Morgante/Cantare quinto: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Alebot (discussione | contributi)
m Conversione intestazione / correzione capitolo by Alebot
Alebot (discussione | contributi)
Correzione pagina via bot
Riga 1:
{{Qualità|avz=75%|data=22 settembre 2009|arg=Poemi epici}}{{IncludiIntestazione|sottotitolo=Cantare quinto|prec=../Cantare quarto|succ=../Cantare sesto}}
 
{{capitolo
|CapitoloPrecedente=Cantare quarto
|NomePaginaCapitoloPrecedente=../Cantare quarto
|CapitoloSuccessivo=Cantare sesto
|NomePaginaCapitoloSuccessivo=../Cantare sesto
}}
<poem>
<span style="font-size:80%">1</span>&nbsp;&nbsp; Pura colomba piena d'umiltaded’umiltade,
in cui discese il nostro immenso Iddio
a prender carne con umanitade,
giusto, santo, verace, etterno e pio,
donami grazia, per la tua bontade,
ch'ioch’io possi seguitare il cantar mio,
pel tuo Iosef e Giovacchino ed Anna
e per Colui che nacque alla capanna.
 
<span style="font-size:80%">2</span>&nbsp;&nbsp; Rinaldo e 'l’l suo Dodone e 'l’l gran marchese
gran festa fanno co'co’ nuovi cristiani;
e battezato è già tutto il paese
del re Corbante e'e’ suoi primi pagani.
Ed Ulivier per la dama cortese
ogni dì fa mille pensieri strani,
Line 30 ⟶ 25:
come àncora la nave tien per prora.
Quanto è più offeso il foco, è poi più caldo:
così più sempre Ulivier s'innamoras’innamora
quanto Rinaldo il partir più sollecita;
ed ogni scusa gli pareva lecita.
Line 36 ⟶ 31:
<span style="font-size:80%">4</span>&nbsp;&nbsp; Quando fingea non esser ben guarito,
quando fingea qualche altra malattia
(e dicea il ver, ch'eglich’egli è nel cor ferito),
quando pregava, quando promettia:
- Doman ci partirem, preso ho partito. -
Line 48 ⟶ 43:
Orlando dice: - Io non vesto di maglia
per contastare una femina vile
ch'i'ch’i’ prezzo men ch'unch’un bisante o medaglia. -
Sì che per questo e pel suo Lïonetto
troppo si duol costei di Macometto,
Line 61 ⟶ 56:
che si chiamava il guerrier del lïone,
 
<span style="font-size:80%">7</span>&nbsp;&nbsp; e ch'eglich’egli era uom ch'aveach’avea molto potere,
e come morto ha il serpente feroce.
Meredïana a un suo messaggiere
impose e disse ch'andassich’andassi veloce
al re Corbante, e faccigli assapere
come per tutto è vulgata la boce
Line 74 ⟶ 69:
e tuttavia con sua gente la serra,
e non ha ignun, per tenerla più a tedio,
ch'ach’a corpo a corpo con lei vogli guerra;
che gli dovessi mandar per rimedio
questo guerrier ch'aveach’avea tanta possanza,
pel parentado antico ed amistanza;
 
<span style="font-size:80%">9</span>&nbsp;&nbsp; però che già per tutto l'Orïentel’Orïente
la fama di costui molto sonava.
Il messaggier n'andòn’andò subitamente:
al re Corbante si rappresentava
e spose la 'mbasciata’mbasciata saviamente.
Per che Corbante a Rinaldo parlava
come il re Carador quel messo manda
Line 91 ⟶ 86:
liberar la donzella, io ti conforto -
dicea Corbante - andare a Caradoro;
però ch'ioch’io so che Manfredonio ha il torto,
ed ha menato tutto il concestoro.
Forse, se fia da te punito e morto,
Line 97 ⟶ 92:
come ho fatto io, e Cristo adoreràe. -
 
