Morgante/Cantare decimoterzo: differenze tra le versioni
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
m Conversione intestazione / correzione capitolo by Alebot |
Correzione pagina via bot |
||
Riga 1:
{{Qualità|avz=75%|data=22 settembre 2009|arg=Poemi epici}}{{IncludiIntestazione|sottotitolo=Cantare decimoterzo|prec=../Cantare decimosecondo|succ=../Cantare decimoquarto}}
<poem>
<span style="font-size:80%">1</span> Virgine sacra,
madre di Quel per cui si canta osanna,
Virgine pura, Virgine serena,
dammi la tua cotidïana manna;
colla tua mano insino al fin mi mena
di questa storia, ché
e la vita e la morte e
sì
<span style="font-size:80%">2</span> La damigella con dolce parole,
Line 21 ⟶ 16:
e punir sempre i frodolenti e pravi:
però di questo caso non mi duole.
E
e governargli e serrare ed aprire,
acciò che non ci possa ignun tradire. -
<span style="font-size:80%">3</span> Di questo
che quello uficio pigliassi la dama,
e le chiavi a costei raccomandòe.
Or questo è quel che la donzella brama:
sùbito al conte Orlando se
alla prigione, ed umilmente il chiama,
dicendo: - Cavalier, di te mi pesa,
Line 37 ⟶ 32:
e disse: - Dimmi: sai tu la cagione
perché il tuo padre in tal modo mi strazia
e messo
Di questo
E
non mi lasciar almen la vita tòrre. -
<span style="font-size:80%">5</span> Rispose Chiarïella al paladino:
- La cagion che
è che
come tu sia cristian par
benché tu mostri
e perché del gigante tiensi offeso,
ha fatto pace col Soldano e saldo
Line 55 ⟶ 50:
secondo nostre legge morir debbe;
tu uccidesti adunque quel gigante:
la vita al nostro modo te
Ma
tolsi le chiavi, ché di te
e di morir non dubitare omai,
ché tu
<span style="font-size:80%">7</span> Io ho tanto sentito ricordare
quel cavalier
che sue virtù
e per suo amor non sarai abandonato.
Del nome tuo, di me ti puoi fidare:
dimmel, baron,
Orlando rispondea: - Gentil madama,
io son colui
<span style="font-size:80%">8</span> Guarda dove condotto
Io mi
volli, se non qui il mio scuediero, appresso;
ho cavalcato al sole ed alla luna:
ora il tuo padre a forza
Ma se pensato avessi il tradimento,
per lo mio Iddio non mi mettea qui drento.
<span style="font-size:80%">9</span> A te mi raccomando, poi
dove tu vedi; e
sia governato; e poi sempre ti dono
E
se tu potessi questo mio scudiere
in qualche modo di qui liberarlo,
Line 89 ⟶ 84:
<span style="font-size:80%">10</span> Non poté sofferir che più parlassi
la damigella, udendo
parve che
per gran dolcezza, e disse lacrimando:
- Io credo che Macon qua ti mandassi
Line 97 ⟶ 92:
Ma in altro modo qui vorrei tenerti.
<span style="font-size:80%">11</span>
con le mie proprie man, tu non morrai:
Amor comanda, ed io voglio ubbidire,
che tu sia salvo, e salvo te
quando fia tempo, ti saprò aprire.
E
e lo scudier fia franco a ogni modo,
e che tu il mandi in Francia affermo e lodo. -
<span style="font-size:80%">12</span> Poi
lasciava Orlando e vanne al padre tosto,
e dice: - Quel sergente, poveretto,
si morrà certo, ché mi par disposto
di non voler mangiar: come folletto
gittato ha via ciò
e colpa inver non ci ha da gnuna banda,
<span style="font-size:80%">13</span> Rispose
se si morisse,
di questo non aremo altro che rogna. -
Disse la dama: - Per la fede mia,
e non risponde, anco sta stupefatto. -
Line 130 ⟶ 125:
e che tu meni Vegliantin commendo,
e dica il caso come io son tradito
e quel che stato ne sia la cagione.
