Sulla origine delle specie per elezione naturale, ovvero conservazione delle razze perfezionate nella lotta per l'esistenza/Capo I/Elezione inconscia

Capo I

Elezione inconscia

../Principio di elezione applicato da lungo tempo e suoi effetti ../Circostanze favorevoli al potere elettivo dell'uomo IncludiIntestazione 1 giugno 2008 75% paleontologia

Capo I - Principio di elezione applicato da lungo tempo e suoi effetti Capo I - Circostanze favorevoli al potere elettivo dell'uomo

Attualmente abili allevatori cercano produrre una nuova discendenza o sotto-razza, superiore a tutte quelle che esistono nel paese, per mezzo di un’elezione metodica e con un determinato scopo: ma per noi una specie d’elezione che può chiamarsi inconscia e che risulta dalla gara formatasi per possedere e moltiplicare i migliori individui d’ogni specie è di un’importanza molto maggiore. Così un uomo che desidera un buon cane da ferma cerca di acquistarne possibilmente i migliori, e di ottenere dai migliori fra questi una prole, senza avere l’intenzione o la speranza di variare in questo modo permanentemente la razza. Tuttavia noi possiamo ritenere che questo processo continuato pel corso dei secoli finirebbe per modificare e migliorare la razza, non altrimenti di Bakewell, Collins, e tanti altri che collo stesso metodo, impiegato sistematicamente, per la sola durata della loro vita, hanno modificato grandemente le forme e le qualità del loro bestiame. I cambiamenti lenti ed insensibili non potrebbero constatarsi, quando non si prendessero fin da principio esatte misure o disegni correttissimi delle razze modificate, onde valersene per termini di confronto. In alcuni casi, però, individui della medesima razza, senza alcuna modificazione, od anche poco modificati, possono trovarsi in quei luoghi in cui il miglioramento della razza primitiva non è ancor progredito o solamente di poco. Vi sono motivi da pensare che il cane spagnolo Re-Carlo è stato inavvertitamente eppure molto profondamente modificato dall’epoca di questo monarca. Alcune autorità competentissime sostengono che il cane da ferma è derivato direttamente dallo spagnolo per lente variazioni. Sappiamo che il cane da ferma inglese ha variato assai nel secolo passato, e che gli incrociamenti avvenuti col cane-volpe furono la cagione precipua di questi cangiamenti. Ma ciò che più monta è che tutte queste variazioni sono avvenute inavvertitamente e gradatamente: tuttavia sono tanto pronunciate, che, quantunque l’antico cane da ferma venga certamente dalla Spagna, il signor Borrow mi ha assicurato di non avere veduto in quel paese un solo cane paragonabile al nostro cane da ferma.

In seguito a tale processo d’elezione e col mezzo di una educazione accurata, la maggior parte dei cavalli da corsa inglesi sono giunti a superare in leggerezza e statura i cavalli arabi da cui discendono: al punto che questi ultimi, dietro i regolamenti delle corse di Goodwood, sono caricati d’un peso minore dei corridori inglesi. Lord Spencer e tanti altri hanno dimostrato che il bestiame inglese è aumentato nel peso e nella precocità in confronto degli antichi prodotti del paese. Se si faccia un paragone fra i documenti antichi da noi posseduti sui colombi messaggeri e giratori e lo stato attuale di queste razze nelle Isole Britanniche, nell’India e nella Persia, possono seguirsi tutte le fasi percorse successivamente da tali razze per giungere a differire siffattamente dal colombo torraiuolo.

Youatt dà un esempio degli effetti ottenuti mediante elezioni continuate, che possono essere chiamate inconscie, in quanto gli allevatori non potevano aspettarsi o desiderare il risultato ottenuto: e cita due razze ben differenti. Sono queste le due greggie di montoni di Leicester, che i signori Buckley e Burgess da 50 anni a questa parte hanno allevato unicamente dallo stipite di Bakewell. Niuno può supporre che il proprietario dell’uno o dell’altro gregge abbia mai frammisto il puro sangue della razza Bakewell; nondimeno la differenza fra i montoni del Buckley e quelli del Burgess è tanto marcata, che hanno tutta l’apparenza di due razze distinte affatto.

