viatore, appoggiato alla pietra di una tomba,
     assapora una dolce fantasia.
Là, là, dove serpe l’edera per la scala erta,
e il vento culla lo stelo dell’inaridito assenzio,
dovo la luna inargentò i torvi spalti
     sulla dormente acqua:

Là un guerriero un tempo, di Odin prode nipote,
     nelle mischie marine incanutito,
addestrava il figlio alla pugna e dei dardi pennuti il fascio,
     la corazza segreta, il brando greve
egli al giovinetto porgeva col trafitto braccio
     e forte sclamava, levate le tremanti palme:
«A te egli è sacrato, o dio, signore della pugna,
     sempre ed ovunquo tuo!
E tu, mio figlio, giura per il brando dei tuoi padri,
     e di Hela1 col giuro sanguinoso,
d’essere sugli occidui flutti il terror dei nemici,
     o di cader, come gli avi caddero, con gloria!»
E l’ardente giovinetto il brando degli avi copriva di baci,
e al seno stringeva le paterne palme,
e nella gioia, come destriero al suono di nova pugna,
     ribolliva e fremeva!

Guerra, guerra ai nemici della patria terra!
     I vascelli al mattino strepitarono,
spumeggiarono i mari, e i celeri navigli
     sull’ali della tempesta trasvolarono!
Nelle valli di Neustria echeggiò delle pugno il tuono,
la nebulosa Albione di terra in terra fiammeggia,
o Hela notte e giorno al Valhalla accompagna
     dei caduti la pallida turba.

Ah, giovinetto! t’affretta ai patrii lidi,
     indietro vola con la preda guerresca!
Già spira mite il vento sull’orma delle tuo navi,
     o eroe, dalla vittoria eletto.
Già gli scaldi festini apprestano sui colli,
già le querce sono in flamme, nelle coppe il miele brilla,
e nunzio di letizia ai padri proclama
     le vittorie sui mari.

Qui, nel placido porto, dall’alba d’oro
     te la fidanzata attende,
per te, o giovinetto, con lacrime e preci
     gli dei a clemenza inchina...
Ma ecco, nella nebbia là, come stormo di cigni,
biancheggiano i vascelli, portati dalle onde.
Oh, spira, propizio vento, spira con mute labbra
     nelle vele dei vascelli!

Sono i navigli al lido: su esso è già l’eroe
     con bottino di donne d’altra stirpe;
a lui s’affretta il padre con la giovin fidanzata
     e i cori degli scaldi ispirati.
La bella sta, tacita, in lacrime,
     ma il fidanzato mirar di sfuggita ardisce,
chinando il guardo, si fa rossa e impallidisce,
     come luna nei cieli.


Note

  1. La dea della morte nella mitologia Scandinava