Line 142 ⟶ 137:
che giunse ove non era Carlo Mano:
<span style="font-size:80%">16</span> perché
ma col suo Ganellone era a Pontieri;
sentì come Rinaldo è fatto Carlo;
a lui
Rinaldo, come
sùbito pien fu di tristi pensieri,
perché
che in modo alcuno non potea dir niente.
Line 155 ⟶ 150:
Allor Terigi quanto può, meschino,
a gran fatica in tal modo favella:
-
una sua figlia nobile e gradita,
quale ha promesso campargli la vita.
Line 163 ⟶ 158:
onde il Soldano aveva un negromante,
e che cristian quel fusse intese saldo
che
la pace
che fussi preso il buon signor
La notte tutti a due fumo legati
e in un fondo di torre incarcerati.
<span style="font-size:80%">19</span> Orlando
a te, Rinaldo, ovver santa Corona,
al suo cognato,
prima che così perda la persona.
Vedi che di sudor tutto mi bagno:
volato son non come fa chi sprona,
tanto
Or tu
<span style="font-size:80%">20</span> Alla sua vita tanto afflitto e gramo
non fu Rinaldo quanto a questa volta,
e disse sospirando: -
Quel savio vecchio disse: - Noi intendiamo,
Or ti dirò
<span style="font-size:80%">21</span>
ed Ulivieri, alfin sarebbe vano,
perché qui è la forza e
Direi che si mandassi a Carlo Mano
e che ritorni,
per la salute del popol cristiano;
e ciò che tu vorrai, contento fia;
e voi
<span style="font-size:80%">22</span> Astolfo sia gonfaloniere eletto,
ché so che Carlo fia contento a quello,
per quel
Gan sia sbandito
Rinaldo, appena aveva Namo detto,
che disse: - Così posto sia il suggello. -
Così
e scrisse un brieve a Carlo in questo modo:
<span style="font-size:80%">23</span> «Perché
e
che mille volte o più
sanza trovar
e per suo amor di corte
Astolfo e Ricciardetto a mille torti
volesti uccider
<span style="font-size:80%">24</span> Degno saresti
ma perché mio signor fusti già tanto,
io ti perdono, io fo con teco pace,
e
ti rendo e la corona, se ti piace,
la sedia tua,
sanza più ricercar del tempo addietro.
<span style="font-size:80%">25</span> Sappi
vieni a Parigi tuo liberamente;
ed Ulivieri ed io di compagnia
soccorrer lo vogliàn subitamente.
Astolfo tuo gonfalonier qui fia.
Quel traditor non
Gallerana reina è riservata,
come fu sempre, e da tutti onorata».
Line 234 ⟶ 229:
<span style="font-size:80%">26</span> La lettera suggella e manda il messo;
sùbito a Carlo Man si rappresenta.
Carlo fu lieto e in ordine
Gan nel suo petto par che assai duol senta.
Tornò a Parigi, e
tutta la corte, assai di ciò contenta,
e tutti
e gran lamento si facea
<span style="font-size:80%">27</span> Quivi piangeva il marchese Ulivieri,
né riveder credea più il suo cognato;
piangeva Astolfo e
e Salamon pareva smemorato;
piangeva Baldovino e Berlinghieri;
Line 252 ⟶ 247:
<span style="font-size:80%">28</span> Poi misse al suo cavallo il fornimento;
ed Ulivier con lui volle partire;
Terigi
e Ricciardetto disse: - Io
Rinaldo, poi
Ognun pur si voleva profferire,
ma
Così si dipartîr da Carlo Magno;
Line 266 ⟶ 261:
come fur presso a lui, lo salutorno.