<span style="font-size:80%">11</span> Rinaldo dall'abatedall’abate prima intese
che in quel paese avea mandato Orlando;
rispose: - A Manfredon - molto cortese
- la testa leverò con questo brando,
o re Corbante: ch'ach’a sì giuste imprese
sarò sempre disposto a tuo comando. -
Dicea Corbante: - Caradoro è antico
parente nostro e discreto all'amicoall’amico. -
 
<span style="font-size:80%">12</span> Disse Rinaldo: - Or rispondi al valletto
Line 119 ⟶ 114:
a Caradoro, questo paladino;
e del suo ardir si farà maraviglia
sia chi si vuol del popol d'Apollinod’Apollino,
ch'ach’a nessun questo volgerà la briglia;
se fussi Orlando, quel ch'hach’ha tanta fama,
nol temerebbe: così di'di’ alla dama.
 
<span style="font-size:80%">14</span> Vedi il lïon che tuttavia l'aspettal’aspetta:
non è baron di cui nel mondo dotti.
Vedi que'que’ due che son là di sua setta:
questi fanno assai fatti e pochi motti. -
Il messaggier si dipartiva in fretta:
Corbante disse che e'e’ voli e non trotti;
tanto che presto tornò a Caradoro
e referì come e'e’ vengon costoro;
 
<span style="font-size:80%">15</span> e che parea quel guerrier del lïone
un uom molto famoso in vista e forte;
e d'Ulivierd’Ulivier diceva e di Dodone:
- Non è baron, Caradoro, in tua corte
da metterlo con questi al paragone.
Line 144 ⟶ 139:
<span style="font-size:80%">16</span> Rinaldo da Corbante accommiatossi,
e molte offerte fece al re pagano
che sempre sare'sare’ suo, dovunque e'e’ fossi;
né anco il re Corbante fu villano
alla risposta; e così si son mossi
Line 157 ⟶ 152:
e la condusse quel bendato arcieri,
per veder quanto Ulivier può discosto,
a un balcone, e l'arcol’arco poi disserra,
tanto che questa si gittava a terra.
 
<span style="font-size:80%">18</span> E 'l’l padre suo, che la novella sente,
corse a vederla e giunse ch'erach’era morta:
alla sua vita non fu sì dolente;
e intese ben quel che 'l’l suo caso importa
e come Amore è quel che lo consente;
e se non fussi alcun che lo conforta,
Line 170 ⟶ 165:
 
<span style="font-size:80%">19</span> e dicea: - Lasso, quanto fui contento
quel dì che morta l'aspral’aspra fera vidi;
ed or tanto dolor nel mio cor sento!
E così vuogli, Amor, così mi guidi!
Ogni dolcezza volta m'haim’hai in tormento.
O mondo, tu non vuoi che in te mi fidi.
Lasciato m'haim’hai, o misera Fortuna,
afflitto vecchio e sanza speme alcuna. -
 
<span style="font-size:80%">20</span> Fece il sepulcro a modo de'de’ cristiani
e missevi la bella Forisena,
e lettere intagliò colle sue mani
come fu liberata d'ognid’ogni pena
da tre baron di paesi lontani;
e come a morte il suo distin la mena
pur finalmente, come piacque 'Amore’Amore,
nel dipartirsi il suo caro amadore.
 
<span style="font-size:80%">21</span> Non si può tòr quel che 'l’l Ciel pur distina,
e 'l’l mondo col suo dolce ha sempre amaro:
questa fanciulla così peregrina
il troppo amare alfin gli costa caro;
ed Ulivier pe'pe’ boschetti camina
e non sa quel che gli sare'sare’ discaro,
e chiama Forisena notte e giorno.
E in questo modo più dì cavalcorno.
 
<span style="font-size:80%">22</span> Un giorno in un crocicchio d'und’un burrone
hanno trovato un vecchio molto strano,
tutto smarrito, pien d'afflizïoned’afflizïone:
non parea bestia e non pareva umano.
Rinaldo gli venìa compassïone:
Line 205 ⟶ 200:
raccapricciossi, e dappresso il saluta.
 
