Divina Commedia/Inferno/Canto VIII: differenze tra le versioni
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{{Qualità|avz=100%|data=18 maggio 2008|arg=Poemi}}{{IncludiIntestazione|sottotitolo=[[Divina Commedia/Inferno|Inferno]]<br />Canto ottavo|prec=../Canto VII|succ=../Canto IX}}
''Canto ottavo, ove tratta del quinto cerchio de
▲''Canto ottavo, ove tratta del quinto cerchio de l'inferno e alquanto del sesto, e de la pena del peccato de l'ira, massimamente in persona d'uno cavaliere fiorentino chiamato messer Filippo Argenti, e del dimonio Flegias e de la palude di Stige e del pervenire a la città d'inferno detta Dite.''
<poem>
Io dico, seguitando,
che noi fossimo al piè de
li occhi nostri
per due fiammette che i vedemmo porre,
e
tanto
E io mi volsi al mar di tutto
dissi: "Questo che dice? e che risponde
Ed elli a me: "Su per le sucide onde
già scorgere puoi quello che
se
Corda non pinse mai da sé saetta
che sì corresse via per
venir per
sotto
che gridava: "{{§|Or se' giunta|Or se' giunta, anima fella!}}". {{R|18}}
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Qual è colui che grande inganno ascolta
che li sia fatto, e poi se ne rammarca,
fecesi Flegïàs ne
Lo duca mio discese ne la barca,
e poi mi fece intrare appresso lui;
e sol
Tosto che
segando se ne va
de
Mentre noi corravam la morta gora,
dinanzi mi si fece un pien di fango,
e disse: "Chi
E io a lui: "
ma tu chi
Rispuose: "Vedi che son un che piango". {{R|36}}
E io a lui: "Con piangere e con lutto,
spirito maladetto, ti rimani;
Allor distese al legno ambo le mani;
per che
dicendo: "Via costà con li altri cani!". {{R|42}}
Lo collo poi con le braccia mi cinse;
basciommi
benedetta colei che
Quei fu al mondo persona orgogliosa;
bontà non è che sua memoria fregi:
così
{{§|Quanti si tegnon|Quanti si tegnon or là sù gran regi
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di tal disïo convien che tu goda". {{R|57}}
Dopo ciò poco
far di costui a le fangose genti,
che Dio ancor ne lodo e ne ringrazio. {{R|60}}
Tutti gridavano: "A Filippo Argenti!";
e
in sé medesmo si volvea
Quivi il lasciammo, che più non ne narro;
ma ne
per
Lo buon maestro disse: "Omai, figliuolo,
coi gravi cittadin, col grande stuolo". {{R|69}}
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fossero". Ed ei mi disse: "Il foco etterno
come tu vedi in questo basso inferno". {{R|75}}
Noi pur giugnemmo dentro a
che vallan quella terra sconsolata:
le mura mi parean che ferro fosse. {{R|78}}
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Non sanza prima far grande aggirata,
venimmo in parte dove il nocchier forte
"Usciteci", gridò: "qui è
Io vidi più di mille in su le porte
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va per lo regno de la morta gente?}}".
E
di voler lor parlar segretamente. {{R|87}}
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Sol si ritorni per la folle strada:
pruovi, se sa; ché tu qui rimarrai,
che li
Pensa, lettor, se io mi sconfortai
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"O caro duca mio, che più di sette
volte
non mi lasciar",
e se
ritroviam
E quel segnor che lì
mi disse: "Non temer; ché
non ci può tòrre alcun: da tal
Ma qui
conforta e ciba di speranza buona,
Così sen va, e quivi
lo dolce padre, e io rimagno in forse,
che sì e no nel capo mi tenciona. {{R|111}}
Udir non potti quello
ma ei non stette là con essi guari,
che ciascun dentro a pruova si ricorse. {{R|114}}
Chiuser le porte
nel petto al mio segnor, che fuor rimase
e rivolsesi a me con passi rari. {{R|117}}
Li occhi a la terra e le ciglia avea rase
"{{§|Chi m' ha negate|Chi m' ha negate le dolenti case!}}". {{R|120}}
E a me disse: "Tu,
non sbigottir,
qual
Questa lor tracotanza non è nova;
ché già
la qual sanza serrame ancor si trova. {{R|126}}
e già di qua da lei discende
passando per li cerchi sanza scorta, {{R|129}}
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===== Altri progetti =====
{{Interprogetto|etichetta=Inferno - Canto ottavo|w=Inferno_-_Canto_ottavo}}
[[en:The Divine Comedy/Inferno/Canto VIII]]
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