Don Chisciotte della Mancia/Capitolo XXXIII: differenze tra le versioni

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<div align="center"> ''' Si racconta la novella del Curioso Indiscreto '''</div>
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« Anselmo se ne andò l’indomani in campagna, lasciando detto a Camilla che Lotario sarebbe venuto ogni giorno a pranzare con lei durante la sua lontananza, e che facesse conto di lui come del marito stesso. Camilla, come prudente ed onesta consorte, si afflisse di quell’ordine, e rispose che non le pareva giusto che un altro occupasse alla tavola il posto del marito assente. Se questo le comandava stimando che ella non sapesse mettersi alla testa della famiglia in assenza del marito, ne facesse la prova in quell’occasione, e avrebbe visto col fatto ch’era capace e di questo e di molto più. Le replicò Anselmo che così avea stabilito, e ch’ella fosse contenta di obbedirlo, e Camilla rispose che si sarebbe sottomessa ad ogni modo al suo volere. Partì Anselmo, e Lotario il giorno seguente fu a casa dell’amico, dove Camilla gli fece onorevole accoglienza, cercando però di non restarsi con lui da sola a solo. Essa aveva ordinato a questo scopo che i servi e le cameriere le stessero vicino, e specialmente una sua donzella, chiamata Leonella, da lei molto amata, essendo cresciute insieme fin da fanciulle, e avendola condotta seco quando si era accasata con Anselmo. Nei primi tre giorni, Lotario nulla le disse, sebbene ne avesse avuto tutto il tempo quando, sparecchiata la tavola, i domestici si affrettavano di andarsene a pranzo, come ordinava loro Camilla. Aveva raccomandato a Leonella di pranzare prima e di non allontanarsi un solo momento dalla sua signora; ma essa, che pensava a cose per lei più importanti, non obbediva fedelmente la padrona, ed anzi la lasciava sola, come se questo le fosse stato ordinato. L’onestà di Camilla e la gravità e la sua compostezza erano però tali da tenere a segno la lingua di Lotario : ma intanto ch’egli si sentiva obbligato a tacere, cominciò a considerare l’estrema bellezza e bontà di lei, capaci d’innamorare non solo chi ha un cuore di carne, ma una statua di marmo. Passando molte ore in sua compagnia, avea modo di considerare quanto fosse degna di essere amata; ed in breve, accorgendosi che in presenza di tanta bellezza la sua virtù vacillava, cominciò a desiderare di ritirarsi lontano dalla città, dove il suo amico non lo trovasse, né fosse possibile a lui di più riveder Camilla; ma il piacere che provava nel guardarla lo distoglieva subito da quel pensiero. Faceva forza a se stesso per non sentire la gioia che gli recava la vista di Camilla; incolpava sé solo della sua follia; si chiamava malvagio amico e cattivo cristiano; si paragonava ad Anselmo, e doveva concludere ch’era assai più riprovevole la pazzia e la confidenza di Anselmo che la sua poca fedeltà; e se avesse potuto scolparsi verso Dio come verso gli uomini, non avrebbe temuto alcun castigo per la sua colpa. Insomma, la bellezza e la bontà di Camilla, e l’occasione che il marito gli aveva porta, diedero il crollo alla lealtà di Lotario. Quindi, senza pensare ad altro che al proprio piacere, dopo tre giorni di continuo conflitto contro se stesso, cominciò a parlar d’amore a Camilla. Ella, vedendo il grave turbamento di lui e udendo le sue affettuose espressioni, ne rimase stupita, ed altro non fece che allontanarsi e chiudersi nelle proprie
camere, senza rispondergli una sola parola. Lotario non perdè la speranza, che nasce sempre insieme coll’ amore; anzi, si fece maggiormente ardito, per modo che la buona donna, per levarlo dall’occasione, mandò quella notte medesima un suo servitore ad Anselmo, con un biglietto del seguente tenore.
 
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