Disse Marsilio al prenze: - Il tuo cavallo
troppo mi piace,
<span style="font-size:80%">30</span> Questo mattino mi venne in visione
Se me lo doni, per lo iddio Macone,
tu mi trarrai fuor
cioè di non aver meco quistione:
però
ché pur,
combatterollo, e tu
<span style="font-size:80%">31</span> Disse Rinaldo: -
che si fossi il destrier di chi il sognava:
chi possedeva quella cosa tale,
Line 283 ⟶ 278:
onde un borgese, non ti dico quale,
un paio di buoi dormendo imaginava
e volevagli pur sanza danari,
<span style="font-size:80%">32</span> anzi voleva pagarlo di sogni.
Colui dicea: «Del mio gli comperai,
e così credo
se non
Mentre che par che in tal modo rampogni,
si ragunò dintorno gente assai;
e non sapendo solver la quistione,
<span style="font-size:80%">33</span> E Salamone,
con questi due se
e fevvi i buoi passar subitamente;
e poi si volse con allegra fronte,
a quel che gli sognò disse: «Pon mente:
vedi tutte le lor fattezze pronte
laggiù
di
<span style="font-size:80%">34</span> Disse colui: «
«Tu che sognasti,
colui che gli pagò,
non bisogna sognargli, ché son suoi.
Così sta la bilancia di paraggio».
Così
che
<span style="font-size:80%">35</span> Se volessi altro dir, del campo piglia;
questo destrier si sia di chi il guadagna. -
Il re Marsilio si
disse: «Questo è da bosco e da campagna;
non ho nessun qui tra la mia famiglia
quanto ha costui; e mostra esser uom forte»;
poi gli rispose: - Oltre, io ti sfido a morte. -
Line 324 ⟶ 319:
<span style="font-size:80%">36</span> Rinaldo non istette a parlar troppo:
le redine girò del palafreno;
poi ritornava per dargli
facea tremare il ciel non che il terreno,
perché Baiardo non pareva zoppo.
Line 338 ⟶ 333:
a mezzo il petto di Rinaldo pone;
e benché il colpo fussi ostico e crudo,
ruppesi in pezzi
<span style="font-size:80%">38</span> Rinaldo alla visiera pose a quello,
e fece fuor balzar tante faville
che mai non ne
e sanza fare al testo altre postille,
Marsilio rovinò giù
e fu pur sogno il suo, non visïone;
<span style="font-size:80%">39</span> e disse: - Dimmi, per la tua leanza,
chi tu
ché mai più vidi a uom tanta possanza. -
Disse Rinaldo: - Per la testa mia,
io tel dirò,
non guarderò
Sarà quel
sappi che
<span style="font-size:80%">40</span> Ed alzò la visiera dello elmetto
Line 364 ⟶ 359:
Dicea Rinaldo: - E questo è Ricciardetto;
andiàn cercando la nostra ventura;
questo è Terigi,
e questo è il nostro famoso Ulivieri.-
Line 372 ⟶ 367:
non vi conobbi, in modo siete armati.
Ben posson sicuri ir questi campioni;
che rimarranno a questa rete, stimo.
Dimmi
<span style="font-size:80%">42</span> Disse Rinaldo: - Il primo, per mia fé,
Line 380 ⟶ 375:
e stato è buon principio un tanto re;
ma qualcun altro ancor sarà il secondo.
Or se tu vuoi il caval
perché tanto il tuo nome suona al mondo,
io tel darò, magnanima Corona. -
E poi soggiunse: - E
<span style="font-size:80%">43</span> Marsilio era uom generoso e discreto;
molto gentil rispose, come saggio:
- Io non son ragazzin
però che
e
poi che mel dài; ma non sognai cadere.
<span style="font-size:80%">44</span> E
che meco venga a starti a Siragozza
benché a te nostra terra parrà sozza,
né creder
dove ogni gentilezza si raccozza;
pur qualche giorno ti darò diletto
<span style="font-size:80%">45</span> Rinaldo disse: - Tanta cortesia
per nessun modo, re, confonder voglio.
