Orlando furioso (1928)/Canto 46: differenze tra le versioni

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<poem>
{{O|1}} Or, se mi mostra la mia carta il vero,
non è lontano a discoprirsi il porto;
sì che nel lito i voti scioglier spero
a chi nel mar per tanta via m'ham’ha scorto;
ove, o di non tornar col legno intero,
o d'errard’errar sempre, ebbi già il viso smorto.
Ma mi par di veder, ma veggo certo,
veggo la terra, e veggo il lito aperto.
 
{{O|2}} Sento venir per allegrezza un tuono
che fremer l'arial’aria e rimbombar fa l'ondel’onde:
odo di squille, odo di trombe un suono
che l'altol’alto popular grido confonde.
Or comincio a discernere chi sono
questi che empion del porto ambe le sponde.
Par che tutti s'allegrinos’allegrino ch'ioch’io sia
venuto a fin di così lunga via.
 
{{O|3}} Oh di che belle e sagge donne veggio,
oh di che cavallieri il lito adorno!
Oh di ch'amicich’amici, a chi in eterno deggio
per la letizia c'hanc’han del mio ritorno!
Mamma e Ginevra e l'altrel’altre da Correggio
veggo del molo in su l'estremol’estremo corno:
Veronica da Gambera è con loro,
sì grata a Febo e al santo aonio coro.
 
{{O|4}} Veggo un'altraun’altra Genevra, pur uscita
del medesmo sangue, e Iulia seco;
veggo Ippolita Sforza, e la notrita
Damigella rivulzia al sacro speco:
veggo te, Emilia Pia, te, Margherita,
ch'Angelach’Angela Borgia e Graziosa hai teco.
Con Ricciarda da Este ecco le belle
Bianca e Diana, e l'altrel’altre lor sorelle.
 
{{O|5}} Ecco la bella, ma più saggia e onesta,
Barbara Turca, e la compagna è Laura:
non vede il sol di più bontà di questa
coppia da l'Indol’Indo all'estremaall’estrema onda maura.
Ecco Genevra che la Malatesta
casa col suo valor sì ingemma e inaura,
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non ebbon più onorati e degni fregi.
 
{{O|6}} S'aS’a quella etade ella in Arimino era,
quando superbo de la Gallia doma
Cesar fu in dubbio, s'oltres’oltre alla riviera
dovea passando inimicarsi Roma;
crederò che piegata ogni bandiera,
e scarca di trofei la ricca soma,
tolto avria leggi e patti a voglia d'essad’essa,
né forse mai la libertade oppressa.
 
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ecco qui a quante oggi ne sono, toglie,
e a quante o greche o barbere o latine
ne furon mai, di quai la fama s'odas’oda,
di grazia e di beltà la prima loda,
 
{{O|8}} Iulia Gonzaga, che dovunque il piede
volge, e dovunque i sereni occhi gira,
non pur ogn'altraogn’altra di beltà le cede,
ma, come scesa dal ciel dea, l'ammiral’ammira.
La cognata è con lei, che di sua fede
non mosse mai, perché l'avessel’avesse in ira
Fortuna che le fe'fe’ lungo contrasto.
Ecco Anna d'Aragond’Aragon, luce del Vasto;
 
{{O|9}} Anna, bella, gentil, cortese e saggia,
di castità, di fede e d'amord’amor tempio.
La sorella è con lei, ch'ovech’ove ne irraggia
l'altal’alta beltà, ne pate ogn'altraogn’altra scempio.
Ecco chi tolto ha da la scura spiaggia
di Stige, e fa con non più visto esempio,
mal grado de le Parche e de la Morte,
splender nel ciel l'invittol’invitto suo consorte.
 
<span style="font-size:80%">10</span> Le Ferrarese mie qui sono, e quelle
de la corte d'Urbinod’Urbino; e riconosco
quelle di Mantua, e quante donne belle
ha Lombardia, quante il paese tosco.
Il cavallier che tra lor viene, e ch'ellech’elle
onoran sì, s'ios’io non ho l'occhiol’occhio losco,
da la luce offuscato de'de’ bei volti,
è 'l’l gran lume aretin, l'Unicol’Unico Accolti.
 
<span style="font-size:80%">11</span> Benedetto, il nipote, ecco là veggio,
c'hac’ha purpureo il capel, purpureo il manto,
col cardinal di Mantua e col Campeggio,
gloria e splendor del consistorio santo:
e ciascun d'essid’essi noto (o ch'ioch’io vaneggio)
al viso e ai gesti rallegrarsi tanto
del mio ritorno, che non facil parmi
ch'ioch’io possa mai di tanto obligo trarmi.
 
<span style="font-size:80%">12</span> Con lor Lattanzio e Claudio Tolomei,
e Paulo Pansa e 'l’l Dresino e Latino
Iuvenal parmi, e i Capilupi miei,
e 'l’l Sasso e 'l’l Molza e Florian Montino;
e quel che per guidarci ai rivi ascrei
mostra piano e più breve altro camino,
Iulio Camillo; e par ch'ancoch’anco io ci scerna,
Marco Antonio Flaminio, il Sanga, il Berna.
 
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Fedro, Capella, Porzio, il bolognese
Filippo, il Volterano, il Madalena,
Blosio, Pierio, il {{AutoreCitatoAc|Marco Girolamo Vida|Vida}} cremonese,
d'altad’alta facondia inessicabil vena,
e Lascari e Mussuro e Navagero,
e Andrea Marone e 'l’l monaco Severo.
 
<span style="font-size:80%">14</span> Ecco altri duo Alessandri in quel drappello,
dagli Orologi l'unl’un, l'altrol’altro il Guarino.
Ecco Mario d'Olvitod’Olvito, ecco il flagello
de'de’ principi, il divin Pietro Aretino.
Duo Ieronimi veggo, l'unol’uno è quello
di Veritade, e l'altrol’altro il Cittadino.
Veggo il Mainardo, veggo il Leoniceno,
il Pannizzato, e Celio e il Teocreno.
 
<span style="font-size:80%">15</span> Là Bernardo Capel, là veggo Pietro
Bembo, che 'l’l puro e dolce idioma nostro,
levato fuor del volgare uso tetro,
quale esser dee, ci ha col suo esempio mostro.
Guasparro Obizi è quel che gli vien dietro,
ch'ammirach’ammira e osserva il sì ben speso inchiostro.
Io veggo il Fracastorio, il Bevazano,
Trifon Gabriele, e il Tasso più lontano.
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<span style="font-size:80%">16</span> Veggo Nicolò Tiepoli, e con esso
Nicolò Amanio in me affissar le ciglia;
Anton Fulgoso ch'ach’a vedermi appresso
al lito mostra gaudio e maraviglia.
Il mio Valerio è quel che là s'ès’è messo
fuor de le donne; e forse si consiglia
col Barignan c'hac’ha seco, come, offeso
sempre da lor, non ne sia sempre acceso.
 
