Divina Commedia/Purgatorio/Canto XXX: differenze tra le versioni

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{{Qualità|avz=75%|data=13 febbraio 2008|arg=Poemi}}{{IncludiIntestazione|sottotitolo=[[Divina Commedia/Purgatorio|Purgatorio]]<br /><br />Canto trentesimo|prec=../Canto XXIX|succ=../Canto XXXI}}
 
{{capitolo
''Canto XXX, dove narra come Beatrice apparve a Dante e {{AutoreCitato|Publio Virgilio Marone|Virgilio}} il lasciò, e lo recitare per l'altal’alta donna de la incostanza e difetto di Dante, e qui l'auttorel’auttore piange i suoi difetti con vergogna compuntiva.''
|CapitoloPrecedente=Canto ventinovesimo
|NomePaginaCapitoloPrecedente=../Canto XXIX
|CapitoloSuccessivo=Canto trentunesimo
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''Canto XXX, dove narra come Beatrice apparve a Dante e {{AutoreCitato|Publio Virgilio Marone|Virgilio}} il lasciò, e lo recitare per l'alta donna de la incostanza e difetto di Dante, e qui l'auttore piange i suoi difetti con vergogna compuntiva.''
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Quando il settentrïon del primo cielo,
che né occaso mai seppe né orto
d'altrad’altra nebbia che di colpa velo, {{r|3}}
 
e che faceva lì ciascuno accorto
di suo dover, come 'l’l più basso face
qual temon gira per venire a porto, {{r|6}}
 
fermo s'affisses’affisse: la gente verace,
venuta prima tra 'l’l grifone ed esso,
al carro volse sé come a sua pace; {{r|9}}
 
e un di loro, quasi da ciel messo,
'Veni’Veni, sponsa, de Libano'Libano’ cantando
gridò tre volte, e tutti li altri appresso. {{r|12}}
 
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ministri e messagger di vita etterna. {{r|18}}
 
Tutti dicean: 'Benedictus’Benedictus qui venis!',
e fior gittando e di sopra e dintorno,
'Manibus’Manibus, oh, date lilïa plenis!'. {{r|21}}
 
Io vidi già nel cominciar del giorno
la parte orïental tutta rosata,
e l'altrol’altro ciel di bel sereno addorno; {{r|24}}
 
e la faccia del sol nascere ombrata,
sì che per temperanza di vapori
l'occhiol’occhio la sostenea lunga fïata: {{r|27}}
 
così dentro una nuvola di fiori
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e ricadeva in giù dentro e di fori, {{r|30}}
 
sovra candido vel cinta d'ulivad’uliva
donna m'apparvem’apparve, sotto verde manto
vestita di color di fiamma viva. {{r|33}}
 
E lo spirito mio, che già cotanto
tempo era stato ch'ach’a la sua presenza
non era di stupor, tremando, affranto, {{r|36}}
 
sanza de li occhi aver più conoscenza,
per occulta virtù che da lei mosse,
d'anticod’antico amor sentì la gran potenza. {{r|39}}
 
Tosto che ne la vista mi percosse
l'altal’alta virtù che già m'aveam’avea trafitto
prima ch'ioch’io fuor di püerizia fosse, {{r|42}}
 
volsimi a la sinistra col respitto
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quando ha paura o quando elli è afflitto, {{r|45}}
 
per dicere a Virgilio: 'Men’Men che dramma
di sangue m'èm’è rimaso che non tremi:
conosco i segni de l'antical’antica fiamma'fiamma’. {{r|48}}
 
Ma Virgilio n'avean’avea lasciati scemi
di sé, Virgilio dolcissimo patre,
Virgilio a cui per mia salute die'die’ mi; {{r|51}}
 
né quantunque perdeo l'antical’antica matre,
valse a le guance nette di rugiada
che, lagrimando, non tornasser atre. {{r|54}}
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Quasi ammiraglio che in poppa e in prora
viene a veder la gente che ministra
per li altri legni, e a ben far l'incoral’incora; {{r|60}}
 
in su la sponda del carro sinistra,
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che di necessità qui si registra, {{r|63}}
 
vidi la donna che pria m'appariom’appario
velata sotto l'angelical’angelica festa,
drizzar li occhi ver'ver’ me di qua dal rio. {{r|66}}
 
Tutto che 'l’l vel che le scendea di testa,
cerchiato de le fronde di Minerva,
non la lasciasse parer manifesta, {{r|69}}
 
regalmente ne l'attol’atto ancor proterva
continüò come colui che dice
e 'l’l più caldo parlar dietro reserva: {{r|72}}
 
"Guardaci ben! Ben son, ben son Beatrice.
Come degnasti d'accedered’accedere al monte?
non sapei tu che qui è l'uoml’uom felice?". {{r|75}}
 
Li occhi mi cadder giù nel chiaro fonte;
ma veggendomi in esso, i trassi a l'erbal’erba,
tanta vergogna mi gravò la fronte. {{r|78}}
 
Così la madre al figlio par superba,
com'ellacom’ella parve a me; perché d'amarod’amaro
sente il sapor de la pietade acerba. {{r|81}}
 
Ella si tacque; e li angeli cantaro
di sùbito 'In’In te, Domine, speravi'speravi’;
ma oltre 'pedes’pedes meos'meos’ non passaro. {{r|84}}
 
Sì come neve tra le vive travi
per lo dosso d'Italiad’Italia si congela,
soffiata e stretta da li venti schiavi, {{r|87}}
 
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così fui sanza lagrime e sospiri
anzi 'l’l cantar di quei che notan sempre
dietro a le note de li etterni giri; {{r|93}}
 
ma poi che 'ntesi’ntesi ne le dolci tempre
lor compartire a me, par che se detto
avesser: 'Donna’Donna, perché sì lo stempre?', {{r|96}}
 
lo gel che m'eram’era intorno al cor ristretto,
spirito e acqua fessi, e con angoscia
de la bocca e de li occhi uscì del petto. {{r|99}}
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volse le sue parole così poscia: {{r|102}}
 
"Voi vigilate ne l'etternol’etterno die,
sì che notte né sonno a voi non fura
passo che faccia il secol per sue vie; {{r|105}}
 
onde la mia risposta è con più cura
che m'intendam’intenda colui che di là piagne,
perché sia colpa e duol d'unad’una misura. {{r|108}}
 
Non pur per ovra de le rote magne,
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questi fu tal ne la sua vita nova
virtüalmente, ch'ognech’ogne abito destro
fatto averebbe in lui mirabil prova. {{r|117}}
 
Ma tanto più maligno e più silvestro
si fa 'l’l terren col mal seme e non cólto,
quant'elliquant’elli ha più di buon vigor terrestro. {{r|120}}
 
Alcun tempo il sostenni col mio volto:
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Quando di carne a spirto era salita,
e bellezza e virtù cresciuta m'eram’era,
fu'fu’ io a lui men cara e men gradita; {{r|129}}
 
e volse i passi suoi per via non vera,
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che nulla promession rendono intera. {{r|132}}
 
l'impetrarel’impetrare ispirazion mi valse,
con le quali e in sogno e altrimenti
lo rivocai: sì poco a lui ne calse! {{r|135}}
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fuor che mostrarli le perdute genti. {{r|138}}
 
Per questo visitai l'usciol’uscio d'id’i morti,
e a colui che l'l’ ha qua sù condotto,
li preghi miei, piangendo, furon porti. {{r|141}}
 
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===== Altri progetti =====
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