Storia di Reggio di Calabria (Spanò Bolani)/Al lettore
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AL LETTORE
Essendo stato mio proposito di scrivere la storia di Reggio con quella maggior verità, precisione ed imparzialità che mi fa possibile, ebbi mente a non lasciarmi distrarre da digressioni e discussioni che dal tema mi dilungassero. Ma ridotte in succo e sangue le notizie che mi furono necessarie al lavoro, narrai nettamente le avvenute cose per ordine di tempi, coordinandole convenientemente colla storia de’ Greci, dei Romani, de’ Goti, de’ Bizantini, de’ Saracini, e delle altre genti che vi tennero dominio. E mi giovai principalmente degli scrittori antichi e de’ loro dotti interpreti; degli autori sincroni; de’ monumenti; delle monete; delle pergamene; delle scritture pubbliche; delle memorie private; delle tradizioni. Quando poi mi vennero meno i sincroni, prescelsi quelli che furono più vicini a’ tempi narrati, e quelli che per critica, imparzialità e buon giudizio meritano maggior fede ed autorità. Se poi nelle circostanze di un avvenimento m’incontrai in notabili discrepanze, cercai sempre di appigliarmi a quella narrazione che mi parve non solo più verisimile e consentanea al fatto stesso, ma che da’ ravvicinamenti da me fatti mi risultò più probabile, e meno lontana dal vero. Nelle cose dubbie o ripugnanti tra loro mi attenni sempre alla opinione che mi sembrò più ragionevole; e mi sono studiato di non farmi vincere da alcun falso spirito municipale. Il quale spesso esagera tanto le cose vere che fa parerle menzogne, e le non vere racconta con tanta sicurezza, che altrui porgono sembianza di verità, mentre verità non sono. Quindi delle goffe, bugiarde o confuse dicerie di taluni cronisti non tenni conto alcuno; nè m’indugiai a confutarle, poichè saranno smentite abbastanza dalla mia stessa narrazione. Nè volli esser perpetuo citatore di autori; nè volli impinguar l’opera mia di greco, di latino, o di altro che sia, per far pompa di una erudizione, che mi avrebbe reso prolisso, e grave al più de’ miei leggitori. Alcune annotazioni ad ogni libro, e parecchie tavole cronologiche disposte acconciamente dopo il libro ottavo ch’è l’ultimo, saranno sufficienti a contentare ogni desiderio. Chi poi è dotto di storia o antica o moderna, saprà assai agevolmente da quali fonti abbia io derivata la materia del mio dettato, e chi dotto non è stia pur certo non aver io raccontata cosa alcuna che non abbia l’appoggio di autentici documenti, e di probe testimonianze. A taluni umanitarii e cosmopoliti questa mia storia parrà forse soverchia, e d’interesse troppo locale; ma io penso che non mi verrà scarso merito dall’aver tentata un’impresa, la quale non sarà alla mia patria nè inutile, nè sgradita; ed è parte di storia italiana.
Delle urbane e ragionate critiche sarò a tutti riconoscente, e o confesserò docilmente i miei falli, o mi difenderò con pari urbanità. Alle critiche villane, o stampate, o scritte a penna, o verbali, non risponderò mai.