<span style="font-size:80%">17</span> Veggo sublimi e soprumani ingegni
di sangue e d'amord’amor giunti, il Pico e il Pio.
Colui che con lor viene, e da'da’ più degni
ha tanto onor, mai più non conobbi io;
ma, se me ne fur dati veri segni,
è l'uoml’uom che di veder tanto desio,
Iacobo Sanazar, ch'allech’alle Camene
lasciar fa i monti ed abitar l'arenel’arene.
 
<span style="font-size:80%">18</span> Ecco il dotto, il fedele, il diligente
secretario Pistofilo, ch'insiemech’insieme
con gli Acciaiuoli e con l'Angiarl’Angiar mio sente
piacer, che più del mar per me non teme.
Annibal Malaguzzo, il mio parente,
veggo con l'Adoardol’Adoardo, che gran speme
mi dà, ch'ancorch’ancor del mio nativo nido
udir farà da Calpe agli Indi il grido.
 
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mia ritornata ognun parer contento.
Dunque, a finir la breve via che resta,
non sia più indugio, or ch'hoch’ho propizio il vento;
e torniamo a Melissa, e con che aita
salvò, diciamo, al buon Ruggier la vita.
 
<span style="font-size:80%">20</span> Questa Melissa, come so che detto
v'hov’ho molte volte, avea sommo desire
che Bradamante con Ruggier di stretto
nodo s'avesses’avesse in matrimonio a unire;
e d'ambid’ambi il bene e il male avea sì a petto,
che d'orad’ora in ora ne volea sentire.
Per questo spirti avea sempre per via,
che, quando andava l'unl’un, l'altrol’altro venìa.
 
<span style="font-size:80%">21</span> In preda del dolor tenace e forte
Ruggier tra le scure ombre vide posto,
il qual di non gustar d'alcunad’alcuna sorte
mai più vivanda fermo era e disposto,
e col digiun si volea dar la morte:
ma fu l'aiutol’aiuto di Melissa tosto;
che, del suo albergo uscita, la via tenne
ove in Leone ad incontrar si venne:
 
<span style="font-size:80%">22</span> il qual mandato, l'unol’uno a l'altrol’altro appresso,
sua gente avea per tutti i luoghi intorno;
e poscia era in persona andato anch'essoanch’esso
per trovare il guerrier dal liocorno.
La saggia incantatrice, la qual messo
freno e sella a uno spirto avea quel giorno,
e l'aveal’avea sotto in forma di ronzino,
trovò questo figliuol di Costantino.
 
<span style="font-size:80%">23</span> - Se de l'animol’animo è tal la nobiltate,
qual fuor, signor (diss'elladiss’ella), il viso mostra;
se la cortesia dentro e la bontade
ben corrisponde alla presenza vostra,
qualche conforto, qualche aiuto date
al miglior cavallier de l'etàl’età nostra;
che s'aiutos’aiuto non ha tosto e conforto,
non è molto lontano a restar morto.
 
<span style="font-size:80%">24</span> Il miglior cavallier, che spada a lato
e scudo in braccio mai portassi o porti;
il più bello e gentil ch'alch’al mondo stato
mai sia di quanti ne son vivi o morti,
sol per un'altaun’alta cortesia c'hac’ha usato,
sta per morir, se non ha chi 'l’l conforti.
Per Dio, signor, venite, e fate prova
s'allos’allo suo scampo alcun consiglio giova. -
 
<span style="font-size:80%">25</span> Ne l'animol’animo a Leon subito cade
che 'l’l cavallier di chi costei ragiona,
sia quel che per trovar fa le contrade
cercare intorno, e cerca egli in persona;
ch'ach’a lei dietro, che gli persuade
sì pietosa opra, in molta fretta sprona:
la qual lo trasse (e non fer gran camino)
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<span style="font-size:80%">26</span> Lo ritrovar che senza cibo stato
era tre giorni, e in modo lasso e vinto,
ch'inch’in piè a fatica si saria levato,
per ricader, se ben non fosse spinto.
Giacea disteso in terra tutto armato,
con l'elmol’elmo in testa, e de la spada cinto;
e guancial de lo scudo s'aveas’avea fatto,
in che 'l’l bianco liocorno era ritratto.
 
<span style="font-size:80%">27</span> Quivi pensando quanta ingiuria egli abbia
fatto alla donna, e quanto ingrato e quanto
isconoscente le sia stato, arrabbia,
non pur si duole; e se n'affliggen’affligge tanto,
che si morde le man, morde le labbia,
sparge le guance di continuo pianto;
e per la fantasia che v'hav’ha sì fissa,
né Leon venir sente né Melissa;
 
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conosce ben; ma la persona espressa
non gli è, per cui sostien tanto martire;
ch'ancoch’anco Ruggier non glie l'hal’ha fatto udire.
 
<span style="font-size:80%">29</span> Più inanzi, e poi più inanzi i passi muta,
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parole che sa dir, con quel più amore
che può mostrar, gli dice: - Non ti gravi
d'aprirmid’aprirmi la cagion del tuo dolore;
che pochi mali al mondo son sì pravi,
che l'uomol’uomo trar non se ne possa fuore,
se la cagion si sa; né debbe privo
di speranza esser mai, fin che sia vivo.
 
<span style="font-size:80%">31</span> Ben mi duol che celar t'abbit’abbi voluto
da me, che sai s'ios’io ti son vero amico,
non sol dipoi ch'ioch’io ti son sì tenuto,
che mai dal nodo tuo non mi districo,
ma fin allora ch'avreich’avrei causa avuto
d'essertid’esserti sempre capital nimico;
e dèi sperar ch'ioch’io sia per darti aita
con l'averl’aver, con gli amici e con la vita.
 
<span style="font-size:80%">32</span> Di meco conferir non ti rincresca
il tuo dolore, e lasciami far prova,
se forza, se lusinga, acciò tu n'escan’esca,
se gran tesor, s'artes’arte, s'astuzias’astuzia giova.
Poi, quando l'opral’opra mia non ti riesca,
la morte sia ch'alch’al fin te ne rimuova:
ma non voler venir prima a quest'attoquest’atto,
che ciò che si può far, non abbi fatto. -
 
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e vede, quando la risposta nieghi,
che farà discortese atto e maligno.
Risponde; ma due volte o tre s'incoccas’incocca
prima il parlar, ch'uscirch’uscir voglia di bocca.
 