Ma
di questo quanto posso or me ne doglio
e dicone mia colpa o mia pazzia,
Line 415 ⟶ 410:
usanza è dimostrar la sua prodezza,
e sempre non si può di pari offendere.
io ne volevo in ogni modo scendere. -
Rinaldo rise di tal gentilezza,
Line 422 ⟶ 417:
<span style="font-size:80%">47</span> Rimontò a caval Marsilio allora.
Così Rinaldo, perché
come colui
Marsilio per la man poi
ed Ulivier volea pigliare ancora,
ma Ulivier
e poi che i convenevoli fatti hanno,
inverso Siragozza se ne vanno.
Line 434 ⟶ 429:
Rinaldo per le scale e per le sale.
La sua figliuola, detta Lucïana,
fecesi incontra benigna ed umana,
e salutò Marsilio
con atti onesti e grazïosi e magni.
Line 442 ⟶ 437:
che si sentì da uno stral nel core
esser ferito, e con seco dicea:
«Ben
a Siragozza a veder questa iddea
che più che
e rispondeva al suo gentil saluto
quel che gli parve che fussi dovuto.
Line 452 ⟶ 447:
di qua, di là con suoi nuovi argomenti;
e la fanciulla serviva di coppa
Rinaldo sempre,
alcuna volta con esso rintoppa:
or questo è quel che come zolfo o esca
Line 462 ⟶ 457:
e dice come un gran caso intervenne:
che morti ha cinquecento e più persone
un gran caval
e pareva un demòn là in un deserto.
Line 470 ⟶ 465:
fumo assaliti da questo destrieri:
non si potea fuggir per la campagna;
missesi in mezzo
Non fu mai lupo arrabbiato né cagna
che così morda e divori ed attosche;
Line 478 ⟶ 473:
ed accostarsi a un pagano appetto,
e poi menar delle zampe dinanzi:
che pensi tu
da far cadergli di capo due schianzi?
e balzò il capo più di dieci braccia.
Pensa
<span style="font-size:80%">54</span> Se dà in quel muro una coppia di calci,
Io feci presto mazzo
ché lo star quivi mi parve disagio,
però che contro a lui poco arme valci,
tanto superbo par, bravo e malvagio:
sanza pietà mi pareva Brïusse.
Io mi
<span style="font-size:80%">55</span> Né credo che vi sia campato un solo;
e
afflitto, poveretto, con gran duolo. -
Quando Marsilio queste cose udìo,
Line 502 ⟶ 497:
che così sien distrutte le tue genti?
<span style="font-size:80%">56</span> Questi eran pur, Macon,
che così morti son come tu vuoi.
Ma se tu
che tutti saren morti come cani?
Arai fatti morir gli amici tuoi;
Line 515 ⟶ 510:
verso Marsilio in tal modo favella:
- Manda con meco delle tue brigate
un che
Non ti doler delle cose passate:
Vedrai
<span style="font-size:80%">58</span> Tra pazzi e pazzo e bestie e bestia fia,
Line 525 ⟶ 520:
Il re Marsilio consentì allora,
quantunque far gli parea villania,
ché di Rinaldo suo già
e dèttegli alla fine un suo valletto;
ed Ulivier volle ire e Ricciardetto.
Line 532 ⟶ 527:
Rinaldo disse: - Io non voglio altro meco -;
se non che ancor Terigi volle andare,
ché sa
Vedevasi Rinaldo sfavillare,
come volea colui
Dicea Marsilio: - Io priego il nostro Iddio
che
<span style="font-size:80%">60</span> Rinaldo se ne va verso il diserto,
e
che sia il caval, benché nol sappi certo.
Rinaldo allor di Baiardo scendea.
Line 547 ⟶ 542:
sopra un gran cerro terminò aspettallo,
<span style="font-size:80%">61</span> ed anco
Disse Ulivier: - Per Dio, tu mi par pratico:
a questo modo ogni animal
Disse il pagano: - Egli è pazzo e lunatico,
e so quel che sa far colla zampetta.