Anche supposto che sianvi popoli selvaggi tanto barbari da non pensare a modificare i caratteri ereditari dei loro animali domestici, tuttavia essi conserverebbero con maggior cura, nelle carestie e negli altri flagelli, ai quali i selvaggi sono tanto esposti, qualunque animale che fosse loro utile in particolare. Tali animali così prescelti avrebbero generalmente maggiore probabilità degli altri di lasciare una posterità; per modo che ne seguirebbe un’elezione inconscia ma continua. Perfino i selvaggi della Terra del Fuoco attribuiscono tanto valore ai loro animali domestici, che in tempo di carestia ammazzano e divorano le loro vecchie donne, piuttosto che i loro cani, trovando questi più utili di quelle.

Lo stesso graduato processo di perfezionamento ha luogo nelle piante, conservando occasionalmente i migliori individui, sia che essi diversifichino abbastanza per essere alla prima apparenza riguardati come distinte varietà, sia che essi derivino da due o più razze o specie, con o senza incrociamento. Il progresso manifestasi con evidenza nell’aumento delle dimensioni e nella bellezza che oggi si osserva nella viola del pensiero, nella rosa, nel pelargonio, nella dalia e in atri fiori, quando si confrontino colle più antiche varietà delle medesime specie. Niuno potrebbe mai aspettarsi di ottenere subito una viola del pensiero o una dalia dal seme di una pianta selvatica, o di produrre improvvisamente una pera succosa col seme d’una pera selvatica; benchè si potesse riuscirvi col mezzo di una semente cresciuta allo stato selvatico ma proveniente da un frutto coltivato. La pera coltivata negli antichi tempi, al dire di Plinio, pare sia stata un frutto di qualità molto inferiore. Certe opere d’orticoltura si diffondono sulla meravigliosa abilità de’ giardinieri che ottennero sì magnifici risultati con materiali tanto scarsi; pure nessuno ebbe la coscienza delle lente trasformazioni che egli contribuiva ad operare. Tutta la loro arte consistette semplicemente nel seminare sempre le migliori varietà note, e non appena sorgeva casualmente una varietà alquanto superiore, la sceglievano per riprodurla. I giardinieri dell’epoca classica che coltivarono le migliori pere che poterono procurarsi, non hanno mai pensato agli stupendi frutti che noi un giorno avremmo mangiato; quantunque noi li dobbiamo, in qualche parte, allo studio da essi impiegato per scegliere e perpetuare le migliori varietà raccolte.

I grandi cambiamenti che si sono accumulati lentamente e inavvertitamente nelle nostre piante coltivate, spiegano il fatto notissimo che nella massima parte dei casi noi non conosciamo la pianta madre selvatica; e perciò non possiamo asserire da quali piante derivino quelle che noi teniamo negli orti e nei giardini. Se occorsero centinaia o migliaia d’anni per modificare e migliorare i nostri vegetali domestici fino all’attuale loro grado di utilità, è facile capire per qual ragione nè l’Australia, nè il Capo di Buona Speranza, nè qualsiasi altro paese abitato da genti non civilizzate, non ci diedero una sola pianta degna di coltivazione. Ciò non vuol dire che quei paesi tanto ricchi di specie non possano avere i tipi originali di molte utili piante, ma che queste piante indigene non furono migliorate da una continua elezione fino ad un grado di perfezione paragonabile a quello che osserviamo nelle piante dei luoghi da lungo tempo coltivati.

Quanto agli animali domestici dei popoli selvaggi non bisogna perdere di vista che essi debbono quasi sempre provvedere da sè al loro nutrimento, almeno in determinate stagioni. Ora in due regioni differentissime individui della medesima specie, aventi alcune piccole differenze di costituzione, ponno spesso riuscire molto meglio gli uni nella prima, gli altri nella seconda; e mediante un processo d’elezione naturale, che noi esporremo fra poco più completamente, ponno formarsi due sotto-razze. Ciò spiega forse in parte quanto venne osservato da alcuni autori; vale a dire che le varietà domestiche presso i selvaggi hanno in maggior grado i caratteri di specie particolari di quello che le varietà domestiche coltivate dai popoli civilizzati.