<span style="font-size:80%">34</span> - Signor mio (disse al fin), quando saprai
colui ch'ioch’io son (che son per dirtel ora),
mi rendo certo che di me sarai
non men contento, e forse più, ch'ioch’io muora.
Sappi ch'ioch’io son colui che sì in odio hai:
io son Ruggier ch'ebbich’ebbi te in odio ancora;
e che con intenzion di porti a morte,
già son più giorni, usci'usci’ di questa corte;
 
<span style="font-size:80%">35</span> acciò per te non mi vedessi tolta
Bradamante, sentendo esser d'Amoned’Amone
la voluntade a tuo favor rivolta.
Ma perché ordina l'uomol’uomo, e Dio dispone,
venne il bisogno ove mi fe'fe’ la molta
tua cortesia mutar d'opinioned’opinione;
e non pur l'odiol’odio ch'ioch’io t'aveat’avea, deposi,
ma fe'fe’ ch'esserch’esser tuo sempre io mi disposi.
 
<span style="font-size:80%">36</span> Tu mi pregasti, non sapendo ch'ioch’io
fossi Ruggier, ch'ioch’io ti facessi avere
la donna; ch'altretantoch’altretanto saria il mio
cor fuor del corpo, o l'animal’anima volere.
Se sodisfar più tosto al tuo disio,
ch'alch’al mio, ho voluto, t'hot’ho fatto vedere.
Tua fatta è Bradamante; abbila in pace:
molto più che 'l’l mio bene, il tuo mi piace.
 
<span style="font-size:80%">37</span> Piaccia a te ancora, se privo di lei
mi son, ch'insiemech’insieme io sia di vita privo;
che più tosto senz'animasenz’anima potrei,
che senza Bradamante restar vivo.
Appresso, per averla tu non sei
mai legitimamente, fin ch'ioch’io vivo:
che tra noi sposalizio è già contratto,
né duo mariti ella può avere a un tratto. -
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che senza muover bocca o batter ciglia
o mutar piè, come una statua, è immoto:
a statua, più ch'adch’ad uomo, s'assimiglias’assimiglia,
che ne le chiese alcun metta per voto.
Ben sì gran cortesia questa gli pare,
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<span style="font-size:80%">39</span> E conosciutol per Ruggier, non solo
non scema il ben che gli voleva pria;
ma sì l'accrescel’accresce, che non men del duolo
di Ruggiero egli, che Ruggier, patia.
Per questo, e per mostrarsi che figliuolo
d'imperatord’imperator meritamente sia,
non vuol, se ben nel resto a Ruggier cede,
ch'inch’in cortesia gli metta inanzi il piede.
 
<span style="font-size:80%">40</span> E dice: - Se quel dì, Ruggier, ch'offesoch’offeso
fu il campo mio dal valor tuo stupendo,
ancor ch'ioch’io t'aveat’avea in odio, avessi inteso
che tu fossi Ruggier, come ora intendo;
così la tua virtù m'avrebbem’avrebbe preso,
come fece anco allor, non lo sapendo;
e così spinto dal cor l'odiol’odio, e tosto
questo amor ch'ioch’io ti porto, v'avriav’avria posto.
 
<span style="font-size:80%">41</span> Che prima il nome di Ruggiero odiassi,
ch'ioch’io sapessi che tu fosse Ruggiero,
non negherò: ma ch'orch’or più inanzi passi
l'odiol’odio ch'ioch’io t'ebbit’ebbi, t'escat’esca del pensiero.
E se, quando di carcere io ti trassi,
n'avessen’avesse, come or n'hon’ho, saputo il vero;
il medesimo avrei fatto anco allora,
ch'ach’a benefizio tuo son per far ora.
 
<span style="font-size:80%">42</span> E s'allors’allor volentier fatto l'avreil’avrei,
ch'ioch’io non t'erat’era, come or sono, obligato;
quant'orquant’or più farlo debbo, che sarei,
non lo facendo, il più d'ogn'altrod’ogn’altro ingrato;
poi che negando il tuo voler, ti sei
privo d'ognid’ogni tuo bene, e a me l'hail’hai dato.
Ma te lo rendo, e più contento sono
renderlo a te, ch'averch’aver io avuto il dono.
 
<span style="font-size:80%">43</span> Molto più a te, ch'ach’a me, costei conviensi,
la qual, ben ch'ioch’io per li suoi merit'amimerit’ami,
non è però, s'altris’altri l'avràl’avrà, ch'ioch’io pensi,
come tu, al viver mio romper li stami.
Non vo'vo’ che la tua morte mi dispensi,
che possi, sciolto ch'ellach’ella avrà i legami
che son del matrimonio ora fra voi,
per legitima moglie averla io poi.
 
<span style="font-size:80%">44</span> Non che di lei, ma restar privo voglio
di ciò c'hoc’ho al mondo, e de la vita appresso,
prima che s'odas’oda mai ch'abbiach’abbia cordoglio
per mia cagion tal cavalliero oppresso.
De la tua difidenza ben mi doglio;
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che tutte saria lungo riferire,
e sempre le ragion redarguendo,
ch'inch’in contrario Ruggier gli potea dire;
fe'fe’ tanto, ch'alch’al fin disse: - Io mi ti rendo,
e contento sarò di non morire.
Ma quando ti sciorrò l'obligol’obligo mai,
ché due volte la vita dato m'haim’hai? -
 
<span style="font-size:80%">46</span> Cibo soave e precioso vino
Melissa ivi portar fece in un tratto;
e confortò Ruggier, ch'erach’era vicino,
non s'aiutandos’aiutando, a rimaner disfatto.
Sentito in questo tempo avea Frontino
cavalli quivi, e v'erav’era accorso ratto.
Leon pigliar da li scudieri suoi
lo fe'fe’ e sellare, ed a Ruggier dar poi;
 
<span style="font-size:80%">47</span> il qual con gran fatica, ancor ch'aiutoch’aiuto
avesse da Leon, sopra vi salse:
così quel vigor manco era venuto,
che pochi giorni inanzi in modo valse,
che vincer tutto un campo avea potuto,
e far quel che fe'fe’ poi con l'armel’arme false.
Quindi partiti, giunser, che più via
non fer di mezza lega, a una badia:
 
<span style="font-size:80%">48</span> ove posaro il resto di quel giorno,
e l'altrol’altro appresso, e l'altrol’altro tutto intero,
tanto che 'l’l cavallier dal liocorno
tornato fu nel suo vigor primiero.
Poi con Melissa e con Leon ritorno
alla città real fece Ruggiero,
e vi trovò che la passata sera
l'imbasciarial’imbasciaria de'de’ Bulgari giunt'eragiunt’era.
 
<span style="font-size:80%">49</span> Che quella nazion, la qual s'aveas’avea
Ruggiero eletto re, quivi a chiamarlo
mandava questi suoi, che si credea
d'averlod’averlo in Francia appresso al magno Carlo:
perché giurargli fedeltà volea,
e dar di sé dominio, e coronarlo.
Line 449 ⟶ 444:
con questa gente, ha di lui dato nuova.
 