<span style="font-size:80%">23</span> E'E’ gli rispose faccendo gran pianto,
per modo ch'ach’a Rinaldo ne 'ncrescea’ncrescea:
- Per la bontà dello Spirito santo,
abbi pietà della mia vita rea:
uscir di questo bosco non mi vanto
se non m'aiutim’aiuti - e del tristo facea.
- Lasciami un poco in sul cavallo andare,
per quello Iddio che ti può ristorare. -
 
<span style="font-size:80%">24</span> Rinaldo disse: - Molto volentieri,
ché tu mi par'par’, vecchierel, mezzo morto. -
E sùbito si getta del destrieri,
perché e'e’ vi monti e pigliassi conforto.
Intanto vien Dodone ed Ulivieri.
Rinaldo dice questo fatto scorto.
Disse Dodon: - Tu se'se’ molto cortese -,
e del caval per aiutarlo scese.
 
Line 226 ⟶ 221:
e Dodon piglia questo vecchio antico.
Baiardo allor mostrò gran maraviglia
e 'l’l vecchio schifa come suo nimico.
Rinaldo strette le redine piglia,
e Dodon pure aiuta come amico.
Baiardo allor più le redine scuote
ed or col capo or co'co’ calci percuote.
 
<span style="font-size:80%">26</span> Ma poi che pur si lasciò cavalcare,
quel vecchierel come e'e’ fussi una foglia
teneal a briglia e faceval tremare:
poi correr lo facea contra sua voglia.
Line 250 ⟶ 245:
che sempre più gli spariva dinanzi.
 
<span style="font-size:80%">28</span> E Vegliantin sudava per l'affannol’affanno
e va pel bosco che pare uno strale.
Disse Rinaldo: «Vedrai bello inganno,
ché questo vecchio par che metta l'alel’ale;
io fui pur matto, ed aròmene il danno»;
e chiama e grida, ma poco gli vale:
colui correva come un leopardo,
anzi più forte, s'eglis’egli avea Baiardo.
 
<span style="font-size:80%">29</span> Ma po'po’ ch'eglich’egli ebbe a suo modo beffato
Rinaldo, alfin se gli para davante,
e in su 'n’n un passo del bosco ha aspettato.
Vegliantin tanto mostrava le piante
che lo giugneva, e Rinaldo è infocato.
Line 268 ⟶ 263:
lo riconobbe alla favella presto;
 
<span style="font-size:80%">30</span> e disse: - Tu fai pur l'usanzal’usanza antica:
tu m'haim’hai fatto pensar di strane cose
e dato a Vegliantin molta fatica. -
Allor Malgigi in tal modo rispose:
- Tu non sai ancora, innanzi ch'ioch’io tel dica,
di questo testo, Rinaldo, le chiose. -
Dodone in questo e 'l’l marchese giugnevano
e Malagigi lor ricognoscevano.
 
<span style="font-size:80%">31</span> Gran festa fecion tutti a Malagigi
d'averlod’averlo in luogo trovato sì strano.
Disse Malgigi: - Io parti'parti’ da Parigi,
e feci l'artel’arte un giorno a Montalbano;
volli saper tutti i vostri vestigi:
vidi savate in paese lontano
Line 292 ⟶ 287:
che vi torrà e la fame e la sete;
vuolsene in bocca alle volte tenere. -
E dètte loro un'erbaun’erba e disse: - Questa
usate insino al fin della foresta. -
 
<span style="font-size:80%">33</span> Mangiaron tutti quanti volentieri
dell'erbadell’erba che Malgigi aveva detto,
e missonne poi in bocca anco a'a’ destrieri,
ch'erach’era ciascun dalla sete costretto.
Disse Malgigi: - Per questi sentieri
serbatene, vi dico, per rispetto;
e destrier sempre troverran dell'erbadell’erba,
ma questa per la sete si riserba.
 