Questo importante intervento del potere elettivo dell’uomo rende facilmente conto degli adattamenti sì straordinari della struttura o delle abitudini delle razze domestiche a’ nostri bisogni e a’ nostri capricci. Noi vi troviamo la spiegazione del loro carattere sì spesso anormale, come pure delle loro grandi differenze esterne relativamente alle leggiere differenze de’ loro organi interni. L’uomo infatti non potrebbe senza un’estrema difficoltà scegliere le variazioni interne della struttura; e stiamo per dire ch’egli in generale poco se ne cura. La sua scelta non può cadere che sopra variazioni che la natura stessa gli offre in grado dapprima assai lieve. Così nessuno avrebbe mai cercato di formare un colombo pavone quando non avesse osservato in uno o più individui uno sviluppo alquanto insolito della coda, nè avrebbe pensato al colombo gozzuto quando non avesse veduto un colombo già dotato di un gozzo di notevoli dimensioni. Ora quanto più un carattere a tutta prima sembra inusitato o anormale, tanto più esso attirerà l’attenzione dell’uomo. Ma nella pluralità dei casi almeno, è inesatto il servirsi di questa frase: provarsi a fare un colombo pavone! La persona che per la prima scelse un colombo ornato di una coda un po’ più larga delle altre, non immaginò mai che cosa sarebbero divenuti i discendenti per effetto di questa elezione continuata in parte inavvertitamente, in parte metodicamente. Forse l’uccello stipite di tutti i nostri colombi pavoni aveva solamente 14 penne caudali un po’ spiegate, come al presente il colombo pavone di Giava, oppure come gl’individui di altre razze nei quali trovansene perfino diciassette. Forse il primo colombo gozzuto non gonfiava il suo gozzo più di quanto il turbito ora gonfia la parte superiore dell’esofago, abitudine che resta inosservata agli amatori di colombi perchè non offre scopo alcuno per l’elezione.

Tuttavia non si creda che una deviazione di struttura debba essere molto palese per attirare l’attenzione di un amatore, il quale s’avvede anche di differenze piccolissime ed è conforme alla natura dell’uomo l’apprezzare altamente qualsiasi novità che sia in suo possesso, per quanto insignificante. Inoltre, il valore attribuito a leggiere differenze accidentali in un solo individuo della specie, non devesi paragonare a quello che si attribuisce alle medesime differenze quando si sono già formate diverse razze pure. È ben probabile che nei colombi si sieno formate e si formino tuttora leggiere variazioni, che vengono respinte come deviazioni difettose dal tipo perfetto d’ogni razza. L’oca comune non ci ha dato alcuna varietà ben marcata; per cui la razza di Tolosa e la razza comune, differenti solo pel colore, il meno costante fra tutti i caratteri, furono spacciate come specie distinte nelle nostre esposizioni di volatili.

Da ciò emerge il motivo della nostra ignoranza sull’origine e sulla storia delle nostre razze domestiche. In fatto ad una razza, come al dialetto d’una lingua, non si può assegnare una origine ben definita. Alcuno alleva e fa riprodurre un individuo che presenta qualche modificazione poco sensibile, o prende maggior cura di un altro ad accoppiare i suoi soggetti più belli: in tal modo egli migliora i suoi allievi, e questi, così perfezionati, si spargono nei più vicini contorni. Ma essi non hanno ancora un nome speciale, e non essendo ancora apprezzato il loro valore, la loro storia è trascurata. Dopo aver subito un nuovo perfezionamento col medesimo processo lento e graduato, essi si disseminano sempre più, sono riguardati come cosa distinta e pregevole, ed allora solamente essi ricevono un nome provinciale. In alcuni paesi semicivilizzati, ove le comunicazioni sono difficili, una nuova sotto-razza sarebbe anche più lentamente diffusa ed apprezzata. Appena che le qualità pregevoli sono riconosciute, l’elezione inconscia tende ad aumentarne lentamente e incessantemente i tratti caratteristici, qualunque siano; ma non ugualmente in tutti i tempi, secondo che la razza nuova acquista o perde voga; e forse anche in certi distretti meglio che in altri, secondo il grado di civiltà dei loro abitanti. Ma avremo sempre pochissima probabilità di conservare una cronaca esatta delle sue modificazioni lente ed insensibili.