<span style="font-size:80%">50</span> De la battaglia ha detto, ch'inch’in favore
de'de’ Bulgari a Belgrado egli avea fatta,
ove Leon col padre imperatore
vinto, e sua gente avea morta e disfatta;
e per questo l'aveanl’avean fatto signore,
messo da parte ogni uomo di sua schiatta:
e come a Novengrado era poi stato
Line 459 ⟶ 454:
 
<span style="font-size:80%">51</span> e che venuta era la nuova certa,
che 'l’l suo guardian s'eras’era trovato ucciso,
e lui fuggito, e la prigione aperta:
che poi ne fosse, non v'erav’era altro avviso.
Entrò Ruggier per via molto coperta
ne la città, né fu veduto in viso.
La seguente mattina egli e 'l’l compagno
Leone appresentossi a Carlo Magno.
 
<span style="font-size:80%">52</span> S'appresentòS’appresentò Ruggier con l'augell’augel d'orod’oro
che nel campo vermiglio avea due teste,
e come disegnato era fra loro,
Line 474 ⟶ 469:
eran tagliate ancor, forate e peste;
sì che tosto per quel fu conosciuto,
ch'aveach’avea con Bradamante combattuto.
 
<span style="font-size:80%">53</span> Con ricche vesti e regalmente ornato
Leon senz'armesenz’arme a par con lui venìa;
e dinanzi e di dietro e d'ognid’ogni lato
avea onorata e degna compagnia.
A Carlo s'inchinòs’inchinò, che già levato
se gli era incontra; e avendo tuttavia
Ruggier per man, nel qual intente e fisse
Line 486 ⟶ 481:
 
<span style="font-size:80%">54</span> - Questo è il buon cavalliero il qual difeso
s'ès’è dal nascer del giorno al giorno estinto;
e poi che Bradamante o morto o preso
o fuor non l'hal’ha de lo steccato spinto,
magnanimo signor, se bene inteso
ha il vostro bando, è certo d'averd’aver vinto,
e d'averd’aver lei per moglie guadagnata;
e così viene, acciò che gli sia data.
 
<span style="font-size:80%">55</span> Oltre che di ragion, per lo tenore
del bando, non v'hav’ha altr'uomaltr’uom da far disegno:
se s'has’ha da meritarla per valore,
qual cavallier più di costui n'èn’è degno?
s'avers’aver la dee chi più le porta amore,
non è chi 'l’l passi o ch'arrivich’arrivi al suo segno.
Ed è qui presto contra a chi s'oppones’oppone,
per difender con l'armel’arme sua ragione. -
 
<span style="font-size:80%">56</span> Carlo e tutta la corte stupefatta,
questo udendo, restò; ch'aveach’avea creduto
che Leon la battaglia avesse fatta,
non questo cavallier non conosciuto.
Marfisa, che con gli altri quivi tratta
s'eras’era ad udire, e ch'ach’a pena potuto
avea tacer fin che Leon finisse
il suo parlar, si fece inanzi e disse:
 
<span style="font-size:80%">57</span> - Poi che non c'èc’è Ruggier, che la contesa
de la moglier fra sé e costui discioglia;
acciò per mancamento di difesa
Line 521 ⟶ 516:
o di merto a Ruggiero andare inante. -
 
<span style="font-size:80%">58</span> E con tant'iratant’ira e tanto sdegno espresse
questo parlar, che molti ebber sospetto,
che senza attender Carlo che le desse
campo, ella avesse a far quivi l'effettol’effetto.
Or non parve a Leon che più dovesse
Ruggier celarsi, e gli cavò l'elmettol’elmetto;
e rivolto a Marfisa: - Ecco lui pronto
a rendervi di sé (disse) buon conto. -
Line 533 ⟶ 528:
si fu alla mensa scelerata accorto,
che quello era il suo figlio, al quale, instando
l'iniqual’iniqua moglie, avea il veneno porto;
e poco più che fosse ito indugiando
di conoscer la spada, l'avrial’avria morto:
tal fu Marfisa, quando il cavalliero
ch'odiatoch’odiato avea, conobbe esser Ruggiero.
 
<span style="font-size:80%">60</span> E corse senza indugio ad abbracciarlo,
né dispiccar se gli sapea dal collo.
Rinaldo, Orlando, e di lor prima Carlo
di qua e di là con grand'amorgrand’amor baciollo.
Né Dudon né Olivier d'accarezzarlod’accarezzarlo,
'l’l re Sobrin si può veder satollo.
Dei paladini e dei baron nessuno
di far festa a Ruggier restò digiuno.
Line 551 ⟶ 546:
finiti che si fur gli abbracciamenti,
cominciò inanzi a Carlo a riferire,
udendo tutti quei ch'eranch’eran presenti,
come la gagliardia, come l'ardirel’ardire
(ancor che con gran danno di sue genti)
di Ruggier, ch'ach’a Belgrado avea veduto,
più d'ognid’ogni offesa avea di sé potuto;
 
<span style="font-size:80%">62</span> sì ch'essendoch’essendo di poi preso e condutto
a colei ch'ognich’ogni strazio n'avrian’avria fatto,
di prigione egli, mal grado di tutto
il parentado suo, l'aveval’aveva tratto;
e come il buon Ruggier, per render frutto
e mercede a Leon del suo riscatto,
fe'fe’ l'altal’alta cortesia che sempre a quante
ne furo o saran mai, passarà inante.
 
Line 570 ⟶ 565:
e come poi da gran dolor compunto,
che di lasciar la moglie gli premea,
s'eras’era disposto di morire; e giunto
v'erav’era vicin, se non si soccorrea.
E con sì dolci affetti il tutto espresse,
che quivi occhio non fu ch'asciuttoch’asciutto stesse.
 
<span style="font-size:80%">64</span> Rivolse poi con sì efficaci preghi
le sue parole all'ostinatoall’ostinato Amone,
che non sol che lo muova, che lo pieghi,
che lo faccia mutar d'opinioned’opinione;
ma fa ch'eglich’egli in persona andar non nieghi
a supplicar Ruggier che gli perdone,
e per padre e per suocero l'accettel’accette;
e così Bradamante gli promette.
 
Line 587 ⟶ 582:
piangea i suoi casi in camera segreta,
con lieti gridi in molta fretta corse
per più d'und’un messo la novella lieta:
onde il sangue ch'alch’al cor, quando lo morse
prima il dolor, fu tratto da la pieta,
a questo annunzio il lasciò solo in guisa,
che quasi il gaudio ha la donzella uccisa.
 