<span style="font-size:80%">34</span> Non vi bisogna d'altrod’altro dubitare.
Con Manfredonio è il roman sanatore
Orlando, e presto il potrete trovare. -
E dette molte cose, un corridore
sùbito fece per arte formare,
tanto ch'ognunch’ognun gli veniva terrore:
ché mentre ragionare altro voliéno,
apparì quivi bianco un palafreno.
 
<span style="font-size:80%">35</span> Disse Malgigi: - Caro mio fratello,
tò'titò’ti Baiardo tuo, ch'ioch’io son fornito. -
Rinaldo guarda quel caval sì bello
e dicea: - Questo fatto come è ito? -
Line 334 ⟶ 329:
in uno oscuro bosco è capitato.
Sente in un punto fermarsi Baiardo;
vede il lïon che 'l’l pelo avea arricciato
e che faceva molto fero sguardo;
e Vegliantin parea tutto aombrato;
e 'l’l caval di Dodon volea fuggire
e raspa e soffia e comincia annitrire.
 
Line 345 ⟶ 340:
che le lor mente di paura ingombra:
ecco apparire un uom molto foresto
correndo, e 'l’l bosco attraversava e sgombra;
e fece a tutti una vecchia paura,
ché mai si vide più sozza figura.
 
<span style="font-size:80%">39</span> Egli avea il capo che parea d'und’un orso,
piloso e fiero, e'e’ denti come zanne,
da spiccar netto d'ognid’ogni pietra un morso;
la lingua tutta scagliosa e le canne;
un occhio avea nel petto a mezzo il torso,
ch'erach’era di fuoco e largo ben due spanne;
la barba tutta arricciata e'e’ capegli,
gli orecchi parean d'asinod’asino a vedegli;
 
<span style="font-size:80%">40</span> le braccia lunghe, setolute e strane,
e 'l’l petto e 'l’l corpo piloso era tutto;
avea gli unghion ne'ne’ piedi e nelle mane,
ché non portava i zoccol per l'asciuttol’asciutto,
ma ignudo e scalzo abbaia com'uncom’un cane:
mai non si vide un mostro così brutto;
e in man portava un gran baston di sorbo
Line 374 ⟶ 369:
e molta gente saettava al passo:
facea degli uomin micidial governo,
e chiamato era il mostro da l'infernol’inferno.
 
<span style="font-size:80%">42</span> Rinaldo, quando apparir lo vedia,
Line 383 ⟶ 378:
o Belzebù che ci sarà venuto. -
Guardava il petto e la terribil faccia
e 'l’l baston lungo più di dieci braccia.
 
<span style="font-size:80%">43</span> Questo animal venìa gridando forte,
e come l'orsol’orso adirato co'co’ cani,
ispezza i rami e'e’ pruni e le ritorte
con quel baston, co'co’ piedi e colle mani.
Disse Dodon: - Sare'Sare’ questa la Morte
che ci assalissi in questi boschi strani?
Se tu ragguardi, Rinaldo, i vestigi,
de'de’ compagnon mi par di Malagigi. -
 
<span style="font-size:80%">44</span> Disse Rinaldo: - Non temer, Dodone:
se fussi ben la Morte o 'l’l Trentamila,
lascial venire a me questo ghiottone,
ch'ach’a peggior tela ho stracciate le fila. -
Intanto quella bestia alza il bastone
e inverso di Rinaldo si difila.
Rinaldo punse Baiardo in su'su’ fianchi
acciò che 'l’l suo disegno a colui manchi.
 
<span style="font-size:80%">45</span> Dallato si scagliò come un cervietto:
Line 408 ⟶ 403:
corsegli addosso presto col cavallo,
dèttegli un urto e colselo nel petto,
per modo che sozzopra fe'fe’ cascallo;
e nel cader questo animale strano
forte abbaiava come un cane alano.
Line 417 ⟶ 412:
Disse Rinaldo: - Ignun non si sia mosso:
tìrati addrieto e statevi a vedere
ch'ioch’io non sono uso mai d'esserd’esser riscosso. -
In questo l'uoml’uom salvatico si rizza
col sorbo, pien di furore e di stizza;
 
<span style="font-size:80%">47</span> e scaricava un colpo in sulla testa
per modo tal che, se giugnea Rinaldo,
e'e’ gli bastava solamente questa,
e non sentia mai più freddo né caldo.
Rinaldo non aspetta la richiesta,
Line 430 ⟶ 425:
avendo sempre al protino riguardo.
 
