Storie allegre/L'omino anticipato/I
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I.
Il signor Gigino.
Quando lo conobbi io, aveva appena dieci anni.
Di nome si chiamava Gigino.
Non era nè bello nè brutto. Aveva un par d’occhietti cerulei; i capelli biondissimi, d’un biondo chiaro come la stoppa; il naso un po’ ritto e voltato in su, e le gambe un tantino magre più del bisogno.
Nell’insieme, poteva dirsi un buon figliuolo. A scuola non faceva miracoli, ma il maestro mostravasi contento: in casa poi era il cucco della mamma e l’occhio diritto del babbo. Guai se le sorelle e i fratelli maggiori avessero torto un capello a Gigino! C’era da far nascere una specie di finimondo.
Volete che vi dica il più gran difetto di questo ragazzo? Durerete fatica a crederlo, eppure è così: il suo più gran difetto era quello di vergognarsi a passar per un ragazzo: voleva per forza parere un giovinotto, un uomo fatto!
A domandargli quanti anni avesse, per il solito rispondeva:
— Il babbo e la mamma dicono che ne ho dieci; ma lo dicono per farmi arrabbiare....
— O dunque quanti anni hai?
— A dir poco poco, ne devo avere dodici per i diciotto: un altr’anno sarò di leva....
— Come fai a saperlo?
— Chi può saperlo meglio di me? Gli anni son miei, e nessuno me li può levare. —
Fatto sta che Gigino, mentre pretendeva di essere un giovinotto e un omino maturato prima del tempo, si dava a conoscere per un ragazzo più ragazzo di molti altri. Era bizzoso, capriccioso, svogliato, ghiotto dello zucchero e dei pasticcini; un po’ bugiardo; prepotente e permaloso co’ suoi compagni di scuola, e fanatico dei balocchi fino al segno di pigolare tutti i giorni qualche soldo, per comprarsi un burattino o un cavallo di terracotta col fischio nella coda.
Voi forse mi domanderete: In qual modo, dunque, il signor Gigino mostrava questa sua gran passione di farsi credere un giovinotto? —
Ve lo dico subito: la sua passione stava tutta nel desiderio di potersi vestire da uomo, come il suo fratello maggiore che aveva oramai vent’anni compiti; vale a dire, invece del solito berrettino, avrebbe preferito un bel cappello a tuba; invece della giacchettina, un soprabito di panno nero; e invece della golettina rovesciata, che lascia libero il collo, un bel golettone ritto e inamidato, come il collare dei preti.