<span style="font-size:80%">66</span> Ella riman d'ognid’ogni vigor sì vota,
che di tenersi in piè non ha balìa;
ben che di quella forza ch'esserch’esser nota
vi debbe, e di quel grande animo sia.
Non più di lei, chi a ceppo, a laccio, a ruota
Line 606 ⟶ 601:
altretanto si duol Gano col conte
Anselmo, e con Falcon Gini e Ginami;
ma pur coprendo sotto un'altraun’altra fronte
van lor pensieri invidiosi e grami;
e occasione attendon di vendetta,
Line 613 ⟶ 608:
<span style="font-size:80%">68</span> Oltre che già Rinaldo e Orlando ucciso
molti in più volte avean di quei malvagi;
ben che l'ingiuriel’ingiurie fur con saggio avviso
dal re acchetate, ed i commun disagi;
avea di nuovo lor levato il riso
l'uccisol’ucciso Pinabello e Bertolagi:
ma pur la fellonia tenean coperta,
dissimulando aver la cosa certa.
Line 632 ⟶ 627:
gli era lo scettro e la real corona:
ma venga egli a difendersi lo stato;
ch'ach’a danni lor di nuovo si ragiona
che più numer di gente apparecchiato
ha Costantino, e torna anco in persona:
ed essi, se 'l’l suo re ponno aver seco,
speran di torre a lui l'imperiol’imperio greco.
 
<span style="font-size:80%">71</span> Ruggiero accettò il regno, e non contese
Line 643 ⟶ 638:
quando Fortuna altro di lui non fêsse.
Leone Augusto che la cosa intese,
disse a Ruggier, ch'allach’alla sua fede stesse,
che, poi ch'eglich’egli de'de’ Bulgari ha il domìno,
la pace è tra lor fatta e Costantino:
 
<span style="font-size:80%">72</span> né da partir di Francia s'avràs’avrà in fretta,
per esser capitan de le sue squadre;
che d'ognid’ogni terra ch'abbianoch’abbiano suggetta,
far la rinunzia gli farà dal padre.
Non è virtù che di Ruggier sia detta,
ch'ach’a muover sì l'ambiziosal’ambiziosa madre
di Bradamante, e far che 'l’l genero ami,
vaglia, come ora udir, che re si chiami.
 
Line 662 ⟶ 657:
I merti de la donna erano tali,
oltre a quelli di tutta sua famiglia,
ch'ach’a quel signor non parria uscir del segno,
se spendesse per lei mezzo il suo regno.
 
Line 669 ⟶ 664:
e campo franco sin al nono giorno
concede a chi contese ha da partire.
Fe'Fe’ alla campagna l'apparatol’apparato adorno
di rami intesti e di bei fiori ordire,
d'orod’oro e di seta poi, tanto giocondo,
che 'l’l più bel luogo mai non fu nel mondo.
 
<span style="font-size:80%">75</span> Dentro a Parigi non sariano state
l'innumerabill’innumerabil genti peregrine,
povare e ricche e d'ognid’ogni qualitate,
che v'eranv’eran, greche, barbare e latine.
Tanti signori, e imbascierie mandate
di tutto 'l’l mondo, non aveano fine:
erano in padiglion, tende e frascati
con gran commodità tutti alloggiati.
Line 686 ⟶ 681:
la notte inanzi avea Melissa maga
il maritale albergo apparecchiato,
di ch'erach’era stata già gran tempo vaga.
Già molto tempo inanzi desiato
questa copula avea quella presaga:
de l'avvenirl’avvenir presaga, sapea quanta
bontade uscir dovea da la lor pianta.
 
Line 696 ⟶ 691:
il più ricco, il più ornato, il più giocondo
che già mai fosse o per guerra o per pace,
o prima o dopo, teso in tutto 'l’l mondo;
e tolto ella l'aveal’avea dal lito trace:
l'aveal’avea di sopra a Costantin levato,
ch'ach’a diporto sul mar s'eras’era attendato.
 
<span style="font-size:80%">78</span> Melissa di consenso di Leone,
o più tosto per dargli maraviglia,
e mostrargli de l'artel’arte paragone,
ch'alch’al gran vermo infernal mette la briglia,
e che di lui, come a lei par, dispone,
e de la a Dio nimica empia famiglia;
fe'fe’ da Costantinopoli a Parigi
portare il padiglion dai messi stigi.
 
<span style="font-size:80%">79</span> Di sopra a Costantin ch'aveach’avea l'imperol’impero
di Grecia, lo levò da mezzo giorno,
con le corde e col fusto, e con l'interol’intero
guernimento ch'aveach’avea dentro e d'intornod’intorno:
lo fe'fe’ portar per l'arial’aria, e di Ruggiero
quivi lo fece alloggiamento adorno.
Poi, finite le nozze, anco tornollo
Line 721 ⟶ 716:
<span style="font-size:80%">80</span> Eran degli anni appresso che duo milia
che fu quel ricco padiglion trapunto.
Una donzella de la terra d'Iliad’Ilia,
ch'aveach’avea il furor profetico congiunto,
con studio di gran tempo e con vigilia
lo fece di sua man di tutto punto.
Line 733 ⟶ 728:
che quel per molti rami era lontano)
ritratto avea nei bei ricami gai
d'orod’oro e di varia seta, di sua mano.
L'ebbeL’ebbe, mentre che visse, Ettorre in pregio
per chi lo fece, e pel lavoro egregio.
 
<span style="font-size:80%">82</span> Ma poi ch'ach’a tradimento ebbe la morte,
e fu 'l’l popul troian da'da’ Greci afflitto;
che Sinon falso aperse lor le porte,
e peggio seguitò, che non è scritto;
Line 748 ⟶ 743:
<span style="font-size:80%">83</span> Elena nominata era colei
per cui lo padiglione a Proteo diede;
che poi successe in man de'de’ Tolomei,
tanto che Cleopatra ne fu erede.
Da le genti d'Agrippad’Agrippa tolto a lei
nel mar Leucadio fu con altre prede:
in man d'Augustod’Augusto e di Tiberio venne,
e in Roma sin a Costantin si tenne;
 
<span style="font-size:80%">84</span> quel Costantin di cui doler si debbe
la bella Italia, fin che gir il cielo.
Costantin, poi che 'l’l Tevero gl'increbbegl’increbbe,
portò in Bisanzio il prezioso velo:
da un altro Costantin Melissa l'ebbel’ebbe.
Oro le corde, avorio era lo stelo;
tutto trapunto con figure belle,
Line 766 ⟶ 761:
<span style="font-size:80%">85</span> Quivi le Grazie in abito giocondo
una regina aiutavano al parto:
sì bello infante n'apparian’apparia, che 'l’l mondo
non ebbe un tal dal secol primo al quarto.
Vedeasi Iove, e Mercurio facondo,
Venere e Marte, che l'avevanol’avevano sparto
a man piene e spargean d'etereid’eterei fiori,
di dolce ambrosia e di celesti odori.
 