<span style="font-size:80%">48</span> Pareva un lïoncin quand'egliquand’egli scherza,
che salta in qua e in là destro e leggieri;
alcuna volta menava la ferza,
poi risaltava che pare un levrieri.
Era già l'oral’ora passata di terza,
e pur Dodon dicea con Ulivieri:
- Io temo sol Rinaldo non si stracchi,
tanto ch'unch’un tratto quel baston l'ammacchil’ammacchi. -
 
<span style="font-size:80%">49</span> Colui non par che si curi un pistacchio
Line 463 ⟶ 458:
ma poi si ruppe il resto nel colpire;
chi dice che di netto il mandò al rezzo;
donde e'e’ s'ès’è fatta gran disputazione
come quel fatto andassi del bastone;
 
<span style="font-size:80%">52</span> ma questo a giudicar vuol buon gramatico
s'eglis’egli tagliò tutta o mezza la mazza.
Quel maladetto e ruvido e salvatico
ed aspro più che 'l’l sorbo che e'e’ diguazza
arrandellò quel tronco come pratico:
dètte a Rinaldo una percossa pazza,
Line 477 ⟶ 472:
<span style="font-size:80%">53</span> Trasse la spada, che par che riluca
più che non fece mai raggio di stella,
acciò che 'l’l cuoio con essa gli sdruca.
Questa fera bestial, crudele e fella
si fuggì come il tasso nella buca.
Ulivier si rimase in su la sella
e ritornossi dove era caduto
Rinaldo, che già s'eras’era rïavuto.
 
<span style="font-size:80%">54</span> Disse Rinaldo: - Vedes'Vedes’ tu mai tordo
ch'avessich’avessi, come ebb'ioebb’io, della ramata?
Costui pensò di guarirmi del sordo,
se fussi rïuscito la pensata. -
Disse Dodon: - Quand'ioQuand’io me ne ricordo,
io triemo ancor di quella randellata.
Che hai tu fatto di lui, Ulivieri?
Line 495 ⟶ 490:
<span style="font-size:80%">55</span> Disse Ulivieri: - Egli è nato di granchi:
egli entrò in una buca sotto un masso
mentre ch'ioch’io gli ero colla spada a'a’ fianchi,
o e'e’ si tornò in inferno a Satanasso. -
Intanto colui par ch'unch’un arco branchi
ed uno stral cavò d'und’un suo turcasso,
avvelenato, e fessi al bucolino
e trasse, e dètte in un piè a Vegliantino;
 
<span style="font-size:80%">56</span> e se non fussi che giunse al calcagno
quanto poté più basso, all'unghiaall’unghia morta,
non bisognava medico né bagno.
Disse Rinaldo: - In pace te la porta:
co'co’ pazzi sempre fu poco guadagno.
Il mio lïon non ci fa buona scorta. -
Poi, non veggendo ond'egliond’egli avessi tratto,
ognun restava come stupefatto.
 
Line 515 ⟶ 510:
Veggiam se questa bestia da catena
si potessi alla trappola pigliare;
ch'ioch’io so ch'ioch’io gli darò le frutte a cena,
s'ios’io lo dovessi col fuoco sbucare. -
Salì sopra Baiardo, e insieme andorno;
e come al monimento funno intorno,
 
<span style="font-size:80%">58</span> colui ch'èch’è dentro assetta lo scoppietto
e stava al bucolin quivi alla posta:
trasse uno strale a Rinaldo nel petto
Line 526 ⟶ 521:
ma la corazza a ogni cosa ha retto.
Rinaldo allor dalla buca si scosta
e disse: - Costì ancor non se'se’ sicuro
se 'l’l sasso più che porfir fussi duro:
 
