Pagina:Versi di Giacomo Zanella.djvu/47: differenze tra le versioni

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Versione delle 19:35, 19 feb 2011

Che già tennero Euclide ed Archimede,
Dal sen si trasse ed a me porse. I moti
Perenni e le mutabili sembianze
Del creato mirai. Come di notte
Fanciul smarrito alla foresta intende
Strani romor, per cui giganti e mostri
Vede atterrito grandeggiar nel buio;
Tal di natura i penetrali entrando
Io d’incognite posse il guizzo intesi
Meravigliose, onnipossenti. I germi
Sciolti fervean. Nel fior che i rabescati
Petali attorce in calice; ne’ fiocchi
Della neve cadente e de’ cristalli
Nelle rigide facce egual misura,
Numero egual m’apparve. Assidua vece
Di forma in forma l’atomo sospinge
Primordïal; ma non flessibil Parca
Regge con ferrea man nozze e dissidi.
Tal di vita e di morte alterno fato
L’universo ritempra! Ove s’accampa
Bella di molti tremolanti fochi
Presso l’Orsa minor Cassiopea
Sorger fu visto subitano un sole
Che più tempo rifulse: a poco a poco
Poi scolorossi e sparve. E tale ardevi
Forse nell’alba del creato, o Terra,
E lenta ti spegnevi! Invitte posse
Che ancor tremoti pascono e vulcani,