<span style="font-size:80%">86</span> Ippolito diceva una scrittura
sopra le fasce in lettere minute.
In età poi più ferma l'Aventural’Aventura
l'aveal’avea per mano, e inanzi era Virtute.
Mostrava nove genti la pittura
con veste e chiome lunghe, che venute
Line 785 ⟶ 780:
si vede, e da la madre Leonora;
e venir sul Danubio, ove la gente
corre a vederlo, e come un Dio l'adoral’adora.
Vedesi il re degli Ungari prudente,
che 'l’l maturo sapere ammira e onora
in non matura età tenera e molle,
e sopra tutti i suoi baron l'estollel’estolle.
 
<span style="font-size:80%">88</span> V'èV’è che negli infantili e teneri anni
lo scettro di Strigonia in man gli pone:
sempre il fanciullo se gli vede a'a’ panni,
sia nel palagio, sia nel padiglione:
o contra Turchi, o contra gli Alemanni
quel re possente faccia espedizione,
Ippolito gli è appresso, e fiso attende
a'a’ magnanimi gesti, e virtù apprende.
 
<span style="font-size:80%">89</span> Quivi si vede, come il fior dispensi
de'de’ suoi primi anni in disciplina ed arte.
Fusco gli è appresso, che gli occulti sensi
chiari gli espone de l'antichel’antiche carte.
- Questo schivar, questo seguir conviensi,
se immortal brami e glorioso farte, -
Line 811 ⟶ 806:
<span style="font-size:80%">90</span> Poi cardinale appar, ma giovinetto,
sedere in Vaticano a consistoro,
e con facondia aprir l'altol’alto intelletto,
e far di sé stupir tutto quel coro.
- Qual fia dunque costui d'etàd’età perfetto?
(parean con maraviglia dir tra loro).
Oh se di Pietro mai gli tocca il manto,
Line 822 ⟶ 817:
Or gli orsi affronta sugli alpini sassi,
ora i cingiali in valle ima e palustre:
or s'uns’un gianetto par che 'l’l vento passi,
seguendo o caprio o cerva multilustre,
che giunta par che bipartita cada
Line 828 ⟶ 823:
 
<span style="font-size:80%">92</span> Di filosofi altrove e di poeti
si vede in mezzo un'onorataun’onorata squadra.
Quel gli dipinge il corso de'de’ pianeti,
questi la terra, quello il ciel gli squadra:
questi meste elegie, quel versi lieti,
Line 838 ⟶ 833:
<span style="font-size:80%">93</span> In questa prima parte era dipinta
del sublime garzon la puerizia.
Cassandra l'altral’altra avea tutta distinta
di gesti di prudenza, di iustizia,
di valor, di modestia, e de la quinta
Line 846 ⟶ 841:
 
<span style="font-size:80%">94</span> In questa parte il giovene si vede
col duca sfortunato degl'Insubridegl’Insubri,
ch'orach’ora in pace a consiglio con lui siede,
or armato con lui spiega i colubri;
e sempre par d'unad’una medesma fede,
o ne'ne’ felici tempi o nei lugubri:
ne la fuga lo segue, lo conforta
ne l'afflizionl’afflizion, gli è nel periglio scorta.
 
<span style="font-size:80%">95</span> Si vede altrove a gran pensieri intento
per salute d'Alfonsod’Alfonso e di Ferrara;
che va cercando per strano argumento,
e trova, e fa veder per cosa chiara
Line 864 ⟶ 859:
 
<span style="font-size:80%">96</span> Vedesi altrove in arme relucente,
ch'adch’ad aiutar la Chiesa in fretta corre;
e con tumultuaria e poca gente
a un esercito istrutto si va opporre;
e solo il ritrovarsi egli presente
tanto agli Ecclesiastici soccorre,
che 'l’l fuoco estingue pria ch'arderch’arder comince:
sì che può dir, che viene e vede e vince.
 
Line 875 ⟶ 870:
pugnar incontra la più forte armata,
che contra Turchi o contra gente argiva
da'da’ Veneziani mai fosse mandata:
la rompe e vince, ed al fratel captiva
con la gran preda l'hal’ha tutta donata;
né per sé vedi altro serbarsi lui,
che l'onorl’onor sol, che non può dare altrui.
 
<span style="font-size:80%">98</span> Le donne e i cavallier mirano fisi,
Line 888 ⟶ 883:
belli e ben fatti, e legger le scritture.
Sol Bradamante da Melissa istrutta
gode tra sé; che sa l'istorial’istoria tutta.
 
<span style="font-size:80%">99</span> Ruggiero, ancor ch'ach’a par di Bradamante
non ne sia dotto, pur gli torna a mente
che fra i nipoti suoi gli solea Atlante
Line 908 ⟶ 903:
sempre con molto onor resta di sopra.
 
<span style="font-size:80%">101</span> L'ultimoL’ultimo dì, ne l'oral’ora che 'l’l solenne
convito era a gran festa incominciato;
che Carlo a man sinistra Ruggier tenne,
Line 914 ⟶ 909:
di verso la campagna in fretta venne
contra le mense un cavalliero armato,
tutto coperto egli e 'l’l destrier di nero,
di gran persona, e di sembiante altiero.
 
<span style="font-size:80%">102</span> Quest'eraQuest’era il re d'Algierd’Algier, che per lo scorno
che gli fe'fe’ sopra il ponte la donzella,
giurato avea di non porsi arme intorno,
né stringer spada, né montare in sella,
Line 928 ⟶ 923:
<span style="font-size:80%">103</span> Se ben di Carlo in questo mezzo intese
e del re suo signore ogni successo;
per non disdirsi, non più l'armel’arme prese,
che se non pertenesse il fatto ad esso.
Ma poi che tutto l'annol’anno e tutto 'l’l mese
vede finito, e tutto 'l’l giorno appresso
con nuove arme e cavallo e spada e lancia
alla corte or ne vien quivi in Francia.
Line 938 ⟶ 933:
e senza segno alcun di riverenza,
mostra Carlo sprezzar con la sua gesta,
e de tanti signor l'altal’alta presenza.
Maraviglioso e attonito ognun resta,
che si pigli costui tanta licenza.
Lasciano i cibi e lascian le parole
per ascoltar ciò che 'l’l guerrier dir vuole.
 