<span style="font-size:80%">59</span> poi che tu m'haim’hai saettato, ribaldo,
e randellato, che mai più non fue
gittato in terra in tal modo Rinaldo,
Line 535 ⟶ 530:
E così tutto di tempesta caldo
con ambo man Frusberta alzava sùe:
rizzossi in sulle staffe, e 'l’l brando striscia,
che lo facea fischiar come una biscia,
 
<span style="font-size:80%">60</span> tanto che l'arial’aria e la terra rimbomba
e si sentiva un suon fioco e interrotto
come quando esce il sasso della fromba:
are'are’ quel colpo ogni adamante rotto;
giunse in sul masso sopra della tomba
e féssel tutto come un cacio cotto;
partì il cervello e 'l’l capo e 'nsino’nsino al piede
al crudel mostro; e sciocco è chi nol crede.
 
<span style="font-size:80%">61</span> Le schegge di quel sasso a mille a mille
balzorno in qua ed in là, come è usanza,
e tutta l'arial’aria s'empiés’empié di faville.
Disse Dodone: - O Dio, tanta possanza
non ebbe Ettorre o quel famoso Achille
quanto ha costui, ch'ognich’ogni lor forza avanza. -
La spada un braccio sotterra ficcossi,
e Baiardo pel colpo inginocchiossi.
Line 562 ⟶ 557:
Chi si diletta di truffe e di giarre
così convien che finalmente vada:
de'de’ tuoi peccati penitenzia hai fatta.
Così fo sempre a ogni bestia matta. -
 
Line 569 ⟶ 564:
dal capo insin giù per le gambe al piede,
e stupì tutto per ammirazione
dicendo: - Iddio, de'de’ tuoi servi hai merzede!
Questo stato non è sanza cagione:
a qualche fine tal segno hai dimostro,
Line 583 ⟶ 578:
e puossi ancor veder sopra la strada.
 
<span style="font-size:80%">65</span> E chiamasi la selva da l'infernol’inferno:
chi vuole andare al monte Sinaì
vi passa, quando e'e’ va che sia di verno,
per non passare il fiume Balaì;
e leggesi quel diavol dello inferno,
come Rinaldo quivi lo partì;
e vedesi ancor l'ossal’ossa drento al fesso
e sèntivisi urlar la notte spesso.
 
<span style="font-size:80%">66</span> Poi si partirno; e il lïon, come e'e’ suole,
sempre la strada mostrava a costoro.
Era di notte: Rinaldo non vuole
che per le selve si facci dimoro,
tal ch'Ulivierich’Ulivieri e Dodon se ne duole,
ché cavalcare a stracca è lor martoro.
Tutta la notte con sospetto andorno,
insin che in orïente vidon giorno.
 
<span style="font-size:80%">67</span> Come e'e’ fu fuor dell'occeànodell’occeàno Apollo,
si ritrovoron sopra a un poggetto;
questo passorno, e poi più là un collo
d'und’un altro monte ch'erach’era al dirimpetto;
e poi ch'ach’a questo dato ebbono il crollo,
vidono un pian con un certo fiumetto,
trabacche e padiglioni e loggiamenti
Line 615 ⟶ 610:
E la fanciulla al suo parer villana
al re Corbante avea significato
ch'assediatach’assediata è della gente pagana,
e come Manfredon si sforza e ingegna
tòrgli d'onord’onor la sua famosa insegna;
 
<span style="font-size:80%">69</span> ed aspettava il guerrier del lïone
Line 625 ⟶ 620:
pregando umilemente il lor Macone
che sua virginità debba servare;
com'iocom’io seguiterò nell'altronell’altro canto
colla virtù dello Spirito santo.
</poem>
 
{{capitolo
|CapitoloPrecedente=Cantare quarto
|NomePaginaCapitoloPrecedente=../Cantare quarto
|CapitoloSuccessivo=Cantare sesto
|NomePaginaCapitoloSuccessivo=../Cantare sesto
}}
{{Conteggio pagine|[[Speciale:Statistiche]]}}