Decameron/Giornata decima/Conclusione: differenze tra le versioni

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== Conclusione ==
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''La novella di Dioneo era finita, e assai le donne, chi d'una parte e chi d'altra tirando, chi biasimando una cosa e chi un'altra intorno ad essa lodandone, n'avevan favellato, quando il re, levato il viso verso il cielo, e vedendo che il sole era già basso all'ora di vespro, senza da seder levarsi, così cominciò a parlare:''
 
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Le donne e gli altri levatisi, non altramenti che usati si fossero, chi ad un diletto e chi ad un altro si diede. E l'ora del la cena venuta, con sommo piacere furono a quella, e dopo quella a cantare e a sonare e a carolare cominciarono; e menando la Lauretta una danza, comandò il re alla Fiammetta che dicesse una canzone, la quale assai piacevolmente così in cominciò a cantare:
<poem>
S'amor venisse senza gelosia,<br>
io non so donna nata
lieta com'io sarei, e qual vuol sia.<br>
 
Se gaia giovinezza<br>
S'amor venisse senza gelosia,<br>
ioin nonbello soamante dee donna nata<br>appagare,
o pregio di virtute,<br>
lieta com'io sarei, e qual vuol sia.<br>
o ardire o prodezza,<br>
 
senno, costume o ornato parlare,<br>
Se gaia giovinezza<br>
o leggiadrie compiute,<br>
in bello amante dee donna appagare,<br>
io son colei per certo in cui salute,<br>
o pregio di virtute,<br>
essendo innamorata,<br>
o ardire o prodezza,<br>
tutte le veggio en la speranza mia.<br>
senno, costume o ornato parlare,<br>
o leggiadrie compiute,<br>
io son colei per certo in cui salute,<br>
essendo innamorata,<br>
tutte le veggio en la speranza mia.<br>
 
Ma per ciò ch'io m'avveggio<br>
che altre donne savie son com'io,<br>
io triemo di paura,<br>
e pur credendo il peggio,<br>
di quello avviso en l'altre esser disio<br>
ch'a me l'anima fura,<br>
e così quel che m'è somma ventura<br>
mi fa isconsolata<br>
sospirar forte e stare in vita ria.<br>
 
Se io sentissi fede<br>
nel mio signor, quant'io sento valore,<br>
gelosa non sarei;<br>
ma tanto se ne vede,<br>
pur che sia chi 'nviti l'amadore,<br>
ch'io gli ho tutti per rei.<br>
Questo m'accuora, e volentier morrei,<br>
e di chiunque il guata<br>
sospetto, e temo non mel porti via.<br>
 
Per Dio dunque ciascuna<br>
donna pregata sia che non s'attenti<br>
di farmi in ciò oltraggio;<br>
ché, se ne fia nessuna<br>
che con parole o cenni o blandimenti<br>
in questo il mio dannaggio<br>
cerchi o procuri, s'io il risapraggio,<br>
se io non sia svisata,<br>
piagner farolle amara tal follia.<br>
</poem>
 
Come la Fiammetta ebbe la sua canzone finita, così Dioneo, che allato l'era, ridendo disse:
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Finisce la decima giornata del Decameron
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