<span style="font-size:80%">105</span> Poi che fu a Carlo ed a Ruggiero a fronte,
Line 948 ⟶ 943:
- Son (disse) il re di Sarza, Rodomonte,
che te, Ruggiero, alla battaglia sfido;
e qui ti vo'vo’, prima che 'l’l sol tramonte,
provar ch'alch’al tuo signor sei stato infido;
e che non merti, che sei traditore,
fra questi cavallieri alcun onore.
Line 959 ⟶ 954:
e se persona hai qui che faccia offerta
di combatter per te, voglio accettarla.
Se non basta una, e quattro e sei n'accetton’accetto;
e a tutte manterrò quel ch'ioch’io t'hot’ho detto. -
 
<span style="font-size:80%">107</span> Ruggiero a quel parlar ritto levosse,
e con licenza rispose di Carlo,
che mentiva egli, e qualunqu'altroqualunqu’altro fosse,
che traditor volesse nominarlo;
che sempre col suo re così portosse,
che giustamente alcun non può biasmarlo;
e ch'erach’era apparecchiato sostenere
che verso lui fe'fe’ sempre il suo dovere:
 
<span style="font-size:80%">108</span> e ch'ach’a difender la sua causa era atto,
senza torre in aiuto suo veruno;
e che sperava di mostrargli in fatto,
ch'assaich’assai n'avrebben’avrebbe e forse troppo d'unod’uno.
Quivi Rinaldo, quivi Orlando tratto,
quivi il marchese, e 'l’l figlio bianco e 'l’l bruno,
Dudon, Marfisa, contra il pagan fiero
s'erans’eran per la difesa di Ruggiero;
 
<span style="font-size:80%">109</span> mostrando ch'essendoch’essendo egli nuovo sposo,
non dovea conturbar le proprie nozze.
Ruggier rispose lor: - State in riposo;
che per me fôran queste scuse sozze. -
L'armeL’arme che tolse al Tartaro famoso,
vennero, e fur tutte le lunghe mozze.
Gli sproni il conte Orlando a Ruggier strinse,
Line 990 ⟶ 985:
 
<span style="font-size:80%">110</span> Bradamante e Marfisa la corazza
posta gli aveano, e tutto l'altrol’altro arnese.
Tenne Astolfo il destrier di buona razza,
tenne la staffa il figlio del Danese.
Feron d'intornod’intorno far subito piazza
Rinaldo, Namo ed Olivier marchese:
cacciaro in fretta ognun de lo steccato
Line 1 000 ⟶ 995:
<span style="font-size:80%">111</span> Donne e donzelle con pallida faccia
timide a guisa di columbe stanno,
che da'da’ granosi paschi ai nidi caccia
rabbia de'de’ venti che fremendo vanno
con tuoni e lampi, e 'l’l nero aer minaccia
grandine e pioggia, e a'a’ campi strage e danno:
timide stanno per Ruggier; che male
a quel fiero pagan lor parea uguale.
Line 1 010 ⟶ 1 005:
dei cavallieri e dei baron parea;
che di memoria ancor lor non si parte
quel ch'inch’in Parigi il pagan fatto avea;
che, solo, a ferro e a fuoco una gran parte
n'avean’avea distrutta, e ancor vi rimanea,
e rimarrà per molti giorni il segno:
né maggior danno altronde ebbe quel regno.
 
<span style="font-size:80%">113</span> Tremava, più ch'ach’a tutti gli altri, il core
a Bradamante; non ch'ellach’ella credesse
che 'l’l Saracin di forza, e del valore
che vien dal cor, più di Ruggier potesse;
né che ragion, che spesso dà l'onorel’onore
a chi l'hal’ha seco, Rodomonte avesse:
pur stare ella non può senza sospetto;
che di temere, amando, ha degno effetto.
 
<span style="font-size:80%">114</span> Oh quanto volentier sopra sé tolta
l'impresal’impresa avria di quella pugna incerta,
ancor che rimaner di vita sciolta
per quella fosse stata più che certa!
Avria eletto a morir più d'unad’una volta,
se può più d'unad’una morte esser sofferta,
più tosto che patir che 'l’l suo consorte
si ponesse a pericol de la morte.
 
<span style="font-size:80%">115</span> Ma non sa ritrovar priego che vaglia,
perché Ruggiero a lei l'impresal’impresa lassi.
A riguardare adunque la battaglia
con mesto viso e cor trepido stassi.
Quinci Ruggier, quindi il pagan si scaglia,
e vengonsi a trovar coi ferri bassi.
Le lance all'incontrarall’incontrar parver di gielo;
i tronchi, augelli a salir verso il cielo.
 
<span style="font-size:80%">116</span> La lancia del pagan, che venne a corre
lo scudo a mezzo, fe'fe’ debole effetto:
tanto l'acciarl’acciar, che pel famoso Ettorre
temprato avea Vulcano, era perfetto.
Ruggier la lancia parimente a porre
gli andò allo scudo, e gliele passò netto;
tutto che fosse appresso un palmo grosso,
dentro e di fuor d'acciarod’acciaro, e in mezzo d'ossod’osso.
 
<span style="font-size:80%">117</span> E se non che la lancia non sostenne
il grave scontro, e mancò al primo assalto,
e rotta in schegge e in tronchi aver le penne
parve per l'arial’aria, tanto volò in alto;
l'osbergol’osbergo aprìa (si furiosa venne),
se fosse stato adamantino smalto,
e finìa la battaglia; ma si roppe:
Line 1 063 ⟶ 1 058:
<span style="font-size:80%">118</span> Con briglia e sproni i cavallieri instando,
risalir feron subito i destrieri;
e donde gittar l'astel’aste, preso il brando,
si tornato a ferir crudeli e fieri:
di qua di là con maestria girando
Line 1 073 ⟶ 1 068:
che fu sì duro, al petto Rodomonte,
né di Nembrotte la spada tagliente,
'l’l solito elmo ebbe quel dì alla fronte;
che l'usatel’usate arme, quando fu perdente
contra la donna di Dordona al ponte,
lasciato avea sospese ai sacri marmi,
come di sopra avervi detto parmi.
 
<span style="font-size:80%">120</span> Egli avea un'altraun’altra assai buona armatura,
non come era la prima già perfetta:
ma né questa né quella né più dura
a Balisarda si sarebbe retta;
a cui non osta incanto né fattura,
né finezza d'acciard’acciar né tempra eletta.
Ruggier di qua di là sì ben lavora,
ch'alch’al pagan l'armel’arme in più d'und’un loco fora.
 
<span style="font-size:80%">121</span> Quando si vide in tante parti rosse
il pagan l'armel’arme, e non poter schivare
che la più parte di quelle percosse
non gli andasse la carne a ritrovare;
a maggior rabbia, a più furor si mosse,
ch'ach’a mezzo il verno il tempestoso mare:
getta lo scudo, e a tutto suo potere
su l'elmol’elmo di Ruggiero a due man fere.
 
<span style="font-size:80%">122</span> Con quella estrema forza che percuote
la machina ch'inch’in Po sta su due navi,
e levata con uomini e con ruote
cader si lascia su le aguzze travi;
fere il pagan Ruggier, quanto più puote,
con ambe man sopra ogni peso gravi:
giova l'elmol’elmo incantato; che senza esso,
lui col cavallo avria in un colpo fesso.
 
