Sulla origine delle specie per elezione naturale, ovvero conservazione delle razze perfezionate nella lotta per l'esistenza/Capo VIII/Sommario

Capo VIII

Sommario

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Capo VIII - Obbiezioni contro la teoria dell'elezione naturale Capo IX

Nel presente capitolo io mi sono studiato di dimostrare brevemente che le qualità mentali de’ nostri animali domestici variano, e che le variazioni sono ereditate. Più brevemente ancora ho cercato di provare che gli istinti variano leggermente allo stato di natura. Niuno contesterà che gli istinti siano della più alta importanza per ogni animale. Quindi non trovo alcuna difficoltà che la elezione naturale, sotto condizioni di vita mutabili, accumuli le piccole modificazioni di istinto, fino ad un certo grado, e in qualsiasi utile direzione. In certi casi anche l’abitudine, e l’uso o il non-uso entrano in giuoco probabilmente. Non pretendo che i fatti, da me addotti in questo capo, avvalorino grandemente la mia dottrina; ma nessuna delle obbiezioni affacciate, per quanto mi è dato giudicare, giunse a distruggerla. D’altra parte il fatto che gli istinti non sono mai assolutamente perfetti e sono soggetti ad equivoci: - che niuno istinto fu prodotto ad esclusivo profitto degli altri animali, ma che ogni animale si vale degli istinti degli altri; - che il canone della storia naturale Natura non facit saltum è applicabile agli istinti non meno che alla struttura corporea, e può spiegarsi facilmente dietro le precedenti considerazioni, mentre altrimenti non saprebbe spiegarsi; tutto ciò tende a consolidare la teoria della elezione naturale.

Questa teoria è inoltre sostenuta da alcuni altri fatti relativi all’istinto. Per es., dal caso comune di quelle specie, strettamente affini, ma al certo diverse, le quali trovandosi in luoghi distinti della terra e vivendo sotto circostanze di vita assai diverse, pure spesso conservano istinti quasi identici. Noi possiamo intendere, per mezzo del principio di eredità, come accada che il tordo dell’America meridionale intonachi il suo nido col fango nella stessa maniera del nostro tordo inglese; come i buceronti dell’Africa e dell’India abbiano il medesimo straordinario istinto di chiudere ed imprigionare le femmine nella cavità degli alberi, lasciando solamente una piccola apertura nell’intonaco, dalla quale porgono il cibo alle femmine ed alla prole; perchè il reattino maschio (Troglodytes) dell’America settentrionale si costruisca un nido separato, ed abbia l’abitudine di appollaiarsi, come i maschi dei nostri distinti reattini di Kitty, - abitudine interamente diversa da quelle degli altri uccelli conosciuti. Da ultimo, ancorchè non fosse una deduzione logica, sarebbe assai più soddisfacente il rappresentare alla mia immaginazione tali istinti, come quello del cuculo che scaccia dal proprio nido i fratelli, quello delle formiche che catturano le schiave, quello delle larve d’icneumonidi che nutronsi nei corpi viventi dei bruchi, non già come istinti specialmente determinati e creati, ma bensì quali conseguenze di una legge generale che conduce al progresso di ogni essere organico, vale a dire, a moltiplicare, a variare, a rendere vittoriosi i più forti ed a far soggiacere i più deboli.