Rime (Stampa)/Rime d'amore/CXXII: differenze tra le versioni

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{{Qualità|avz=75%|data=22 settembre 2009|arg=Poesie}}{{IncludiIntestazione|sottotitolo=[[Rime (Stampa)/Rime d'amore|Rime d'amore]]<br/><br/>CXXII|prec=../CXXI|succ=../CXXIII}}
 
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<poem>
Quando io movo a mirar fissa ed intenta
le ricchezze e i tesor, ch'Amorech’Amore e 'l’l cielo
dentro ne l'almal’alma e fuor nel mortal velo
poser di lui, ch'ogn'altrach’ogn’altra luce ha spenta,
resto del mio martìr tanto contenta,
sì paga del mio vivo, ardente zelo,
che la ferita e 'l’l despietato telo,
che mi trafige il cor, non par che senta.
Sol mi struggo e mi doglio, quando penso
che da me tosto debba allontanarse
questo d'ognid’ogni mia gloria abisso immenso.
A questo l'almal’alma sol non può quetarse,
a ciò grida ed esclama ogni mio senso:
- O tante indarno mie fatiche sparse!
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