Line 1 115 ⟶ 1 110:
disarmata lasciò di sé la mano.
 
<span style="font-size:80%">124</span> Rodomonte per questo non s'arrestas’arresta,
ma s'aventas’aventa a Ruggier che nulla sente;
in tal modo intronata avea la testa,
in tal modo offuscata avea la mente.
Line 1 122 ⟶ 1 117:
gli cinge il collo col braccio possente;
e con tal nodo e tanta forza afferra,
che de l'arcionl’arcion lo svelle, e caccia in terra.
 
<span style="font-size:80%">125</span> Non fu in terra sì tosto, che risorse,
via più che d'irad’ira, di vergogna pieno;
però che a Bradamante gli occhi torse,
e turbar vide il bel viso sereno.
Ella al cader di lui rimase in forse,
e fu la vita sua per venir meno.
Ruggiero ad emendar presto quell'ontaquell’onta,
stringe la spada, e col pagan s'affrontas’affronta.
 
<span style="font-size:80%">126</span> Quel gli urta il destrier contra, ma Ruggiero
Line 1 139 ⟶ 1 134:
e con la destra intanto al cavalliero
ferire il fianco o il ventre o il petto mira;
e di due punte fe'fe’ sentirgli angoscia,
l'unal’una nel fianco, e l'altral’altra ne la coscia.
 
<span style="font-size:80%">127</span> Rodomonte, ch'inch’in mano ancor tenea
il pome e l'elsal’elsa de la spada rotta,
Ruggier su l'elmol’elmo in guisa percotea,
che lo potea stordire all'altraall’altra botta.
Ma Ruggier ch'ach’a ragion vincer dovea,
gli prese il braccio, e tirò tanto allotta,
aggiungendo alla destra l'altral’altra mano,
che fuor di sella al fin trasse il pagano.
 
<span style="font-size:80%">128</span> Sua forza o sua destrezza vuol che cada
il pagan sì, ch'ach’a Ruggier resti al paro:
vo dir che cadde in piè; che per la spada
Ruggiero averne il meglio giudicaro.
Line 1 161 ⟶ 1 156:
 
<span style="font-size:80%">129</span> E insanguinargli pur tuttavia il fianco
vede e la coscia e l'altrel’altre sue ferite.
Spera che venga a poco a poco manco,
sì che al fin gli abbia a dar vinta la lite.
L'elsaL’elsa e 'l’l pome avea in mano il pagan anco,
e con tutte le forze insieme unite
da sé scagliolli, e sì Ruggier percosse,
che stordito ne fu più che mai fosse.
 
<span style="font-size:80%">130</span> Ne la guancia de l'elmol’elmo, e ne la spalla
fu Ruggier colto, e sì quel colpo sente,
che tutto ne vacilla e ne traballa,
Line 1 175 ⟶ 1 170:
Il pagan vuole entrar, ma il piè gli falla,
che per la coscia offesa era impotente:
e 'l’l volersi affrettar più del potere,
con un ginocchio in terra il fa cadere.
 
Line 1 183 ⟶ 1 178:
che con la mano in terra anco lo caccia.
Ma tanto fa il pagan che gli è risurto;
si stringe con Ruggier sì, che l'abbraccial’abbraccia:
l'unol’uno e l'altrol’altro s'aggiras’aggira, e scuote e preme,
arte aggiungendo alle sue forze estreme.
 
<span style="font-size:80%">132</span> Di forza a Rodomonte una gran parte
la coscia e 'l’l fianco aperto aveano tolto.
Ruggiero avea destrezza, avea grande arte,
era alla lotta esercitato molto:
Line 1 194 ⟶ 1 189:
e donde il sangue uscir vede più sciolto,
e dove più ferito il pagan vede,
puon braccia e petto, e l'unol’uno e l'altrol’altro piede.
 
<span style="font-size:80%">133</span> Rodomonte pien d'irad’ira e di dispetto
Ruggier nel collo e ne le spalle prende:
or lo tira, or lo spinge, or sopra il petto
Line 1 210 ⟶ 1 205:
e con tutta sua forza ivi lo strinse.
La gamba destra a un tempo inanzi al manco
ginocchio e all'altroall’altro attraversogli e spinse;
e da la terra in alto sollevollo,
e con la testa in giù steso tornollo.
Line 1 218 ⟶ 1 213:
che da le piaghe sue, come da fonte,
lungi andò il sangue a far la terra rossa.
Ruggier, c'hac’ha la Fortuna per la fronte,
perché levarsi il Saracin non possa,
l'unal’una man col pugnal gli ha sopra gli occhi,
l'altral’altra alla gola, al ventre gli ha i ginocchi.
 
<span style="font-size:80%">136</span> Come talvolta, ove si cava l'orol’oro
tra'tra’ Pannoni o ne le mine ibere,
se improvisa ruina su coloro
che vi condusse empia avarizia, fere,
Line 1 230 ⟶ 1 225:
spirto a pena, onde uscire, adito avere:
così fu il Saracin non meno oppresso
dal vincitor, tosto ch'inch’in terra messo.
 
<span style="font-size:80%">137</span> Alla vista de l'elmol’elmo gli appresenta
la punta del pugnal ch'aveach’avea già tratto;
e che si renda, minacciando, tenta,
e di lasciarlo vivo gli fa patto.
Line 1 243 ⟶ 1 238:
<span style="font-size:80%">138</span> Come mastin sotto il feroce alano
che fissi i denti ne la gola gli abbia,
molto s'affannas’affanna e si dibatte invano
con occhi ardenti e con spumose labbia,
e non può uscire al predator di mano,
che vince di vigor, non già di rabbia:
così falla al pagano ogni pensiero
d'uscird’uscir di sotto al vincitor Ruggiero.
 
<span style="font-size:80%">139</span> Pur si torce e dibatte sì, che viene
ad espedirsi col braccio migliore;
e con la destra man che 'l’l pugnal tiene,
che trasse anch'eglianch’egli in quel contrasto fuore,
tenta ferir Ruggier sotto le rene:
ma il giovene s'accorses’accorse de l'errorel’errore
in che potea cader, per differire
di far quel empio Saracin morire.
 
<span style="font-size:80%">140</span> E due e tre volte ne l'orribill’orribil fronte,
alzando, più ch'alzarch’alzar si possa, il braccio,
il ferro del pugnale a Rodomonte
tutto nascose, e si levò d'impacciod’impaccio.
Alle squalide ripe d'Acheronted’Acheronte,
sciolta dal corpo più freddo che giaccio,
bestemmiando fuggì l'almal’alma sdegnosa,
che fu sì altiera al mondo e sì orgogliosa.
</poem>
 
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[[fr:Roland furieux - Chant XLVI]]