Questo è colpo di savio e di gramatico:
saprò
al mio signor: però son qui salito. -
<span style="font-size:80%">62</span> Ricciardetto, veggendo il saracino
che come il ghiro
diceva: - Esser vorrebbe un orsacchino
che insin costì
Disse il pagan: -
il giuoco netto piace in ogni lato.
Io temo il danno e
della vergogna, io mi vi sono avvezzo. -
<span style="font-size:80%">63</span> Come Baiardo il caval bravo vede,
non
a guisa di battaglia lo richiede;
corsegli addosso e tempestava e morde;
e
parean le voglie lor del pari ingorde;
chi annitrisce, chi soffia e chi sbuffa;
Line 575 ⟶ 570:
<span style="font-size:80%">64</span> Rinaldo un poco si stette a vedere;
ma poi, veggendo che
e che
e colle zampe Baiardo suo guasta,
dispose fare un colpo a suo piacere;
e mentre che Baiardo pur contasta,
dètte a
col guanto, tal che non ne vuol parecchi;
<span style="font-size:80%">65</span> e cadde come
Baiardo si scostò,
Gran pezzo stette il cavallo stordito;
poi si riebbe, e tutto
Rinaldo verso lui presto fu gito,
prese la bocca alla mascella dura,
missegli un morso
e quel cavallo umìle è diventato.
<span style="font-size:80%">66</span> Maravigliossi Terigi e
Rinaldo sopra Baiardo montava,
né per la briglia il caval bravo prese,
ché come un pecorin drieto gli andava.
E
tenendo sempre in cagnesco le ciglia,
e di Rinaldo avea gran maraviglia.
Line 603 ⟶ 598:
<span style="font-size:80%">67</span> Per Siragozza fuggiva la gente
come Rinaldo fu drento alla porta;
ma quel caval se
Fu la novella a Marsilio rappôrta:
venne a vedere; e la dama piacente
di questo palafren già si conforta,
e domandò con parole leggiadre
che gliel donassin Rinaldo e
<span style="font-size:80%">68</span> Rinaldo, che gli avea donato il core,
Line 617 ⟶ 612:
come si mugne una vil pecorella;
poi vi montava, e preso in man la briglia,
gli
<span style="font-size:80%">69</span> Un giorno ancora insieme dimoraro,
poi da Marsilïon
Marsilio consentirgli fu costretto,
quando sentì
e ciò
La damigella sospirò alquanto
dinanzi al padre; ma poi
<span style="font-size:80%">70</span> ed ogni giorno con seco piangea,
Ventimila baron gli profferea
dovunque egli volessi, a sua difesa;
e ringraziata Rinaldo
e nel partir molto il suo cor palesa:
- Quando fia tempo, - disse - per lor mando:
Line 639 ⟶ 634:
<span style="font-size:80%">71</span> Passoron tutta la Spagna costoro,
ed arrivorno un giorno in un gran bosco;
gente trovorno
Dicea Rinaldo: - Nessun ci conosco. -
A sé chiamava un vecchio barbassoro
e disse: - In cortesia,
che voi parete pieni
<span style="font-size:80%">72</span> Rispose il barbassoro: - Tu il saprai
perché si fanno qui questi lamenti.
Noi siàn
tosto, che miglia non ci è lungi venti:
Arma si chiama, come intenderai;
Line 667 ⟶ 662:
partissi e seguitò la sua giornata,
e lascia il barbassor che si dispera
con
Alla città
verso la porta la briglia ha girata,
e disse: - Andiamo a veder questo fatto:
forse che far si potrebbe un bel tratto. -
<span style="font-size:80%">75</span> Giunti alla terra, a un oste
che tutto pien si mostrava
della cagion del fatto domandorno:
costui contò del lor signor lo
tanto che tutti si maravigliorno
come sofferto sia questo tiranno.
Venne la cena, e furono onorati,
<span style="font-size:80%">76</span> Parve a Rinaldo
e
il re Vergante ha tolta a forza e tiene;
e diceva: - Oste,
e cominciava
</poem>
{{Conteggio pagine|[[Speciale:Statistiche]]}}
|